Soluzioni legali per proteggere i diritti sul software sviluppato.
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Quando una software house si trova ad affrontare il mancato pagamento da parte di un cliente, la gestione dei diritti sul codice sviluppato diventa strategica. Questo articolo esplora come distinguere tra contratto d’opera e contratto di appalto, evidenziando l’impatto di ciascuna configurazione sui diritti d’autore e di sfruttamento del software. Viene analizzata la possibilità per la software house di sospendere la consegna del codice in attesa del pagamento, grazie alla tutela offerta dall’exceptio non adimpleti contractus (art. 1460 c.c.), e sono illustrate altre strategie di protezione come il software escrow e la negoziazione assistita. Con un approccio pratico, l’articolo offre indicazioni per redigere contratti efficaci e prevenire insoluti, consentendo alle software house di proteggere il loro lavoro e mantenere il controllo sui diritti del codice prodotto.
Prima di approfondire l’argomento, è fondamentale comprendere quale normativa di applichi a secondo della natura giuridica dello sviluppatore: Contratto d’opera o di appalto?. Se lo sviluppatore è una società – indipendentemente dalla sua forma giuridica – si applicano le norme sul contratto di appalto previste dall’art. 1655 c.c.. Tale norma definisce l’appaltatore (in questo caso, la software house) come il soggetto che, organizzando autonomamente i mezzi necessari e assumendosi il rischio d’impresa, realizza un’opera o un servizio per un corrispettivo economico, seguendo le indicazioni del cliente.
Questa configurazione si distingue nettamente dal contratto applicabile al lavoratore autonomo, disciplinato dall’art. 2222 c.c. sul contratto d’opera. La distinzione non è solo terminologica, poiché influisce sulle norme riguardanti la titolarità dei diritti d’autore e i diritti di sfruttamento economico del software creato nel contesto lavorativo.
Nel caso del lavoratore autonomo, infatti, trova applicazione una normativa specifica: il Jobs Act degli autonomi (D.lgs. 81/2017), che all’art. 4 regola i rapporti tra lavoratori autonomi e committenti, normativa non applicabile ai contratti d’appalto stipulati con una software house.
Il software, come opera dell’ingegno, è soggetto a diritti riconosciuti sia in Italia dalla Legge sul Diritto d’Autore (L. 633/1941) sia a livello internazionale dall’accordo TRIPs (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights, adottato a Marrakech 15 aprile 1994 – “Accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio” ratificato dall’Italia con legge 29 dicembre 1994, n. 747). Tali diritti si suddividono in due categorie principali: i diritti morali e i diritti patrimoniali. I diritti morali rimangono sempre in capo agli autori, persone fisiche che hanno scritto il codice, mentre i diritti patrimoniali possono essere oggetto di cessione o contrattazione (per approfondire, si v. anche “Quali diritti di utilizzo spettano al committente di opere creative – Canella Camaiora”).
Nel contesto di un contratto d’appalto (esclusi gli appalti pubblici), le modalità di cessione e consegna del codice vengono determinate dagli accordi tra le parti. Una distinzione essenziale per la software house riguarda il codice sorgente e il codice oggetto: il primo è il programma scritto dallo sviluppatore, mentre il secondo è la versione convertita in un formato eseguibile dal computer. Stabilire in contratto quali elementi devono essere consegnati è cruciale, poiché influenza le responsabilità della software house. In assenza di una clausola specifica, la legge tende a favorire il committente, garantendo l’accesso anche al codice sorgente (in commento a sent. Trib. Bologna, sent. 96/2020, si v. “Codice sorgente: la software house è tenuta a consegnarlo al committente?” di A. Canella).
Un contratto ben strutturato può anche tutelare il know-how aziendale della software house, valorizzandone il patrimonio. In genere, il codice sorgente non è considerato parte del know-how dell’azienda. Salvo specifiche pattuizioni, la software house non ha il diritto di riutilizzarlo in progetti diversi. Tuttavia, è possibile stabilire contrattualmente la cessione del solo codice oggetto, mantenendo il diritto di riutilizzare il codice sorgente o sue parti (per approfondire: Programmatori e Software House – Canella Camaiora). Questa clausola, però, deve essere redatta con attenzione per evitare il rischio di nullità o possibili richieste di risarcimento danni da parte del committente.
Infine, il contratto dovrebbe definire chiaramente tempi di pagamento e modalità di consegna. Anche se trattasi di un appalto, è possibile strutturare accordi che prevedano pagamenti per fasi di lavoro completate. Approfondiamo questo tema nell’articolo “Contratti software e sviluppo ‘Agile’: criticità legali e proprietà del software”, in cui illustriamo formule contrattuali come il contratto T&M, Fixed Fee per iteration or story, Incremental Delivery, Target Cost e Outcome-based.
Nel contesto di un contratto di appalto tra una software house e un committente, prima della consegna del codice sorgente, il rischio di mancato pagamento può essere affrontato facendo ricorso all’art. 1460 c.c.. Questo articolo introduce la cosiddetta “exceptio non adimpleti contractus”, che consente a una delle parti di sospendere la propria prestazione se l’altra non ha adempiuto o offerto di adempiere: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.“
Di conseguenza, la software house può legittimamente decidere di non consegnare il codice (sorgente o oggetto) finché non riceve il pagamento pattuito. La consegna del codice è una fase fondamentale della prestazione contrattuale, e il mancato pagamento giustifica la sospensione della consegna fino all’avvenuto saldo. Sebbene tale misura rappresenti una protezione immediata contro il rischio di mancata remunerazione, deve essere esercitata con cautela e proporzionalità rispetto all’inadempimento. In aggiunta, una diffida con costituzione in mora può essere utile per prevenire eventuali azioni giudiziarie da parte del committente.
A questo punto, è essenziale valutare gli interessi della software house rispetto al software sviluppato: è preferibile ottenere il pagamento dovuto o si punta a conservare il software per poterne disporre liberamente?
Queste misure permettono di proteggere il valore del lavoro svolto e di evitare di restare vincolati a committenti inadempienti, preservando al contempo la possibilità di capitalizzare sugli sviluppi realizzati.
Se le soluzioni sopra menzionate non risultano efficaci e si desidera evitare un lungo percorso giudiziario, esiste un’altra opzione da considerare: la negoziazione assistita. Introdotta dal D.L. 132/2014 nell’ottica della “degiurisdizionalizzazione,” questa procedura consente alle parti di risolvere le controversie con il supporto dei rispettivi avvocati, bypassando processi giudiziari lunghi e onerosi. La negoziazione assistita offre diversi vantaggi: oltre alla rapidità e ai costi contenuti, consente di raggiungere un accordo con valore esecutivo paragonabile a una sentenza definitiva, valido anche per iscrivere un’ipoteca giudiziale. Inoltre, come incentivo, il legislatore ha previsto un credito d’imposta per le spese sostenute in caso di esito positivo della negoziazione (si v. “PMI e recupero crediti: la negoziazione assistita da legali come strumento diplomatico” di D. Camaiora).
Per prevenire problematiche di mancato pagamento e gestire i diritti sul software sviluppato, è essenziale una contrattualistica ben strutturata (per approfondire: Contratti per Software e Piattaforme Tecnologiche – Canella Camaiora). Le software house devono conoscere i propri diritti e le tutele legali a loro disposizione, e ancor di più prevedere soluzioni ad hoc come le clausole risolutive espresse e il ricorso a strumenti come il software escrow (si v. Il Software Escrow – Canella Camaiora). In questo modo, non solo proteggono il lavoro svolto, ma mantengono il controllo sugli sviluppi futuri e si assicurano che il loro impegno sia adeguatamente riconosciuto e remunerato. Nel complesso settore del software, una pianificazione legale preventiva rappresenta la miglior arma di difesa.
Gabriele Rossi