Chi possiede davvero una canzone? La Cassazione decide sul caso Battisti

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Abstract

Una canzone sembra appartenere a tutti: a chi l’ha scritta, a chi l’ha incisa, a chi la canta. Ma quando si tratta di diritti la realtà è più complessa.

Con l’ordinanza n. 12956 del 14 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha portato ordine in questa complessità, chiudendo un lungo braccio di ferro tra Sony Music e gli eredi di Lucio Battisti.

Master contro copyright: l’origine della controversia tra Sony e gli eredi di Battisti

Immaginate una canzone come se fosse un corpo con due anime:

  • l’anima materiale, la registrazione, il master custodito negli archivi della casa discografica;
  • l’anima immateriale, il diritto d’autore, che resta nelle mani di chi ha creato la musica o dei suoi eredi.

Per anni, queste due anime hanno convissuto in equilibrio. Sony aveva il master, la SIAE gestiva i diritti, gli eredi incassavano la loro parte. Poi, nel 2007 le società detentrici dei diritti d’autore (amministrate dagli eredi del noto cantante), esercitando una facoltà prevista all’interno dello Statuto SIAE, hanno revocato il mandato alla SIAE.

In concreto, ciò ha comportato che la gestione dei diritti di riproduzione e comunicazione al pubblico è uscita dal perimetro della SIAE ed è tornata interamente nelle mani degli aventi diritto. Da quel momento, per poter continuare a distribuire online o sincronizzare le canzoni di Battisti, Sony avrebbe dovuto negoziare un nuovo accordo direttamente con le società e con gli eredi.

Da qui la vertenza: per Sony si trattava di una limitazione ingiustificata e dannosa; per gli eredi l’esercizio legittimo di un diritto riconosciuto dalla normativa sul diritto d’autore e dall’assetto contrattuale.

La revoca del mandato SIAE e il principio del diritto d’autore

La revoca del mandato SIAE da parte delle società titolari dei diritti d’autore ha riportato in primo piano un principio cardine del diritto d’autore italiano, disciplinato principalmente dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 (Legge sul Diritto d’Autore – “LDA”). In base a questa normativa, i diritti patrimoniali sulle opere musicali (artt. 12 e seguenti LDA) spettano all’autore o ai suoi aventi causa e comprendono, tra l’altro, il diritto di riproduzione e quello di comunicazione al pubblico, inclusa la messa a disposizione tramite mezzi digitali (art. 16 e art. 16 bis LDA).

Sebbene la casa discografica fosse proprietaria delle registrazioni fonografiche, i diritti di cui al capoverso che precede sono ben diversi dai diritti sulle opere musicali incorporate nelle registrazioni. Infatti, Battisti – a suo tempo – aveva sottoscritto contratti che riguardavano esclusivamente la proprietà delle registrazioni originali, non prevedendo alcunché circa l’utilizzo delle stesse.

Dal canto suo, Sony riteneva – erroneamente – che la proprietà dei master fosse sufficiente a garantire l’uso delle registrazioni senza un nuovo accordo, e sosteneva che la revoca del mandato avesse leso il proprio diritto allo sfruttamento economico, con perdite significative. A suo dire, gli eredi avrebbero dovuto collaborare, in virtù dei principi di correttezza e buona fede, per assicurare la continuità commerciale alla casa editrice.

Le decisioni di Tribunale e Corte d’Appello: perché le richieste di Sony sono state respinte

Il Tribunale di Milano, prima, e la Corte d’Appello, poi, hanno respinto integralmente le domande di Sony Music. La prima ragione riguarda l’assenza di un nesso causale tra la revoca del mandato SIAE e il danno economico lamentato: secondo i giudici, non era stato dimostrato che la perdita di introiti derivasse direttamente dalla condotta degli eredi, né per la distribuzione online, né per le mancate sincronizzazioni. In altre parole, la mera revoca del mandato SIAE, in sé, non basta a fondare una responsabilità risarcitoria senza la prova che da essa sia derivato un danno immediato e diretto.

Sul piano sostanziale, la Corte d’Appello (in particolare) ha escluso l’esistenza di una condotta illecita o inadempiente da parte delle società titolari dei diritti e dei loro amministratori. Dopo la revoca del mandato SIAE, non risulta che Sony abbia intrapreso vere e proprie trattative per ottenere nuove licenze dirette. Mancano, nei documenti di causa, evidenze di proposte formali di accordo o di licenze di sincronizzazione inviate agli aventi diritto e rifiutate senza giustificazione. La Corte territoriale ha sottolineato che, in assenza di tali iniziative, non si può parlare di rifiuto arbitrario o contrario ai principi di correttezza contrattuale.

Un passaggio importante delle decisioni di merito riguarda l’invocata responsabilità da “contatto sociale”. Tale forma di responsabilità, elaborata dalla giurisprudenza, si applica in situazioni in cui non esiste un contratto, ma tra le parti si instaura un rapporto che genera obblighi specifici di protezione e cooperazione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha chiarito che non basta un generico rapporto commerciale o pregresso essendo necessaria la violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge. Nel caso in esame, la casa discografica non ha indicato la specifica previsione normativa che imporrebbe la regola di condotta asseritamente violata.

Pertanto, alla luce di queste considerazioni, i giudici del merito hanno stabilito che la revoca del mandato SIAE è un atto pienamente legittimo nell’ambito delle facoltà dei titolari dei diritti d’autore, e – in assenza di trattative e di un obbligo giuridico di concedere licenze – non può generare responsabilità risarcitoria.

Nonostante le motivazioni dispiegate dai collegi di primo e secondo grado, Sony ha deciso di ricorrere in Cassazione.

La Cassazione ribadisce i principi: proprietà dei master e diritti d’autore non coincidono

La Suprema Corte ha confermato integralmente l’impostazione dei giudici di merito, ribadendo principi fondamentali del diritto d’autore. Anzitutto, ha distinto con chiarezza i due livelli di tutela. Da un lato, proprietà della registrazione originale; dall’altro, i diritti patrimoniali dell’autore (artt. 12 e ss. LDA), che restano riservati all’autore e ai suoi eredi (aventi causa). L’una titolarità non assorbe l’altra. Possedere i master non autorizza a sfruttare le opere musicali, se non con il consenso di chi ne detiene i diritti d’autore.

Quanto alla revoca del mandato SIAE, la Cassazione ha sottolineato che essa costituiva l’esercizio di una facoltà legittima, riconosciuta sia dallo Statuto SIAE sia, più in generale, dal principio di disponibilità dei diritti patrimoniali da parte del titolare. Non si trattava, dunque, di un comportamento arbitrario o abusivo, bensì di una scelta rientrante nelle prerogative degli eredi.

La Cassazione ha inoltre respinto la censura di Sony relativa alla violazione degli obblighi di correttezza e buona fede contrattuale, osservando che la prova di dette violazioni incombeva su lei stessa (art. 2697 c.c.). Non avendo Sony dimostrato di aver avviato concrete trattative o avanzato proposte specifiche, non poteva configurarsi un rifiuto ingiustificato da parte degli eredi.

Sul tema della responsabilità da “contatto sociale”, la Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza costante. Tale figura non si applica automaticamente in ogni rapporto tra soggetti economici, ma solo quando l’ordinamento imponga una regola di condotta specifica a tutela della controparte. Nel caso di specie, mancava qualsiasi norma che imponesse agli eredi di negoziare o di mantenere invariato lo sfruttamento delle opere dopo la revoca del mandato.

In definitiva, la Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso.

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Un precedente per l’industria creativa

L’ordinanza della Cassazione non si limita a chiudere la vertenza tra Sony e gli eredi di Lucio Battisti, in quanto stabilisce un principio che riguarda chiunque operi nel mondo della musica e, più in generale, in quello delle industrie creative. La pronuncia ricorda infatti che la titolarità dei supporti materiali non equivale alla titolarità dei diritti d’autore sull’opera incorporata. Sono due piani giuridici distinti che devono coesistere e che – affinché tutte le parti in gioco vengano adeguatamente tutelate e compensate – devono essere sapientemente amalgamate attraverso la predisposizione di congrue strutture contrattuali.

Per chi lavora con contenuti creativi, questo significa che ogni sfruttamento commerciale deve essere autorizzato.

La decisione mette inoltre in guardia da un fraintendimento: la responsabilità da contatto sociale non colma i vuoti contrattuali. Non basta il semplice fatto di avere avuto pregressi rapporti o di trovarsi “in relazione” con i titolari dei diritti per poter pretendere obblighi di collaborazione o continuità. Solo un accordo chiaro e formalizzato – nel rispetto delle norme di legge – può garantire la stabilità dell’utilizzo delle opere creative.

Il caso Battisti dimostra come la giurisprudenza sia ormai costante nell’affermare che la gestione dei diritti d’autore – in assenza di contratti vincolanti – è pienamente disponibile da parte dei titolari e può essere modificata, revocata o rinegoziata senza che questo integri, di per sé, un abuso.

In ultima analisi, l’ordinanza ricorda agli operatori che la musica non è soltanto patrimonio culturale, ma anche un bene giuridico complesso, governato da regole precise. Ignorarle significa esporsi a conflitti e perdite; comprenderle e rispettarle, invece, permette di valorizzarne in modo pieno e sicuro i contenuti.

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Data di pubblicazione: 22 Agosto 2025

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Margherita Manca

Avvocato presso lo Studio Legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano, si occupa di diritto industriale.

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