approfondimento
-
Tempo medio di lettura 7'

Accordi di coesistenza tra marchi: quando e perché convengono davvero

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Pablo Lo Monaco
Home > Accordi di coesistenza tra marchi: quando e perché convengono davvero

Registrare un marchio è un passo fondamentale per tutelare la propria identità commerciale, ma durante l’iter di registrazione può emergere un ostacolo imprevisto: l’opposizione da parte di terzi titolari di marchi simili. Questo può trasformarsi in una costosa seccatura, oppure risolversi con un’alternativa più strategica: l’accordo di coesistenza.

Ma quando e perché conviene un accordo di coesistenza tra marchi? In questo articolo analizziamo come funziona questo strumento legale, quali elementi deve contenere per essere davvero efficace e in che modo può rappresentare una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti. Scopriremo anche in quali situazioni è possibile prevenire le opposizioni e come evitare rischi futuri.

Marchio e opposizioni: gli ostacoli durante la registrazione

Registrare un marchio è sempre una scelta strategica, sia per una persona fisica (vedi “Registrazione di un marchio come persona fisica: vantaggi, procedure e limiti” di Arlo Canella), sia per una startup o un’azienda consolidata. Ottenere un titolo che garantisca l’uso esclusivo del segno significa guadagnare visibilità sul mercato, soprattutto se il marchio possiede un’elevata distintività e non ha concorrenti simili nel settore di riferimento.

Tuttavia, anche dopo un’accurata verifica di disponibilità, può accadere che, durante l’iter di registrazione, terzi titolari di marchi simili presentino opposizioni, ritenendo il segno confondibile con il proprio. Questo scenario può dar luogo a controversie legali, complicando il percorso verso la registrazione.

Il principale strumento per bloccare la registrazione di un marchio è l’opposizione amministrativa, un procedimento che apre un confronto tra le parti e su cui l’Ufficio marchi competente (ad esempio, l’UIBM in Italia o l’EUIPO a livello europeo) sarà chiamato a decidere. Ma una contestazione deve necessariamente trasformarsi in uno scontro legale con un solo vincitore?

La risposta è: dipende. Esistono casi in cui, invece di affrontare un lungo contenzioso, le parti possono trovare un punto d’incontro. Ed è qui che entra in gioco un’opzione spesso sottovalutata: l’accordo di coesistenza tra marchi. Di cosa si tratta e come funziona? Scopriamolo nel prossimo paragrafo.

Accordi di coesistenza: un’alternativa strategica alle incertezze dell’opposizione

Gli accordi di coesistenza non nascono spontaneamente, ma sono il risultato di trattative e reciproche concessioni tra le parti, quasi sempre condotte tramite i rispettivi avvocati di fiducia. Si tratta di veri e propri contratti, attraverso i quali le parti, per evitare di coltivare una vertenza su marchi potenzialmente confliggenti, stabiliscono precise modalità di utilizzo dei segni distintivi, aggirando così il problema dell’imprevedibilità delle decisioni amministrative.

Sebbene l’opposizione amministrativa sia uno strumento utile per tutelare i diritti dei titolari di marchi anteriori, il suo esito è incerto, poiché dipende dalla valutazione soggettiva di un esaminatore dell’ufficio marchi (nazionale o europeo). Quest’ultimo, pur avendo competenze tecniche, non è un giudice vero e proprio e potrebbe adottare decisioni meno prevedibili e meno attendibili rispetto a quelle di un tribunale (approfondisci: Cosa si rischia quando due marchi si somigliano troppo? Il caso “American Eagle” – Canella Camaiora)

Gli accordi di coesistenza, invece, permettono ai titolari di marchi simili di continuare a utilizzarli individuando una strategia per evitare sovrapposizioni e ridurre il rischio di confusione per i consumatori. Questa soluzione è particolarmente utile quando i marchi, pur essendo simili, non generano una vera e propria interferenza. Ciò accade, ad esempio, quando due aziende operano nello stesso macro-settore, ma con attività diverse, si rivolgono a target distinti o hanno una presenza consolidata in aree geografiche separate.

Rispetto al contenzioso, spesso oneroso, incerto e dannoso per l’immagine, un accordo di coesistenza consente alle parti di tracciare un confine preciso tra le rispettive attività operative e commerciali, evitando la confusione e delimitando chiaramente lo spazio d’azione di ciascun marchio.

Sebbene questi accordi vengano generalmente stipulati a seguito di una contestazione, nulla vieta di contattare preventivamente il titolare di un marchio potenzialmente interferente per agevolare la registrazione del proprio segno e trovare un’intesa. Tuttavia, questa strategia va valutata con estrema attenzione: un accordo con un solo titolare non elimina il rischio di future opposizioni da parte di altri soggetti durante il periodo di registrazione.

Gli aspetti da considerare sono molteplici, ma la coesistenza tra marchi, attraverso accordi definiti e riservati, rappresenta uno strumento diffuso ed efficace per ottenere la registrazione e chiudere definitivamente la procedura di opposizione. Ma come si struttura concretamente un accordo di questo tipo?

Come strutturare un accordo di coesistenza realmente efficace

Un accordo di coesistenza è un contratto a tutti gli effetti, complicato dalla rilevanza di profili di proprietà intellettuale. Perché un accordo di coesistenza sia davvero efficace e tuteli entrambe le parti, deve essere redatto con estrema precisione da un esperto del settore. Un documento poco chiaro o lacunoso potrebbe infatti generare ambiguità e dare luogo a future – ed ulteriori – controversie per contraffazione e concorrenza sleale.

  • Un primo aspetto fondamentale è la definizione chiara delle parti e dei marchi coinvolti. L’accordo deve indicare con esattezza chi sono i soggetti contraenti e quali marchi sono oggetto dell’intesa, includendo eventuali variazioni grafiche, denominative o future evoluzioni del segno distintivo. Questo aspetto, apparentemente semplice, è in realtà tutt’altro che banale, poiché spesso nella gestione del marchio sono coinvolti licenziatari, case madri e altre società del gruppo, il che rende necessaria una delimitazione ancora più precisa dei diritti e degli obblighi reciproci.
  • È poi necessario individuare l’ambito territoriale di applicazione, delimitando l’area geografica in cui i marchi potranno coesistere. Un accordo può riguardare un solo Paese o più giurisdizioni, e questo aspetto è particolarmente rilevante per marchi operanti su scala internazionale.
  • Dal punto di vista pratico, una clausola chiave è il ritiro di eventuali opposizioni amministrative. Poiché l’obiettivo dell’accordo è consentire il completamento dell’iter di registrazione del marchio contestato, è indispensabile che il titolare dell’opposizione si impegni formalmente a ritirarla.
  • Un altro elemento essenziale è la distinzione tra prodotti e servizi, con la chiara individuazione delle classi merceologiche di riferimento. In questo senso, è prassi operare delle modifiche alle classi rivendicate in sede di deposito, utilizzando così la registrazione stessa come strumento di limitazione per prevenire possibili sovrapposizioni che potrebbero generare confusione nei consumatori.
  • In alcuni casi, l’accordo prevede anche clausole di differenziazione per ridurre ulteriormente il rischio di confusione. Si possono stabilire, ad esempio, restrizioni grafiche o stilistiche, imponendo variazioni cromatiche, di font o di posizionamento rispetto al logo principale. Inoltre, possono essere fissati limiti sulle modalità di commercializzazione e sulla comunicazione pubblicitaria.
  • Per garantire un equilibrio tra le parti, l’accordo dovrebbe includere obblighi reciproci e tutela della buona fede. Questo significa, ad esempio, impegnarsi a non ostacolare future registrazioni o modifiche del marchio nell’ambito dell’accordo, evitando qualsiasi utilizzo sleale che possa danneggiare l’altra parte.
  • Quanto alla durata, di prassi gli accordi di coesistenza sono a tempo indeterminato, salvo diversa previsione espressa dalle parti. Tuttavia, possono essere disciplinate clausole di revisione o risoluzione, in base alle esigenze di mercato o a cambiamenti nel contesto commerciale.

Infine, è importante sottolineare che, data la loro natura stragiudiziale, questi accordi non prevedono normalmente l’imputazione di danni. Tuttavia, nel caso in cui il marchio del depositante fosse già in uso prima del deposito e dell’accordo, è possibile stabilire un ristoro economico per il periodo in cui il marchio è stato utilizzato al di fuori dei margini di una concorrenza leale.

Un accordo di coesistenza ben strutturato non solo evita futuri contenziosi, ma permette alle parti di operare serenamente, preservando la distintività dei rispettivi marchi. Tuttavia, la sua redazione richiede estrema attenzione, una profonda conoscenza della normativa e una valutazione accurata delle implicazioni legali.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 5 Febbraio 2025

È consentita la riproduzione testuale dell’articolo, anche a fini commerciali, nei limiti del 15% della sua totalità a condizione che venga indicata chiaramente la fonte. In caso di riproduzione online, deve essere inserito un link all’articolo originale. La riproduzione o la parafrasi non autorizzata e senza indicazione della fonte sarà perseguita legalmente.

Pablo Lo Monaco

Laureato presso l’Università di Milano-Bicocca, praticante Avvocato appassionato di litigation e risarcimento del danno.
Leggi la bio
error: Content is protected !!