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Nel 2025 emerge un nuovo trend: quello della nostalgia per ciò che non si è mai vissuto. Epoche, esperienze e atmosfere lontane sono più affascinanti che mai, ma perché?
Alimentata da influencer, dall’intelligenza artificiale e da un crescente senso di incertezza verso il futuro, questa forma di nostalgia si manifesta tra le nuove generazioni, che rievocano il passato senza averlo mai conosciuto. Anche il nuovo singolo della popstar internazionale Lady Gaga, Abracadabra, è l’esempio perfetto di questa dinamica: un richiamo estetico e sensoriale a un passato indistinto, ma capace di suscitare un sorprendente senso di familiarità. È solo una moda passeggera o un cambiamento culturale destinato a rimanere?
La nostalgia è sempre stata legata ai ricordi personali, a esperienze vissute direttamente o tramandate dai racconti familiari. Tuttavia, nel 2025 sta emergendo un fenomeno nuovo e affascinante: la nostalgia per qualcosa che non si è mai sperimentato. Questa tendenza rappresenta il desiderio di appartenere a epoche, culture o esperienze che non fanno parte della nostra storia personale, ma che percepiamo inspiegabilmente come familiari.
Un esempio recente di questa dinamica è il nuovo singolo di Lady Gaga, Abracadabra, il cui videoclip gioca con estetiche del passato, richiamando i primi anni della carriera della cantante e un immaginario pop che mescola sia elementi retrò che futuristici (del singolo, ne parla anche A. Vipiana su L’Officiel Italia – “Abracadabra”, Lady Gaga presenta a sorpresa il nuovo singolo ai Grammys – 3 febbraio 2025).
Un fotogramma di “Abracadabra” di Lady Gaga | © 2025 Interscope Records
Il titolo stesso “Abracadabra” evoca l’idea di far apparire qualcosa dal nulla, proprio come accade con questa nuova forma di nostalgia: proviamo emozioni autentiche per un passato che non siamo del tutto sicuri di aver vissuto, ma che la cultura e la tecnologia riescono a evocare perfettamente.
Ma cosa rende questa nostalgia così potente? E, soprattutto, perché sentiamo il bisogno di connetterci a epoche che non ci riguardano?
Negli ultimi anni, l’accesso immediato agli archivi digitali, in effetti, ha trasformato il nostro rapporto con il passato.
Foto, video, canzoni e mode di epoche lontane… sono oggi costantemente disponibili, pronte per essere reinterpretate e vissute come attuali. I social media hanno amplificato questo fenomeno attraverso trend come il vintagecore, il cottagecore e lo Y2K-core, che non si limitano a celebrare il passato, ma lo reinventano per il presente.
Il Vintage Core richiama l’estetica delle decadi passate, dagli anni ’60 ai ’90, attraverso abiti retrò, filtri fotografici che imitano le vecchie polaroid e oggetti che evocano proprio la nostalgia.
Il Cottage Core idealizza una vita rurale semplice, improntata alla natura, all’artigianato e alle tradizioni, offrendo una fuga dal ritmo accelerato della modernità.
Il Y2K core ripropone l’estetica di fine anni ’90 e inizio 2000, caratterizzata da tessuti metallici, colori vivaci, accessori tecnologici e un immaginario futuristico che oggi appare intriso di nostalgia, perché non sembra più tanto roseo.
Questi trend, amplificati dai social media e sostenuti dalla tecnologia, contribuiscono a trasformare il “passato virtuale” in un’esperienza condivisa, non più legata esclusivamente ai ricordi personali, né ai libri di storia, bensì costruito attraverso un nuovo – e confusionario – immaginario collettivo.
Lo stesso desiderio di rivivere e riscrivere nell’ultimo decennio è emerso in molte produzioni televisive di successo globale. Game of Thrones (HBO, 2011-2019) ha trasportato milioni di spettatori in un Medioevo fantastico, evocando l’estetica e le dinamiche di un’epoca storica reinterpretata in chiave fantasy (vedi anche: Game of thrones: 20 fatti storici che hanno ispirato la serie su Vanity Fair).
In un contesto diverso, For All Mankind (Apple TV+, dal 2019) ha riscritto la storia della corsa allo spazio, immaginando una realtà alternativa in cui l’Unione Sovietica ha battuto gli Stati Uniti nello sbarco sulla Luna, modificando gli eventi della nostra storia più recente (vedi anche: Lo sbarco sulla Luna: la storia viene riscritta con For All Mankind – il Giornale).
Infine, Stranger Things (Netflix, dal 2016) ha riportato in auge l’atmosfera degli anni ’80, tra musica, moda e cultura pop, offrendo una narrazione che mescola fantascienza e nostalgia, conquistando sia chi ha vissuto quell’epoca sia chi l’ha conosciuta solo attraverso lo schermo (vedi: Stranger Things, 10 riferimenti alla cultura degli anni Ottanta nella terza stagione | Wired Italia).
Queste serie dimostrano come la narrativa televisiva, proprio come i trend digitali, attinga al passato per creare nuove esperienze culturali. Ma cosa spinge le persone a scegliere questa nuova nostalgia artificiale?
Viviamo in un’epoca segnata da tensioni globali, conflitti e incertezze economiche, dove il futuro appare minaccioso e imprevedibile. È naturale, quindi, cercare rifugio in un passato che, nonostante le sue imperfezioni, percepiamo come più accogliente e rassicurante. Questo fenomeno richiama il Romanticismo ottocentesco, quando artisti e pensatori, smarriti di fronte al progresso industriale, idealizzavano un passato mitico per sfuggire alle ansie del presente.
Viandante sul mare di nebbia (1818) di C.D. Friedrich
Oggi, la tecnologia e l’intelligenza artificiale amplificano questa tendenza, rendendo il passato più accessibile che mai, ma anche manipolabile. Come ho evidenziato nel mio post su LinkedIn, perfino OpenAI, con del 18 febbraio 2025, lo spot The Intelligence Age trasmesso al Super Bowl 2025, ha tentato di evocare la continuità tra l’ingegno umano e l’innovazione tecnologica. Lo spot, che ripercorreva l’evoluzione della civiltà – dal fuoco alla ruota, fino a ChatGPT – mirava a rassicurare il pubblico sul ruolo dell’IA come amplificatore della creatività umana (vedi anche OpenAI compares ChatGPT to humankind’s greatest inventions in its first-ever Super Bowl ad).
ChatGPT The Intelligence Age – Spot per il Super Bowl 2025
Tuttavia, in molti hanno sottolineato come, nonostante l’intento, lo spot non abbia suscitato l’impatto emotivo sperato, dimostrando quanto sia difficile creare un legame autentico con il pubblico in un’epoca segnata dalla paura del futuro.
In un altro mio post dell’8 dicembre 2024, ho citato il professor Stefano Zecchi, che su Il Giornale ha analizzato come la tecnologia influenzi l’arte. Zecchi paragona l’impatto che la fotografia ha avuto sull’arte, generando l’Impressionismo, interrogandosi su quale effetto avrà l’IA e invitando a superare i pregiudizi umanistici per esplorare le nuove forme di ispirazione offerte dalla tecnologia.
Il paradosso però è evidente: il primo effetto di questa tecnologia all’avanguardia è proprio un profondo senso di romantica nostalgia.
Forse questa nostalgia artificiale non è solo una fuga, ma un tentativo di trovare un equilibrio e maggiore stabilità in un mondo in continuo cambiamento. Resta da chiedersi: si tratta di una tendenza passeggera o di un segno permanente del nostro tempo?
C’è un dato di fatto: ciò che un tempo era una memoria collettiva digitale, un insieme frammentato di dati e ricordi condivisi, è stato riversato nei social media e nell’intelligenza artificiale. Questo passaggio ha cambiato profondamente le cose. Non si tratta più solo di un trend ciclico o di una moda nostalgica, ma di qualcosa di più complesso: non siamo più noi a custodire e utilizzare quella memoria, è l’intelligenza artificiale a farlo.
È vero, questa memoria digitale viene modellata dai nostri prompt, dalle nostre scelte e interazioni. Ma il processo si è invertito: mentre crediamo di controllare ciò che l’IA produce, in realtà sono gli algoritmi a ridefinire il nostro rapporto con il passato e con l’immaginario collettivo.
L’IA generativa ha vissuto un momento di grande entusiasmo: ha dato a chi non sapeva disegnare l’illusione di creare immagini straordinarie, a chi non sapeva scrivere la possibilità di comporre testi complessi. Ma ora che tutti possono fare tutto, l’effetto “Abracadabra” si è affievolito, pur rimanendo innegabilmente presente.
L’uomo continua a cercare la magia, ma scopre che la vera magia non risiede nella tecnologia. Abbiamo bisogno di emozioni autentiche e, per quanto l’IA possa offrire infinite possibilità, ci accorgiamo che l’emozione che cerchiamo è altrove. In un mondo dove i dati si sovrappongono e si mescolano continuamente, rischiamo di perderci in una confusione permanente, in cui le epoche si fondono e le identità si dissolvono.
Forse, il vero incantesimo non sta nel ricreare o manipolare il passato, ma nel bisogno, profondamente umano, di riscoprire la verità emotiva. E, sebbene l’intelligenza artificiale fatichi ancora a offrircela davvero, o quantomeno, a farlo senza il nostro contributo, ha ancora bisogno delle nostre scelte creative, della nostra personalità e, in definitiva, dell’insostituibile apporto dell’uomo.
Avvocato Arlo Canella