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L’abuso di whistleblowing: quando il lavoratore rischia il posto

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Debora Teruggia
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Il whistleblowing è uno strumento fondamentale per contrastare illeciti e abusi sul lavoro, ma cosa accade quando viene usato in modo improprio? La giurisprudenza più recente ha chiarito che il dipendente virtuoso è sempre tutelato, ma chi abusa della segnalazione per fini personali o per colpire colleghi e superiori rischia sanzioni disciplinari, fino al licenziamento. In questo articolo analizziamo le sentenze chiave della Cassazione, i limiti della protezione prevista dall’art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001 e le regole per un utilizzo corretto del whistleblowing nelle aziende pubbliche e private. Scopri come evitare errori e proteggere i tuoi diritti.

Dipendenti “virtuosi” vs. segnalazioni strumentali

Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha chiarito il perimetro della tutela del whistleblowing, definendone sia i criteri di applicazione sia i limiti operativi. Abbiamo già affrontato questa tematica nel nostro articolo “Come si tutela chi segnala illeciti corruzione o abusi sul lavoro: la disciplina sul whistleblowing”, che offre una panoramica completa sulla normativa.

Sebbene i casi analizzati riguardino il pubblico impiego e siano stati valutati sulla base della normativa precedente, i principi espressi nelle sentenze riportate di seguito restano pienamente validi anche alla luce delle disposizioni attuali, offrendo un utile riferimento interpretativo.

Ad esempio, la sentenza n. 1880/2025 ha ribadito un principio essenziale: il “dipendente virtuoso” non può essere sanzionato, licenziato o discriminato per aver segnalato un illecito, anche se privo di rilevanza penale.
Si legge, infatti “L’istituto risponde ad una duplice ratio, consistente da un lato nel delineare un particolare status giuslavoristico in favore del soggetto che segnala illeciti e, dall’altro, nel favorire l’emersione, all’interno delle organizzazioni, di fatti illeciti, promuovendo forma più incisive di contrasto alla corruzione. Il dipendente virtuoso non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro, per motivi collegati alla segnalazione effettuata, che deve avere ad oggetto una condotta illecita, non necessariamente penalmente rilevante. L’istituto del c.d. whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori”.

Il caso riguardava un dipendente pubblico, che aveva impugnato una sanzione disciplinare di sospensione ricevuta dopo aver presentato due esposti alla Procura della Repubblica. Dalle verifiche è emerso che le accuse erano infondate e finalizzate esclusivamente a danneggiare la reputazione di un superiore.
La tutela del “segnalante”, quindi, non è assoluta: se la segnalazione è strumentale, ossia motivata da un interesse personale o da un conflitto con i superiori, l’art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001 non si applica.

Casi reali, abuso di segnalazione e licenziamento

L’orientamento sopra esposto è confermato dalla precedente sentenza n. 17715/2024 in un caso analogo: una dipendente aveva denunciato irregolarità nella gestione dei fondi pubblici, ma senza seguire le procedure previste per la segnalazione. Di fatto, la sua denuncia si è rivelata un atto diffamatorio nei confronti di un collega, escludendo così l’applicazione delle tutele del whistleblowing.

Di conseguenza, la Cassazione ha chiarito che:

  • Una segnalazione non conforme alle procedure stabilite non gode automaticamente delle tutele previste dall’art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001.
  • L’uso improprio dello strumento può portare a provvedimenti disciplinari, fino al licenziamento nei casi più gravi.
    Per evitare errori e abusi, è fondamentale che i dipendenti ricevano una formazione specifica sulle modalità corrette di segnalazione, comprendendo limiti e garanzie previste dalla normativa.

A supporto di questi principi vi è anche la sentenza n. 9148/2023, confermata dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato n. 7002/2023 e TAR Lazio n. 236/2023), che ha evidenziato i rischi di abuso del whistleblowing. Per approfondire il caso, si veda l’articolo “Violazione dell’esclusiva nel pubblico impiego e whistleblowing: il verdetto della Cassazione (Ordinanza nr. 9148/2023)”.

Quando vi sono prove concrete di un utilizzo improprio, il datore di lavoro è legittimato ad adottare provvedimenti disciplinari, fino ad arrivare, nei casi più gravi, al licenziamento.

Chi ha paura del whistleblowing?

Implementare un sistema di segnalazione efficace (e conforme) è possibile. Le recenti evoluzioni normative, in particolare il D.Lgs. 24/2023, che ha recepito la Direttiva UE 2019/1937, hanno ampliato la tutela del whistleblower, riconoscendo però che non esiste un modello unico applicabile a tutte le realtà aziendali.

Nel settore pubblico, vigono standard di trasparenza e responsabilità particolarmente rigorosi, finalizzati alla tutela dell’interesse collettivo. Le grandi aziende private, con strutture organizzative complesse, necessitano di canali di segnalazione strutturati e diversificati per gestire in modo efficace le denunce. Le PMI, invece, possono adottare soluzioni più agili e flessibili, pur dovendo rispettare elevati standard etici.

Questo approccio differenziato permette di armonizzare la protezione del whistleblower con le specificità operative di ogni contesto aziendale, evitando rigidità che ne comprometterebbero l’efficacia.

Whistleblowing, 231 e compliance aziendale

Un fattore determinante per il successo del whistleblowing è la formazione continua dei dipendenti. La normativa prevede che i lavoratori siano adeguatamente informati sulle procedure interne per la segnalazione di illeciti.
Conoscere i canali disponibili, le modalità di denuncia, i tempi di gestione e le tutele previste – come l’anonimato e la protezione da ritorsioni – è essenziale per garantire un utilizzo corretto dello strumento.

Una formazione adeguata aiuta inoltre a evitare errori, segnalazioni improprie o usi distorti, che potrebbero compromettere la credibilità dell’intero sistema.
Dopotutto, il whistleblowing è uno strumento di compliance aziendale essenziale per integrare un sistema di gestione dei rischi che promuova trasparenza, etica e responsabilità all’interno dell’impresa, in linea con il Modello 231 (approfondisci: “Modello 231: proteggi e potenzia la tua impresa con una strategia su misura”). Lavoratori e aziende hanno un ruolo cruciale: i primi devono essere consapevoli dei propri diritti e delle protezioni offerte dalla legge, mentre le aziende devono implementare sistemi di segnalazione sicuri e trasparenti, che rispettino la normativa e tutelino i dipendenti da eventuali ritorsioni.

Per assicurare che il sistema di whistleblowing sia realmente efficace e conforme alla legge, è fondamentale affidarsi a esperti, in grado di sviluppare strategie su misura per le esigenze aziendali e garantire una protezione adeguata a tutte le parti coinvolte.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 3 Aprile 2025

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Debora Teruggia

Laureata presso l'Università degli Studi di Milano, praticante avvocato appassionato di Diritto del Lavoro e Diritto di Famiglia.
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