Prompt AI: chi ne è l’autore, chi li può usare e come tutelarli in azienda

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Abstract

Nell’area Proprietà Intellettuale (Software, AI e piattaforme tecnologiche) dello Studio Canella Camaiora ci occupiamo sempre più spesso di prompt, il cuore dell’Intelligenza Artificiale generativa: istruzioni semplici o complesse che guidano modelli come ChatGPT o DALL·E nella creazione di testi, immagini e contenuti. Ma chi ne è il proprietario? Sono tutelati dal diritto d’autore? È necessario citarne la provenienza? E soprattutto: come gestirli in azienda, dove i prompt possono diventare veri e propri asset strategici, da proteggere come segreti commerciali? In questo articolo analizziamo il valore creativo e giuridico dei prompt, tra copyright, concorrenza sleale e know-how aziendale, per capire come sfruttare al meglio le opportunità dell’AI riducendo i rischi legali.

Cosa sono i “prompt” e perché sono un problema giuridico

Un prompt è un’istruzione testuale in linguaggio naturale che guida un sistema di Intelligenza Artificiale generativa su cosa creare. E questo ormai l’abbiamo capito tutti: può trattarsi di una richiesta, un comando o un intero scenario contestualizzato, utile per generare testi, immagini, suoni o video.

In base al modello (come ChatGPT per i testi o DALL·E per le immagini), il prompt può includere stile, tono, ambientazione, dettagli tecnici o narrativi, fino a definire con precisione estrema il risultato atteso.

Un prompt semplice potrebbe essere: “Genera una foto di un bel paesaggio”.

Ma un prompt complesso può trasformarsi in un’istruzione creativa ad alta densità informativa, come:

“Ritrai una metropoli futuristica avvolta dalla nebbia alle prime luci dell’alba, vista dall’alto. I grattacieli devono avere forme organiche ispirate all’Art Nouveau, con superfici riflettenti e dettagli in rame ossidato. A terra, traffico silenzioso di veicoli elettrici su strade bagnate. Lo stile visivo richiama le illustrazioni di Moebius, con palette fredda e luci soffuse.”

(E sì, abbiamo chiesto lo stile di Moebius… ma sulla tutela dello “stile” si apre una questione a parte – ne abbiamo già parlato qui: Stile e Diritto d’Autore: alcune considerazioni sistemiche – Canella Camaiora).

Prompt di questo tipo non sono “neutri”, ma contengono visioni, stile, intenzione: vere e proprie micro-sceneggiature in grado di influenzare profondamente l’output.

È da qui che nasce il prompt engineering, ovvero l’arte di progettare prompt ad alte prestazioni – un’attività diventata ormai un asset competitivo per aziende, designer, sviluppatori.

Non a caso, piattaforme specializzate come PromptBase consentono oggi la compravendita di prompt “vincenti”… confermando che un buon prompt può avere un valore significativo e quindi risultare meritevole di attenzione anche dal punto di vista giuridico (in termini di tutela legale).

Per questo motivo molte imprese scelgono di trattare i propri migliori prompt come segreti commerciali, mantenendoli riservati proprio per non concedere vantaggi ai concorrenti (approfondisci: Know-how commerciale: come tutelarlo e reagire in caso di “furto” – Canella Camaiora)

Ma un prompt prezioso e originale può davvero essere tutelato? Deve essere registrato? Chi scrive un prompt complesso e creativo ha diritto di rivendicarne la paternità come accade per un testo letterario? Esiste il copyright sui prompt?

Queste domande – apparentemente semplici – pongono nuove sfide al sistema della proprietà intellettuale. Nel prossimo paragrafo cercheremo di approfondire proprio la soglia della tutelabilità di un prompt.

Quanta “umanità” serve per tutelare un prompt?

La Legge sul diritto d’autore (L. 633/1941) tutela le opere dell’ingegno di carattere creativo, indipendentemente dal tipo di opera, dal genere o dal mezzo espressivo utilizzato (art. 1). Ciò che conta non è il mezzo, ma la presenza di creatività e apporto originale dell’autore umano.

Con la riforma approvata dal Senato il 17 settembre 2025Disegno di legge S. 1146-B, Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale (XIX Legislatura) – è stato chiarito che le opere devono avere sempre un’origine umana ma che possono essere protette anche se realizzate con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale (art. 25).

La norma, quindi, si concentra esclusivamente sugli output, sui frutti. Ma il tema dei prompt sta invece a monte del processo creativo.

Infatti, chi scrive un prompt immette nel sistema un comando fatto di scelte stilistiche, lessicali e creative che, in alcuni casi, a mio avviso potrebbero assumere esse stesse la dignità di un’opera creativa autonoma.

Ad esempio, pensiamo al lavoro di un art director nel settore pubblicitario, che descrive un concept innovativo, e lo immette nel modello: un prompt in linguaggio naturale.

Il contenuto viene elaborato dall’AI, ma linguaggio e scelte creative restano dell’autore del prompt.

Tornando al nostro esempio, un input come “Genera una foto di un bel paesaggio” è un comando generico, paragonabile a premere un tasto.

Diverso è il caso di un prompt articolato, o di un percorso iterativo, che racchiude scelte ricercate o una visione artistica precisa: in quel caso si può paragonare il prompt a un’opera letteraria, come già avvenne nella storia del diritto per i software. Solo che qui non c’è coding, ma linguaggio naturale.

Dal punto di vista normativo, non esiste ancora una disciplina specifica per i prompt – e neppure una riflessione articolata al riguardo. Solo domande.

I prompt non rientrano in categorie tradizionali (non sono romanzi, né software, né banche dati), ma la legge è da sempre sufficientemente flessibile da includere nuove forme di creatività.

La dottrina e la giurisprudenza italiane sono concordi nel ritenere che non serva molta creatività perché scatti la tutela autoriale, da una parte. Dall’altra parte però, la tutela non può mai riguardare l’idea in sé, ma la forma della sua espressione.

In altre parole, i prompt non possono monopolizzare idee o accorgimenti tecnici: se sono protetti, lo sono solo nella loro forma espressiva particolare, proprio come nei software (viene protetto il codice, non le idee alla base, i meccanismi di funzionamento, l’algoritmo).

In fondo, è proprio qui che il dibattito è affascinante e inedito.

Scrivere un prompt non è un atto neutro: è come trascrivere il flusso delle proprie idee, lo stesso che ci guida mentre scriviamo o disegnamo.

Il prompt diventa così uno specchio innovativo del processo creativo umano, dove concetti e idee – tradizionalmente liberi – devono essere osservati sotto una nuova luce giuridica. È l’AI stessa a costringerci a riconsiderare il confine tra idee, forma e tutela.

Ed è proprio qui che nasce la sfida più intrigante: capire se il diritto d’autore, così come lo conosciamo e lo interpretiamo, sia davvero pronto a misurarsi con questo nuovo strumento tecnologico (ne avevo parlato anche qui: L’AI Act ha ucciso il Copyright? Riflessioni sul plagio nell’era dell’AI – Canella Camaiora).

È obbligatorio citare chi ha scritto un prompt?

A dire il vero, porsi questa domanda è un falso problema.

Un prompt, come qualsiasi altra opera testuale, è tutelabile in astratto dal diritto d’autore, purché raggiunga la soglia minima di creatività richiesta dalla legge. Se è lecito domandarsi se l’output di un’AI possa essere protetto, non ha senso chiedersi lo stesso di un prompt scritto a mano: la risposta è ovviamente sì, a condizione che non sia banale.

Il nodo, semmai, è un altro: il prompt vive dietro le quinte. Nella maggior parte dei casi non viene divulgato, e poiché gli output cambiano a ogni generazione (anche se le piattaforme cercano di mantenerne una certa coerenza), è quasi impossibile risalire con certezza a un prompt altrui utilizzato senza autorizzazione.

La conseguenza è chiara:

In questo senso, parlare di citazione obbligatoria non ha molto senso: il problema non è tanto se debba essere riconosciuta la paternità di un prompt (questo è già previsto dal diritto morale d’autore), ma piuttosto come e quando i prompt circolano. Qui, più che di legge, si entra nel campo del cosiddetto fantadiritto: casi limite, interessanti dal punto di vista accademico, ma che difficilmente toccano la vita quotidiana della maggioranza degli utenti.

Due però sono le certezze:

  1. Se esiste un mercato dei prompt, vuol dire che sta nascendo anche un mercato dei professionisti capaci di padroneggiarli e di usarli in modo strategico (v. People Are Making Money ($$$$) Just by Selling Creative ChatGPT Prompts | by Pallvi | The Writing Manual | Aug, 2025 | Medium).
  2. Le aziende hanno sempre più interesse a trattare queste “risorse” come segreti: prompt, competenze e know-how non sono solo un esercizio di stile, ma un vero e proprio asset competitivo da proteggere (approfondisci: Valutazione Know-How – Canella Camaiora – Proprietà Intellettuale).

Ed è proprio qui che si apre una questione nuova e cruciale: come difendere i prompt non solo come opere autoriali, ma come segreti commerciali e informazioni riservate.

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I prompt in azienda: opportunità e rischi legali

I prompt, per quanto affascinanti, non sono mai pezzi isolati: fanno parte di un ecosistema tecnologico in continuo mutamento. Un prompt che oggi funziona alla perfezione potrebbe domani non funzionare più, perché un modello come ChatGPT o Gemini si aggiorna, si ricalibra, cambia.

La verità è che non abbiamo alcun controllo su come i modelli vengano modificati dai loro detentori: essi migliorano, si raffinano e si allenano anche grazie all’uso che ne fanno gli utenti, cioè ai dati. Qui si apre un tema enorme, quello della gestione dei dati e del Data Act europeo, già in vigore ma ancora acerbo, che promette di incidere profondamente su questo equilibrio (approfondisci: Data Act: cosa cambia per imprese, sviluppatori e fornitori).

Sul fronte giuridico, la vera questione non è tanto e solo se il singolo prompt sia protetto dal diritto d’autore, ma come venga gestito all’interno dell’impresa. Le aziende, quando fanno prompting, compiono attività che possono essere:

  • lecite, come sviluppare tecniche proprietarie e raffinate di interazione con i modelli;
  • illecite, come riutilizzare o riformulare contenuti di terzi senza reale apporto creativo, o replicare sistematicamente le strategie di un concorrente.

Un rischio ulteriore riguarda dipendenti e collaboratori: se lasciano l’azienda portando con sé non solo i prompt sviluppati, ma anche le strategie, le buone pratiche e le scorrettezze dell’impresa, possono innescare scenari complessi. Da un lato, potrebbero denunciare comportamenti illeciti; dall’altro, potrebbero fondare una nuova attività sfruttando i “segreti” della precedente (approfondisci: Il caso del dipendente infedele che sottrae informazioni aziendali riservate).

È qui che entrano in gioco istituti centrali del diritto: la tutela dei segreti aziendali (art. 98 c.p.i.), la fedeltà del dipendente (art. 2105 c.c.), la concorrenza sleale (art. 2598 c.c.), ma anche la gestione dei rapporti contrattuali con i fornitori tecnologici. Sono questi, oltre al copyright, i veri terreni su cui oggi si gioca la tutela dei prompt come asset aziendale.

In definitiva, se un problema esiste, non si risolve con un approccio riduttivo. Serve una consulenza legale multidisciplinare, capace di muoversi tra competenze tecniche, diritto d’autore, segreti industriali, diritto del lavoro, contratti e nuove normative europee. Serve un approccio che accetti la complessità delle sfide, coniugando diritto e tecnologia, senza farsi illusioni semplicistiche e senza voltarsi dall’altra parte di fronte ai risvolti concreti del XXI secolo.

© Canella Camaiora S.t.A. S.r.l. - Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 24 Settembre 2025

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Avv. Arlo Cannela

Arlo Canella

Managing & founding partner, avvocato del Foro di Milano e cassazionista, responsabile formazione e ricerca indipendente dello Studio CC®.

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