Strategie legali per la coesistenza di marchi e la risoluzione efficace delle controversie.
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Registrare un marchio è un passo fondamentale per tutelare la propria identità commerciale, ma durante l’iter di registrazione può emergere un ostacolo imprevisto: l’opposizione da parte di terzi titolari di marchi simili. Questo può trasformarsi in una costosa seccatura, oppure risolversi con un’alternativa più strategica: l’accordo di coesistenza.
Ma quando e perché conviene un accordo di coesistenza tra marchi? In questo articolo analizziamo come funziona questo strumento legale, quali elementi deve contenere per essere davvero efficace e in che modo può rappresentare una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti. Scopriremo anche in quali situazioni è possibile prevenire le opposizioni e come evitare rischi futuri.
Registrare un marchio è sempre una scelta strategica, sia per una persona fisica (vedi “Registrazione di un marchio come persona fisica: vantaggi, procedure e limiti” di Arlo Canella), sia per una startup o un’azienda consolidata. Ottenere un titolo che garantisca l’uso esclusivo del segno significa guadagnare visibilità sul mercato, soprattutto se il marchio possiede un’elevata distintività e non ha concorrenti simili nel settore di riferimento.
Tuttavia, anche dopo un’accurata verifica di disponibilità, può accadere che, durante l’iter di registrazione, terzi titolari di marchi simili presentino opposizioni, ritenendo il segno confondibile con il proprio. Questo scenario può dar luogo a controversie legali, complicando il percorso verso la registrazione.
Il principale strumento per bloccare la registrazione di un marchio è l’opposizione amministrativa, un procedimento che apre un confronto tra le parti e su cui l’Ufficio marchi competente (ad esempio, l’UIBM in Italia o l’EUIPO a livello europeo) sarà chiamato a decidere. Ma una contestazione deve necessariamente trasformarsi in uno scontro legale con un solo vincitore?
La risposta è: dipende. Esistono casi in cui, invece di affrontare un lungo contenzioso, le parti possono trovare un punto d’incontro. Ed è qui che entra in gioco un’opzione spesso sottovalutata: l’accordo di coesistenza tra marchi. Di cosa si tratta e come funziona? Scopriamolo nel prossimo paragrafo.
Gli accordi di coesistenza non nascono spontaneamente, ma sono il risultato di trattative e reciproche concessioni tra le parti, quasi sempre condotte tramite i rispettivi avvocati di fiducia. Si tratta di veri e propri contratti, attraverso i quali le parti, per evitare di coltivare una vertenza su marchi potenzialmente confliggenti, stabiliscono precise modalità di utilizzo dei segni distintivi, aggirando così il problema dell’imprevedibilità delle decisioni amministrative.
Sebbene l’opposizione amministrativa sia uno strumento utile per tutelare i diritti dei titolari di marchi anteriori, il suo esito è incerto, poiché dipende dalla valutazione soggettiva di un esaminatore dell’ufficio marchi (nazionale o europeo). Quest’ultimo, pur avendo competenze tecniche, non è un giudice vero e proprio e potrebbe adottare decisioni meno prevedibili e meno attendibili rispetto a quelle di un tribunale (approfondisci: Cosa si rischia quando due marchi si somigliano troppo? Il caso “American Eagle” – Canella Camaiora)
Gli accordi di coesistenza, invece, permettono ai titolari di marchi simili di continuare a utilizzarli individuando una strategia per evitare sovrapposizioni e ridurre il rischio di confusione per i consumatori. Questa soluzione è particolarmente utile quando i marchi, pur essendo simili, non generano una vera e propria interferenza. Ciò accade, ad esempio, quando due aziende operano nello stesso macro-settore, ma con attività diverse, si rivolgono a target distinti o hanno una presenza consolidata in aree geografiche separate.
Rispetto al contenzioso, spesso oneroso, incerto e dannoso per l’immagine, un accordo di coesistenza consente alle parti di tracciare un confine preciso tra le rispettive attività operative e commerciali, evitando la confusione e delimitando chiaramente lo spazio d’azione di ciascun marchio.
Sebbene questi accordi vengano generalmente stipulati a seguito di una contestazione, nulla vieta di contattare preventivamente il titolare di un marchio potenzialmente interferente per agevolare la registrazione del proprio segno e trovare un’intesa. Tuttavia, questa strategia va valutata con estrema attenzione: un accordo con un solo titolare non elimina il rischio di future opposizioni da parte di altri soggetti durante il periodo di registrazione.
Gli aspetti da considerare sono molteplici, ma la coesistenza tra marchi, attraverso accordi definiti e riservati, rappresenta uno strumento diffuso ed efficace per ottenere la registrazione e chiudere definitivamente la procedura di opposizione. Ma come si struttura concretamente un accordo di questo tipo?
Un accordo di coesistenza è un contratto a tutti gli effetti, complicato dalla rilevanza di profili di proprietà intellettuale. Perché un accordo di coesistenza sia davvero efficace e tuteli entrambe le parti, deve essere redatto con estrema precisione da un esperto del settore. Un documento poco chiaro o lacunoso potrebbe infatti generare ambiguità e dare luogo a future – ed ulteriori – controversie per contraffazione e concorrenza sleale.
Infine, è importante sottolineare che, data la loro natura stragiudiziale, questi accordi non prevedono normalmente l’imputazione di danni. Tuttavia, nel caso in cui il marchio del depositante fosse già in uso prima del deposito e dell’accordo, è possibile stabilire un ristoro economico per il periodo in cui il marchio è stato utilizzato al di fuori dei margini di una concorrenza leale.
Un accordo di coesistenza ben strutturato non solo evita futuri contenziosi, ma permette alle parti di operare serenamente, preservando la distintività dei rispettivi marchi. Tuttavia, la sua redazione richiede estrema attenzione, una profonda conoscenza della normativa e una valutazione accurata delle implicazioni legali.
Pablo Lo Monaco