Accertati di rispettare le regole su reperibilità e controlli fiscali.
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Assenza per malattia: attenzione all’obbligo di reperibilità. Oltre alla comunicazione tempestiva e all’invio del certificato medico, il lavoratore ha un terzo dovere cruciale: essere reperibile durante le fasce orarie stabilite dalla legge. Ignorare questo obbligo può comportare sanzioni economiche e disciplinari, fino al licenziamento.
In questo approfondimento analizziamo cosa prevede la normativa, come funziona la visita fiscale, quali sono le conseguenze dell’assenza e i casi in cui l’allontanamento può essere giustificato. Il tutto con esempi pratici e riferimenti giurisprudenziali aggiornati.
Per una visione più ampia sul tema della malattia e dei doveri del dipendente, leggi anche: “Malattia e assenza dal lavoro: diritti, doveri e i rischi per il dipendente”.
La visita fiscale è un controllo domiciliare effettuato da un medico incaricato dall’INPS con l’obiettivo di verificare lo stato di salute del lavoratore assente per malattia. Questo accertamento può avvenire:
Il lavoratore ha l’obbligo di reperibilità, ossia deve trovarsi all’indirizzo indicato nel certificato medico durante specifiche fasce orarie giornaliere. È quindi fondamentale che il domicilio dichiarato corrisponda effettivamente al luogo in cui si trascorrerà il periodo di malattia. Di norma coincide con la residenza, ma se la malattia insorge in un luogo diverso (ad esempio durante una trasferta o in ferie), il lavoratore deve comunicarlo tempestivamente sia al medico sia al datore di lavoro.
A partire dal 22 dicembre 2023, le fasce orarie di reperibilità sono state uniformate per dipendenti pubblici e privati (sentenza TAR Lazio n. 16305/2023 e messaggio INPS n. 4640/2023). L’obbligo vige:
tutti i giorni, inclusi domeniche e festivi, purché compresi nel periodo certificato. Ad esempio, se la malattia è attestata dal mercoledì al lunedì successivo, il lavoratore dovrà essere reperibile anche nel weekend.
Ma cosa succede se il lavoratore non è in casa durante la visita fiscale? Scopriamo le conseguenze nel prossimo paragrafo.
Durante le fasce orarie di reperibilità, il lavoratore ha l’obbligo di trovarsi presso il domicilio indicato nel certificato medico, salvo esenzioni specifiche come il ricovero ospedaliero o la gravidanza a rischio. Questo obbligo non è solo formale, ma rappresenta una tutela per tutte le parti coinvolte:
Il controllo viene eseguito da un medico fiscale INPS, il quale valuta se la patologia è compatibile con l’assenza lavorativa. In alcuni casi, può anche modificare la prognosi o proporre un rientro anticipato in servizio.
Se il lavoratore risulta assente, il medico lascia un avviso di convocazione per una successiva visita ambulatoriale. L’invito può essere consegnato direttamente o notificato in un secondo momento via raccomandata o PEC.
È importante sapere che, se il medico ha registrato la visita come avvenuta in orario, ma il lavoratore sostiene il contrario, spetterà a quest’ultimo dimostrarlo, ad esempio con prove sull’orario effettivo del controllo o sulla legittimità dell’assenza.
Per evitare contestazioni, è buona prassi comunicare in anticipo qualsiasi spostamento legato a necessità mediche, come visite specialistiche, accesso in farmacia o al pronto soccorso.
Ma quali sono le sanzioni se il lavoratore risulta assente senza giustificazione?
L’assenza ingiustificata alla visita medica di controllo può comportare conseguenze economiche significative.
’art. 5 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463 prevede un sistema sanzionatorio progressivo, che si articola in più livelli:
Oltre alla decurtazione dell’indennità INPS, il lavoratore perde anche il diritto all’integrazione economica eventualmente prevista dal contratto collettivo, con la conseguenza di una sensibile riduzione (o azzeramento) del trattamento economico complessivo.
In aggiunta, il datore di lavoro può avviare un procedimento disciplinare. Le sanzioni applicabili variano in base alla gravità della violazione e possono arrivare, nei casi più estremi, fino al licenziamento. Per comprendere come difendersi in tali situazioni, può essere utile consultare il nostro approfondimento: “Come difendersi da una contestazione disciplinare?”.
Tuttavia, non tutte le assenze vengono automaticamente considerate ingiustificate. In alcuni casi, la giurisprudenza riconosce la buona fede del lavoratore, escludendo sanzioni disciplinari gravi. Vediamo quando e a quali condizioni.
La mancata reperibilità durante le fasce orarie, il rifiuto di sottoporsi alla visita medica di controllo o il mancato aggiornamento del domicilio sono violazioni degli obblighi contrattuali che, se non adeguatamente giustificate, possono dar luogo a sanzioni economiche e disciplinari.
Motivazioni apparentemente banali — come non aver sentito il citofono, non aver comunicato correttamente l’indirizzo o l’assenza del nome sul campanello — vengono generalmente considerate ingiustificate, soprattutto se ripetute nel tempo.
Tuttavia, la gravità dell’assenza va valutata caso per caso. In presenza di buona fede, collaborazione e assenza di recidiva, anche un’assenza può non giustificare misure disciplinari estreme. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 22484 del 18 luglio 2022, in un caso in cui il lavoratore aveva mancato la visita fiscale perché sotto la doccia. La Corte ha chiarito che:
“Non tutte le condotte che rilevano nei rapporti con l’istituto previdenziale e che possono determinare decadenza dal beneficio comportano anche una responsabilità disciplinare, perché per quest’ultima è necessario accertare il rispetto delle condizioni richieste sul piano sostanziale dall’art. 2106 c.c., e sul piano formale dalla L. n. 300 del 1970, art. 7. […] L’obbligo di cooperazione che grava sul lavoratore in malattia […] non può essere esteso fino a ricomprendere il divieto […] di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano […] all’interno delle pareti domestiche”.
Diversamente, nella ordinanza n. 24492 del 2019, la stessa Corte ha giudicato ingiustificata l’assenza di un lavoratore che aveva lasciato la propria abitazione per accompagnare il figlio a un controllo non urgente. In quel caso, il lavoratore non aveva fornito prove dell’impossibilità di delegare ad altri il compito e non aveva comunicato l’allontanamento in anticipo. La Corte ha quindi confermato la sanzione, escludendo l’esistenza di una causa di forza maggiore.
In definitiva, ogni caso va valutato attentamente. Anche laddove il lavoratore abbia agito con diligenza, possono comunque sorgere contestazioni disciplinari. Per questo motivo, è sempre consigliabile rivolgersi a un legale esperto, in grado di offrire supporto preventivo o difensivo, evitando errori che potrebbero compromettere la posizione del dipendente.
Debora Teruggia