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Quello strano diritto ad avere una Wirkin!

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Margherita Manca
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La borsa Wirkin, venduta da Walmart a soli 78 dollari, ha scatenato un vero e proprio caso mediatico per la sua somiglianza con l’iconica Birkin di Hermès. Ma è solo ispirazione o una violazione dei diritti di proprietà intellettuale? In questo articolo analizziamo i confini legali del fenomeno dei “dupe”, esplorando strumenti come il marchio tridimensionale, la tutela del design industriale e la concorrenza sleale. Inoltre, approfondiamo le possibili strategie difensive di Hermès e le implicazioni etiche per i consumatori, tra desiderio di lusso e rispetto della creatività. Dove si trova il limite tra accessibilità e imitazione?

Wirkin bags for Wirkin class: accessibilità o imitazione illecita?

La Birkin di Hermès è da sempre un’icona del lusso, una delle borse più ambite e costose al mondo. Il suo valore di mercato parte da decine di migliaia di euro, mentre la produzione limitata e le lunghe liste d’attesa ne accrescono il prestigio. A renderla immediatamente riconoscibile non è il logo, ma il suo design distintivo, caratterizzato da elementi iconici come la celebre chiusura a girello.

Di recente, però, un fenomeno ha fatto scalpore: la “Wirkin”, una borsa venduta da Walmart a soli 78 dollari, che ha conquistato i social media diventando rapidamente virale e andando sold out in pochissimo tempo.

A decretarne il successo è stato un elemento chiave: l’accessibilità. Lo slogan che ha accompagnato il fenomeno – “Wirkin bags for Wirkin class” – ha enfatizzato proprio la democratizzazione di un simbolo, rendendo un design iconico alla portata di tutti.

Ma se il concetto di accessibilità è sempre più apprezzato dai consumatori, la Wirkin solleva un interrogativo centrale: l’iniziativa di Walmart rappresenta un’ispirazione legittima o una riproduzione non autorizzata?

Diritto del design: come si protegge una borsa iconica come la Birkin?

Per comprendere appieno la controversia legata alla Wirkin, è fondamentale esaminare gli strumenti giuridici a tutela del design della moda (vedi anche: Diritto e lusso: la protezione legale delle borse iconiche di C. Martinez Di Leo per Canella Camaiora)

Nel caso della Birkin di Hermès, la storica maison francese ha registrato negli Stati Uniti due marchi tridimensionali: uno per proteggere la chiusura iconica e uno per salvaguardare la forma complessiva della borsa (escluso il manico). Questi marchi garantiscono a Hermès un’esclusiva sull’aspetto distintivo del prodotto, impedendo a terzi di copiarlo senza autorizzazione.

Ma i marchi tridimensionali non sono l’unica arma a disposizione dei brand di moda. Per proteggere i propri prodotti, infatti, possono ricorrere a diverse tutele giuridiche, tra cui:

  • Marchio registrato: tutela i segni distintivi di un prodotto, come un logo, una particolare forma o una caratteristica riconoscibile.
  • Design industriale: protegge l’aspetto estetico di un oggetto, a condizione che sia nuovo e dotato di carattere individuale.
  • Diritto d’autore: può estendersi anche agli oggetti di moda, se presentano un valore sufficientemente creativo (addirittura “artistico”, in Italia).
  • Normativa sulla concorrenza sleale: consente di agire contro chi si aggancia alla reputazione di un altro marchio o confonde i consumatori realizzando prodotti troppo simili a quelli dei competitor.

In sostanza, quando un’azienda ritiene che un’altra stia sfruttando il proprio design senza consenso, può agire per violazione dei diritti di proprietà industriale o concorrenza sleale (cfr. Concorrenza Sleale e Contraffazione – Canella Camaiora).

E nel caso della Wirkin? Hermès potrebbe passare alle vie legali, ma su quale base e con quali argomenti?

Cosa sono esattamente i “dupe”?

Il termine “dupe” deriva dall’inglese “duplicate” e si riferisce a quei prodotti che imitano l’aspetto o le funzionalità di articoli di lusso, proponendosi come alternative economiche senza essere necessariamente dei falsi.

La differenza rispetto ai prodotti contraffatti è sostanziale: mentre i fake replicano fedelmente il prodotto originale, includendo spesso marchi e loghi falsificati, i dupe si limitano a evocare l’estetica di un marchio noto, sfruttandone il prestigio senza copiarlo in modo identico.

Tuttavia, questa pratica non è priva di criticità legali, soprattutto in relazione alla trasparenza verso il consumatore. Si pongono infatti alcune domande fondamentali:

  • il valore del dupe risiede realmente nella qualità del prodotto o è solo nell’associazione con un marchio di lusso?
  • chi acquista un dupe è consapevole della scelta o viene ingannato dalla somiglianza con l’originale?

I dupe attraggono i consumatori proprio perché richiamano l’immagine e il prestigio di un prodotto iconico, senza però offrire gli stessi standard qualitativi. Dietro il loro successo si cela spesso un meccanismo noto come “agganciamento parassitario”, ossia lo sfruttamento della notorietà altrui per ottenere un vantaggio di mercato senza aver mai investito nella costruzione del valore del brand.

Alla luce di queste considerazioni, è lecito chiedersi: Hermès potrebbe intraprendere un’azione legale contro Walmart?

A parere di chi scrive, la maison francese potrebbe fondare un’eventuale contestazione su tre motivi principali:

  1. violazione del marchio tridimensionale: la forma della Birkin costituisce un segno distintivo registrato. Se la Wirkin risultasse troppo simile, Hermès potrebbe agire invocando questa tutela (anche la nostra Suprema Corte si era occupata della Birkin e ne avevo parlato qui “Hermès la spunterà? Appello bis per Kelly e Birkin” e, soprattutto, ne abbiamo parlato qui: Hermès e la tutela della forma: il caso Kelly e Birkin (App. Firenze 489/2024).
  2. tutela del design industriale: qualora si dimostrasse che la Wirkin riproduce elementi unici del design originale, Hermès potrebbe sostenere che Walmart ha leso i diritti di proprietà industriale.
  3. concorrenza sleale per agganciamento parassitario: Hermès potrebbe affermare che Walmart ha sfruttato la notorietà della Birkin per promuovere un prodotto simile a un prezzo drasticamente inferiore, inducendo i consumatori a fare associazioni indebite.

Un’eventuale azione legale, tuttavia, non sarebbe priva di ostacoli. La Wirkin non presenta il logo Hermès, il che potrebbe complicare la dimostrazione di un effettivo rischio di confusione per il consumatore.

Hermès potrebbe però argomentare che, nonostante l’assenza del logo, la forte somiglianza estetica tra i due modelli rischia di indebolire la distintività e l’esclusività della Birkin, danneggiando il valore e la reputazione del marchio.

Ma quali sono i precedenti giurisprudenziali in casi simili? E come si sono orientati i giudici di fronte a fenomeni analoghi?

Un nuovo equilibrio tra lusso e accessibilità?

Il caso Wirkin dimostra quanto il legame tra moda e proprietà intellettuale sia sempre più stretto e complesso. Da una parte, i consumatori esprimono il desiderio di prodotti più accessibili e contestano i prezzi spesso ritenuti eccessivamente gonfiati. Dall’altra, i brand di lusso si trovano a dover proteggere i propri investimenti, la qualità e quell’aura di esclusività che è parte integrante del loro valore.

Non è la prima volta che Hermès si trova a difendere la sua iconica borsa: abbiamo già parlato del caso delle MetaBirkin, le versioni digitali della Birkin create come NFT, in un altro articolo (del caso delle MetaBirkin abbiamo accennato qui: Dov’è finito il Metaverso? di A. Canella per Canella Camaiora). Anche in quel caso, il brand francese ha agito con fermezza per tutelare i propri diritti, ottenendo una sentenza favorevole.

Tuttavia, il desiderio di possedere un oggetto di lusso non dovrebbe mai trasformarsi in un sostegno, consapevole o meno, a pratiche che sfruttano indebitamente la creatività e gli investimenti altrui.

Per questo, le aziende devono adottare strategie di protezione proattive, come:

  • registrazioni mirate di marchi e design,
  • monitoraggio costante del mercato,
  • e interventi tempestivi per fermare eventuali abusi.

D’altra parte, anche i consumatori devono fare la propria parte: informarsi sulle implicazioni legali ed etiche di fenomeni come i dupe, comprendendo che dietro a un design iconico non c’è solo uno status symbol, ma anni di ricerca, investimenti e creatività.

Il caso Wirkin ci insegna che la linea tra ispirazione e contraffazione è estremamente sottile. Il diritto, in questo scenario, dovrebbe sempre perseguire un equilibrio tra:

  • la tutela dell’innovazione e degli investimenti imprenditoriali,
  • e la libertà creativa necessaria al progresso del settore.

Una sfida complessa, ma essenziale, per garantire che la moda possa continuare a essere un connubio di estro creativo, tutela legale e accessibilità.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 19 Febbraio 2025

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Margherita Manca

Avvocato presso lo Studio Legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano, si occupa di diritto industriale
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