Dall’arte rupestre di Altamira fino a Banksy: storia, tutela e criticità dell’arte murale e della street art.

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Abstract

I murales e la street art, spesso percepiti come espressioni libere e spontanee dell’estetica urbana, godono in realtà di una precisa protezione giuridica. Questo articolo ripercorre l’evoluzione dell’arte murale, dalle pitture rupestri di Altamira al muralismo messicano, fino ai graffiti urbani e alle opere di artisti contemporanei come Banksy. Il cuore della riflessione è la tutela legale di queste forme artistiche: quando presentano originalità, i murales sono opere dell’ingegno, protette dalla Legge sul diritto d’autore (L. 633/1941). La loro esposizione pubblica non li rende liberamente utilizzabili, né priva l’autore dei propri diritti morali e patrimoniali. L’articolo affronta anche le tensioni tra proprietà privata e diritto all’integrità dell’opera, richiamando casi emblematici come il 5Pointz di New York, che ha segnato un precedente internazionale.

Muralismo e graffiti come manifestazioni artistiche

L’idea che dipingere su una superficie muraria sia per l’essere umano un gesto istintivo, e culturale al tempo stesso, trova conferma già nelle pitture rupestri della grotta di Altamira (Spagna), datate a circa 18.000 anni fa. Quelle raffigurazioni non erano meri ornamenti: svolgevano una funzione comunicativa e simbolica, tra le prime manifestazioni di linguaggio visivo strutturato, che hanno ispirato non solo studi scientifici, ma anche artisti moderni. Tale forma di espressione è stata col tempo mantenuta, variandone semplicemente il messaggio. Il dipinto murale è stato utilizzato per raccontare eventi religiosi, politici o civili, in spazi privati e pubblici.

Tuttavia è nel primo Novecento che i murales assumono la configurazione moderna di arte pubblica e sociale. In particolare, il muralismo messicano, con figure come Rivera, Orozco e Siqueiros, impone una nuova grammatica iconografica: pittura su larga scala, accessibile, orientata alla narrazione collettiva e alla propaganda politica. Nel secondo dopoguerra, l’uso pittorico del muro si espande oltre l’ambito istituzionale. A partire dagli anni ’70, con l’emergere della street art e dei graffiti urbani, il murales si svincola dalla committenza pubblica o privata e si afferma come mezzo espressivo autonomo, senza briglie e spesso non autorizzato, e comunque sempre radicato in contesti urbani a forte connotazione sociale, con cui i giovani artisti urbani esprimevano in modo alternativo il pensiero collettivo. Oggi il murales è riconosciuto come una forma d’arte contemporanea a tutti gli effetti.

L’apprezzamento di oggi per artisti come Banksy, con i suoi stencil e la guerrilla art, dedito all’anonimato e finito per essere esposto in veri e propri musei (talora contro il suo volere, si v. “Lo strano caso di Banksy contro il MUDEC”), sono la dimostrazione dell’evoluzione di una forma d’arte alternativa, e al contempo antica, che non smette di trasmettere messaggi importanti e acquisire sempre più importanza nel mondo delle arti.

Come viene tutelato un Murales?

Contrariamente a quanto si pensa, la loro esposizione nello spazio pubblico, non sottrae “l’arte di strada” dalla protezione giuridica di cui godono le forme d’arte più ricorrenti: essi restano opere dell’ingegno, tutelate pienamente dal diritto d’autore. Infatti, vi è un’idea diffusa di libera utilizzazione in virtù della sua esposizione pubblica, ma al pari delle altre opere tutelate, non è così.

Anche i murales e i graffiti, quando presentano carattere creativo e originalità, possono essere qualificati come opere dell’ingegno tutelate ai sensi della Legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d’autore (LDA). L’art. 1 riconosce protezione a tutte le opere rientranti tra quelle dell’arte figurativa, e l’art. 2 elenca in modo aperto le categorie meritevoli di tutela, tra cui rientrano i murales e la street art se frutto di un’attività intellettuale.

Né la collocazione su un bene altrui, né l’eventuale assenza di autorizzazione da parte del proprietario impediscono, di per sé, la tutela. L’illiceità del contesto esecutivo (come l’uso non autorizzato di un muro) non preclude la protezione autoriale. Allo stesso modo, la contrarietà dell’opera all’ordine pubblico o al buon costume non costituisce, a differenza di quanto avviene nel diritto industriale (marchi, design e brevetti), un limite intrinseco alla tutelabilità.

Dal punto di vista patrimoniale, l’autore conserva il diritto esclusivo di riprodurre, l’opera (artt. 12 ss. LDA), compresi i diritti di sfruttamento economico. Nel caso in cui l’immagine del murales venga utilizzata a fini commerciali — ad esempio in campagne pubblicitarie, riproduzioni editoriali o digitali, l’autore ha diritto a percepire un compenso per l’uso economico dell’opera. L’esposizione nello spazio pubblico non determina, infatti, il passaggio dell’opera in pubblico dominio, né giustifica una libera utilizzazione economica.

Chiunque intenda riprodurre o sfruttare economicamente un murale o un’opera di street art deve ottenere l’autorizzazione del titolare dei diritti patrimoniali e, in mancanza, può incorrere in responsabilità per violazione del diritto d’autore. Tali sfruttamenti possono essere oggetto di licenza o cessione, con previsione di royalties, compensi forfettari o diritti di partecipazione ai proventi, in base alla contrattazione tra le parti, risultando quindi trasferibili (approfondisci: Come funzionano le royalties e quali diritti spettano agli autori di A. Canella).

Tuttavia, questo tema ha sollevato delle questioni che rimangono tutt’ora irrisolte. Mentre per i murales o graffiti autorizzati non si pone il problema, la concessione astratta della tutela di opere svolte senza consenso (deturpamento e imbrattamento di cose altrui, art. 639 del codice penale) vorrebbe dire autorizzare un guadagno da un fatto illecito. Purtroppo, sul punto ancora non vi è una veduta unitaria.

Vi sono casi in cui il murales viene reputato come migliorativo del supporto su cui viene eseguito, escludendo ipotesi di reato. Vedasi il caso dello street artist Blu, la cui opera, è stata ritenuta come valorizzante di muro di un cavalcavia, e altri in cui l’arte murale semplicemente viene ritenuto un atto illecito, senza altre analisi di sorta. Restano ovviamente salvi i diritti morali dell’autore, tra cui spicca il diritto alla paternità e, soprattutto, quello all’integrità dell’opera (art. 20 LDA).

Quest’ultimo consente all’autore di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione che possa ledere il suo onore o la sua reputazione. Tuttavia, il diritto morale all’integrità non include espressamente la facoltà di impedire la distruzione dell’opera, se non quando essa implichi un vulnus all’identità professionale o personale dell’autore. In definitiva, la normativa italiana riconosce ampia protezione ai murales e alla street art come forme di espressione autoriale, ma rimane ancora carente nella tutela effettiva, soprattutto quando collocate su beni di proprietà altrui, anche pubbliche, e in assenza di un quadro contrattuale o autorizzativo chiaro.

Il complesso bilanciamento tra proprietà privata e diritto all’integrità dell’opera

Uno degli aspetti più delicati nella tutela giuridica dei murales riguarda il rapporto tra l’opera dell’ingegno e il supporto fisico su cui essa è realizzata, che tipicamente è una parete di un edificio. In Italia, in assenza di una disciplina normativa espressa, il conflitto tra proprietà privata del muro e diritti morali (e patrimoniali) dell’autore trova soluzione principalmente nella giurisprudenza e nella prassi contrattuale. Quando l’opera è realizzata con il consenso del proprietario del bene immobile, opera il principio dell’accessione di cui all’art. 936 c.c., con la conseguenza che l’opera entra a far parte del bene e ne segue il regime giuridico. Tuttavia, ciò non comporta in alcun modo il trasferimento automatico dei diritti d’autore sull’opera, che rimangono in capo all’artista, salvo diversa pattuizione.

La protezione autoriale, disciplinata dalla Legge n. 633/1941, nasce con la creazione dell’opera, anche se realizzata su supporto altrui e senza autorizzazione. I diritti patrimoniali sono cedibili o licenziabili, ma i diritti morali, in particolare quelli alla paternità e all’integrità dell’opera, sono perpetui, inalienabili e irrinunciabili. In questa prospettiva, anche la rimozione, la decontestualizzazione o la modifica del contesto ambientale originario possono integrare una violazione del diritto morale, se si dimostra che tali interventi ledono l’onore, la reputazione o la visione artistica dell’autore.

Se per la nostra normativa di riferimento, la fattispecie astratta è chiara, tuttavia mancano ancora dei precedenti in tema di decontestualizzazione o rimozione di opere di street art, a livello internazionale, invece, un punto di riferimento fondamentale è rappresentato dalla giurisprudenza statunitense, e in particolare dal caso 5Pointz (EDNY, 2018). Relativo alla cancellazione notturna e sistematica di 45 opere murali da parte del proprietario dell’immobile che ospitava il celebre hub della street art a New York, questo caso ha avuto non solo una grande cassa di risonanza mediatica, ma è anche stato uno dei primi a sciogliere un nodo giuridico notevole.

Anche se si tratta di un sistema in cui i diritti morali sono ben lungi dall’essere pienamente tutelati, forse proprio perché gli States sono stati la culla della street art, nel 1990 si arriva a una legislazione che tutela aspetti molto particolari, tra cui il delicato bilanciamento tra proprietà privata e diritto d’autore. In applicazione dell’art. 113 del Visual Artists Rights Act (VARA, 1990), in cui si prevede che il proprietario dell’immobile in cui sono incorporate le opere di valore artistico comunichi formalmente l’intenzione di intervenire sull’immobile, il giudice federale ha riconosciuto che tali opere, benché temporanee e su supporti altrui, godevano dello status di “opere di statura riconosciuta” e che la loro distruzione violava i diritti morali degli autori.

Inoltre tale comunicazione prevista per legge non era mai stata eseguita. Il risarcimento accordato, pari a 6,75 milioni di dollari, rappresenta il più importante precedente globale in tema di tutela delle opere murarie, e ha affermato con forza che l’effimerità non è un limite alla protezione quando l’opera possiede valore artistico riconosciuto.

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Nel contesto italiano, come detto, permane una sostanziale incertezza normativa: l’autore di un murales, anche se riconosciuto come artista, non può opporsi in via assoluta alla rimozione dell’opera da un muro privato o pubblico, se non dimostrando un effettivo pregiudizio alla propria reputazione o alla coerenza espressiva dell’opera. La mancanza di uno normativa specifica per l’arte urbana e di un quadro normativo di bilanciamento tra diritto d’autore e proprietà privata costituisce una delle principali sfide per una tutela piena ed effettiva della street art in Italia.

© Canella Camaiora S.t.A. S.r.l. - Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 24 Giugno 2025

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Pablo Lo Monaco Dominguez

Laureato presso l’Università di Milano-Bicocca, praticante Avvocato appassionato di litigation e risarcimento del danno.

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