Sei escluso dallo sfruttamento del brevetto? Scopri come tutelarti.
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Quando un brevetto ha più titolari, chi decide come sfruttarlo? Il caso analizzato dalla Cassazione con la Sentenza n. 4131/2025 ha sollevato una questione chiave: un contitolare può produrre e vendere un’invenzione senza il consenso dell’altro? La Corte ha chiarito che la contitolarità non autorizza azioni unilaterali e che il diritto di esclusiva deve essere rispettato da tutti i titolari. Le controversie più frequenti tra contitolari riguardano strategie di sfruttamento, vendita delle quote e riconoscimento dei meriti all’interno del team. Senza regole chiare, il rischio di conflitti è altissimo.
Non è raro che un brevetto appartenga a più persone. La titolarità può essere suddivisa in parti uguali tra gli inventori o distribuita secondo accordi basati sul contributo tecnico, economico o creativo di ciascuno (approfondisci: “Brevetto: cos’è e quando registrarlo?”). Ma cosa succede quando uno dei contitolari del brevetto decide di produrre e vendere l’invenzione senza consultare l’altro?
È proprio quello che è accaduto nel caso finito davanti alla Cassazione Civile, Sez. I, con la sentenza n. 4131 del 18/02/2025. Al centro della controversia, un fucile per la pesca subacquea di concezione innovativa. Due inventori lo avevano brevettato insieme, ma solo uno di loro ha avviato la produzione e la commercializzazione, senza alcun consenso da parte dell’altro. Il socio escluso non ha accettato la situazione e ha deciso di portare la questione in tribunale per far valere i propri diritti.
La domanda è semplice: chi, tra i due contitolari, aveva il diritto di sfruttare economicamente l’invenzione?
La questione sottoposta alla Cassazione è chiara: un contitolare può sfruttare il brevetto senza il consenso dell’altro?
Per rispondere, la Corte analizza il principio di esclusiva che tutela i titolari di un brevetto. L’art. 66 del Codice della Proprietà Industriale (CPI) stabilisce che il brevetto attribuisce al titolare il diritto esclusivo di attuare l’invenzione e trarne profitto. Si tratta della funzione essenziale del brevetto: garantire un vantaggio competitivo a chi ha investito nella creazione dell’innovazione. Ma quando la titolarità è condivisa, chi può decidere come sfruttare l’invenzione?
La norma di riferimento è l’art. 6 CPI, che richiama le regole della comunione di beni previste dal Codice Civile. Tuttavia, applicare queste regole a un brevetto è complesso: se un immobile può essere utilizzato contemporaneamente da più comproprietari, un brevetto attribuisce un diritto di esclusiva che non si può semplicemente frazionare.
La Cassazione si è già espressa più volte su questa materia, tracciando un percorso che porta fino alla decisione attuale. Già nel 1981, con la decisione n. 265, la Corte aveva sottolineato come la contitolarità di un brevetto dovesse seguire alcune regole della comunione, stabilendo che per cedere il brevetto o concedere una licenza servisse il consenso di tutti i contitolari.
Tuttavia, la visione della Cassazione si è evoluta. Vent’anni dopo, con la Sentenza 5281/2000, la Corte ha posto un punto fermo applicando l’art. 1102 c.c.: se uno solo dei contitolari sfrutta il brevetto senza il consenso degli altri, questi ultimi possono subirne un danno economico. L’uso esclusivo da parte di un solo soggetto, infatti, non si limita a impedire agli altri di sfruttare il brevetto, ma mina il principio stesso di esclusiva su cui si fonda la protezione brevettuale.
Nel caso del fucile subacqueo, la Corte d’Appello di Venezia aveva adottato un’interpretazione più vicina alla comunione di beni materiali, lasciando spazio alla possibilità che un contitolare potesse agire autonomamente. Tuttavia, la Cassazione ribalta questa visione, ribadendo che il diritto di esclusiva garantito dall’art. 66 CPI deve prevalere:
“lo sfruttamento uti singulus [da parte di uno solo, nda] del brevetto ne altera indubbiamente la destinazione perché la tutela che esso poteva accordare quando lo sfruttamento era conferito collegialmente e collegialmente esercitato, laddove per intenderci il mercato accordava un certo valore al trovato, viene inesorabilmente meno quando allo sfruttamento di più si sostituisca lo sfruttamento da parte di uno solo.”
Risultato? La sentenza d’appello viene annullata e il caso rinviato. La Cassazione chiarisce che la contitolarità di un brevetto non autorizza nessuno a sfruttarlo senza un accordo.
Chiunque abbia avuto un socio sa che collaborare non è mai semplice. Quando poi si tratta di un brevetto condiviso, la situazione diventa ancora più complessa: non si parla solo di idee, ma di diritti, profitti e strategie commerciali.
Uno dei problemi più comuni riguarda le aspettative divergenti. Un contitolare potrebbe voler monetizzare subito, mentre l’altro preferirebbe aspettare per sviluppare meglio il prodotto o scegliere il momento giusto per il mercato. Se non c’è un accordo chiaro, il rischio di conflitti è altissimo.
Un’altra causa frequente di dispute riguarda la decisione di concedere licenze o vendere la propria quota. Se un contitolare vuole cedere la sua parte o dare in licenza il brevetto a terzi, mentre l’altro si oppone, si crea uno stallo che può paralizzare l’intero progetto.
Ma il problema più delicato riguarda il riconoscimento dei meriti all’interno del team di sviluppo. Spesso, nei progetti innovativi, più figure professionali collaborano senza che i loro ruoli siano definiti con precisione. Chi ha avuto l’idea? Chi ha contribuito di più alla realizzazione? Senza una chiara suddivisione dei ruoli, le dispute sono inevitabili, soprattutto quando l’invenzione si trasforma in un business redditizio.
Questa problematica è ben descritta anche nell’articolo “Cosa succede quando l’idea “appartiene” al socio di minoranza?” di A. Canella, dove viene sottolineato come la proprietà intellettuale non sempre appartenga automaticamente a chi ha avuto l’idea, ma debba essere regolata con accordi chiari fin dall’inizio.
I problemi emergono quando le aspettative dei contitolari non coincidono. Uno potrebbe voler monetizzare subito, mentre l’altro preferirebbe attendere il momento più vantaggioso. Oppure, uno potrebbe voler vendere la propria quota, mentre l’altro intende mantenere il controllo dell’invenzione. Senza regole chiare, il rischio di conflitti è inevitabile.
In questi casi, il diritto fornisce strumenti di tutela, ma la vera soluzione è la prevenzione. Un buon contratto di contitolarità e una comunicazione trasparente possono evitare che una collaborazione promettente si trasformi in una guerra legale senza fine.
Dall’altro lato, la sentenza della Cassazione ha chiarito un punto essenziale: chi è contitolare di un brevetto non può essere escluso dallo sfruttamento economico dell’invenzione. Non si tratta solo di equità, ma di tutela concreta di un asset strategico.
Le controversie tra contitolari di un brevetto possono avere effetti devastanti sul valore dell’invenzione. Una disputa interna può bloccare lo sfruttamento del brevetto, rallentare il go-to-market e scoraggiare potenziali investitori. Evitare questi rischi è possibile, a patto di adottare regole chiare sin dall’inizio.
Il primo passo è formalizzare gli accordi attraverso un contratto di contitolarità, che definisca in modo trasparente ruoli, diritti e obblighi di ciascun inventore. Tra gli aspetti fondamentali da regolamentare ci sono:
Un buon contratto riduce i rischi di conflitto e assicura che l’invenzione possa essere valorizzata nel modo più efficiente possibile. Tuttavia, ogni progetto di ricerca e sviluppo evolve nel tempo e le esigenze dei contitolari possono cambiare. Per questo motivo, è utile adottare un approccio graduale, con strumenti giuridici che accompagnino il percorso di sviluppo.
In una fase iniziale, può essere utile siglare un Memorandum of Understanding (MoU), un accordo non vincolante che stabilisce le condizioni generali della collaborazione e gli obiettivi comuni (approfondisci: “Guida al Memorandum of Understanding (MoU): uno strumento chiave per startup e collaborazioni” di P. Lo Monaco). Quando l’invenzione è ancora in fase di progettazione o prototipazione, un Accordo di Minuta può anticipare alcuni vincoli in attesa del contratto definitivo. Infine, una volta definiti tutti i dettagli dell’innovazione e delle strategie di sfruttamento, il Contratto Definitivo regola in maniera vincolante tutti gli aspetti della contitolarità.
Un altro elemento spesso sottovalutato riguarda la protezione della proprietà intellettuale durante le fasi di sviluppo. Chi partecipa alla progettazione dell’invenzione potrebbe avanzare pretese sui diritti di brevetto, generando contestazioni future. Per prevenire questi scenari, è consigliabile stipulare un contratto di prototipazione e sviluppo, che stabilisca in modo inequivocabile la spettanza dei diritti di privativa.
La questione è particolarmente rilevante nel contesto della ricerca accademica e del trasferimento tecnologico, in cui università e imprese collaborano allo sviluppo di nuove soluzioni. Le dinamiche di questo processo sono ben analizzate nell’articolo “Il ponte tra università e imprese: il ruolo strategico del trasferimento tecnologico”, che evidenzia l’importanza di disciplinare fin da subito la titolarità delle innovazioni per evitare contese tra ricercatori, istituti e aziende.
Infine, la riservatezza è un aspetto cruciale quando più soggetti collaborano alla realizzazione di un’idea innovativa. Un’errata gestione delle informazioni può compromettere il valore del brevetto e persino impedirne la registrazione. Per questo motivo, è sempre opportuno adottare Accordi di Riservatezza (Confidentiality Agreement, CA) o Accordi di Non Divulgazione (Non Disclosure Agreement, NDA), strumenti essenziali per tutelare il valore commerciale dell’invenzione (approfondisci: “Accordi di riservatezza (NDA): come proteggere il valore delle informazioni”).
Un brevetto condiviso può trasformarsi in una risorsa strategica o in una fonte di problemi. La differenza la fanno la prevenzione e la capacità di stabilire regole certe, prima che insorgano i conflitti.
Gabriele Rossi