Abstract
È possibile far sorvegliare un dipendente in malattia? E in quali casi? La recente ordinanza della Cassazione n. 23578/2025 chiarisce quando l’investigazione privata è legittima e quando, invece, viola i diritti del lavoratore. In questo articolo spieghiamo quali sono i limiti, quali elementi deve avere in mano il datore di lavoro prima di agire e perché la visita fiscale resta, spesso, l’unica strada davvero sicura.
È legittimo far pedinare il dipendente in malattia?
Il tema delle investigazioni sui dipendenti in malattia è da sempre un terreno delicato, perché costringe il datore di lavoro a muoversi su un equilibrio difficile:
da un lato c’è il legittimo interesse dell’azienda a tutelarsi da comportamenti scorretti,
dall’altro il diritto del lavoratore a vedersi garantiti riservatezza e dignità, soprattutto durante l’assenza per malattia.
Se ne era già parlato in precedenza, nel contributo “Attività investigative sul dipendente: cosa può fare il datore di lavoro (e come farlo bene)”, dove erano stati delineati presupposti, responsabilità e confini dei controlli in ambito lavorativo. Ma è l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 23578 del 20 agosto 2025 a offrire ora un’occasione per riflettere sulle indagini che riguardano il dipendente malato, e sui limiti – giuridici e operativi – di questo tipo di intervento.
Il caso trattato dalla Suprema Corte riguarda il licenziamento di un dirigente, in malattia, che non aveva rispettato in più occasioni l’obbligo di reperibilità nelle fasce orarie previste dalla legge. Il datore di lavoro, sospettando una condotta scorretta, aveva incaricato un investigatore privato, il quale aveva redatto un report che documentava un’attività di controllo continuativa e molto invasiva, durata oltre quindici giorni. Le indagini erano state condotte anche durante i giorni festivi di Natale e Santo Stefano, dalle prime ore del mattino fino a sera inoltrata, e coinvolgevano non solo il dipendente ma anche i suoi familiari e le persone da lui incontrate.
Davanti a questi elementi, la Corte d’Appello ha preso posizione netta. Ha ritenuto che il datore di lavoro e l’investigatore incaricato avessero oltrepassato ogni limite, realizzando un’attività di sorveglianza “certamente invasiva sul piano della vita privata del lavoratore”.
La Corte ha quindi confermato la precedente decisione, che aveva annullato il licenziamento, e condannato il datore di lavoro a corrispondere al dipendente sedici mensilità, più l’indennità sostitutiva del preavviso.
Insomma, la sorveglianza sul dipendente malato può trasformarsi in abuso, se non è motivata, ragionevole e rispettosa della sfera privata del lavoratore.
Quando si può ricorrere all’investigatore privato?
La Cassazione (n. 23578 del 20 agosto 2025) ha confermato integralmente la decisione della Corte d’Appello, ribadendo che i controlli investigativi sul dipendente malato possono essere ammessi solo a precise condizioni. Per farlo, ha richiamato due precedenti fondamentali: la sentenza 18168/2023 e, soprattutto, la 25732/2021, che ha fissato i principi generali applicabili ai controlli difensivi sul lavoratore.
Secondo la Suprema Corte, il controllo è legittimo solo se:
- è mirato, e viene attuato ex post, cioè “a seguito del comportamento illecito di uno o più lavoratori, del cui avvenuto compimento il datore abbia avuto il fondato sospetto” (Cass. n. 25732/2021, punti 40 e 44);
- si basa su elementi circostanziali, anteriori all’incarico, e non su semplici dubbi o impressioni generiche;
- è finalizzato a “un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore”, e questo contemperamento “non può prescindere dalle circostanze del caso concreto” (punti 36 e 38 della sentenza citata);
- riguarda dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto, come chiarito espressamente al punto 51 della medesima sentenza.
In sintesi, la Cassazione stabilisce che non basta il semplice sospetto, né l’intuizione che il dipendente stia approfittando della malattia: serve una base concreta, antecedente e documentabile.
Inoltre, l’indagine deve restare entro confini temporali e territoriali ragionevoli, senza trasformarsi in una sorveglianza capillare o continua.
Ogni sforamento di questi limiti rende inutilizzabili le prove raccolte, che non potranno servire come base per un provvedimento disciplinare. La violazione delle regole si traduce in una lesione dei diritti fondamentali del lavoratore e, di conseguenza, in una sconfitta processuale per il datore.
I diversi tipi di controllo del lavoratore
La pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato, che distingue in modo netto tra controlli diretti e controlli indiretti (o “difensivi”).
- I controlli diretti sono quelli svolti “a difesa del patrimonio aziendale, che riguardano tutti i dipendenti (o gruppi di dipendenti) nello svolgimento della loro prestazione di lavoro che li pone a contatto con tale patrimonio”. Si tratta di verifiche che devono essere effettuate nel pieno rispetto dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, il quale disciplina l’uso di impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali possa derivare un controllo a distanza dell’attività lavorativa.
- Diversi, invece, sono i controlli difensivi in senso stretto, ossia quelli “diretti ad accertare specificamente condotte illecite ascrivibili – in base a concreti indizi – a singoli dipendenti, anche se questo si verifica durante la prestazione di lavoro”. Proprio perché non riguardano la normale attività lavorativa, questi controlli non ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 4 (Cass. n. 25732/2021, punti 31 e 32).
È in questo spazio – quello dei controlli difensivi mirati – che la Cassazione ammette l’intervento dell’investigatore privato o l’utilizzo di strumenti tecnologici di sorveglianza, purché l’attività sia proporzionata e sostenuta da indizi seri e specifici.
Questa distinzione è fondamentale: la liceità dell’indagine dipende dalla sua finalità e dalla misura del mezzo impiegato. Nel caso in esame, la società aveva attivato un controllo indiretto con l’intento di verificare il rispetto delle fasce di reperibilità, così da dimostrare l’assenza ingiustificata del lavoratore. Ma proprio su questo punto la Corte è chiara: quando la finalità è questa, il datore di lavoro dispone già di uno strumento idoneo, proporzionato e meno invasivo – la visita fiscale dell’INPS, prevista dall’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori.
Visita fiscale o investigatore? Dipende dagli indizi
Qual è, in definitiva, l’insegnamento operativo per chi gestisce personale?
Il messaggio della Cassazione, con l’ordinanza n. 23578/2025, è meno punitivo di quanto possa sembrare. La sentenza non esclude la possibilità di ricorrere a un investigatore privato nei confronti del dipendente in malattia, ma impone che ciò avvenga solo in presenza di elementi concreti e documentabili. In altre parole, la sorveglianza è ammessa solo se giustificata da indizi seri, specifici e anteriori all’indagine.
Quando invece la finalità è semplicemente quella di verificare il rispetto delle fasce di reperibilità, la giurisprudenza indica una strada chiara, legittima e proporzionata: la visita fiscale dell’INPS, prevista dall’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori. È uno strumento meno invasivo, ma processualmente solido e sufficiente per raggiungere lo scopo.
Dunque, la scelta tra visita fiscale e investigazione privata dipende dagli indizi a disposizione. Se ci sono solo sospetti generici, l’unica via percorribile è quella tracciata dalla legge. Se invece emergono condotte sospette già delineate nei fatti, il datore può valutare un controllo difensivo più incisivo — purché resti proporzionato, mirato e giustificabile.
La regola d’oro? Non bastano i sospetti. Servono almeno indizi concreti della falsa malattia. Solo così l’investigazione successiva diventa legittima e, soprattutto, valida in giudizio.
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Data di pubblicazione: 11 Settembre 2025
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Debora Teruggia
Laureata presso l'Università degli Studi di Milano, praticante avvocato appassionato di Diritto del Lavoro e Diritto di Famiglia.