Abstract
Una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21851/2025, nel procedimento avente RG n. 14470/2024) ci offre lo spunto per riflettere ancora una volta su un tema che appassiona tanto gli autori quanto gli operatori del diritto: quando un’opera a fumetti può dirsi davvero “plagiata”? E soprattutto: cosa si può proteggere – e cosa no – secondo la legge sul diritto d’autore?
Immagine: Editore: Sergio Bonelli Editore – Sceneggiatore e soggettista: Davide Rigamonti – Illustratrice: Lucia Arduini
L’antefatto
La vicenda processuale prende le mosse da una controversia in cui veniva lamentato (ingiustamente! Finalmente lo possiamo dire, ad alta voce e con sollievo, oltre che con convinzione) il plagio di un’opera fumettistica – peraltro in gran parte inedita – da parte di altri autori (sceneggiatori, soggettisti, disegnatori) e di una piccola casa editrice.
Le pretese dell’attore, in buona sostanza, si risolvevano in un tentativo di vera e propria appropriazione autoriale su quelli che sono – a tutti gli effetti – archetipi caratteristici del genere sci-fi: lo “scienziato pazzo”, la presenza di cunicoli spazio-temporali, l’apparizione di extraterrestri dotati di capacità telepatiche, e chi più ne ha più ne metta.
Le doglianze dell’attore erano così balzane che persino una notissima casa editrice nazionale di fumetti (non citata in causa e che peraltro aveva un rapporto di collaborazione con l’attore, oltre che con alcuni dei convenuti) riteneva di avere – e in effetti aveva! – le sue buone ragioni per intervenire subito nel procedimento, “in aiuto” delle ben sette parti convenute.
Dopo le sconfitte rimediate in primo e secondo grado (rispettivamente davanti alle sezioni specializzate del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano), l’esoso attore appellante aveva l’ardire di ricorrere in Cassazione, ma anche gli Ermellini gli hanno dato puntualmente torto, non facendosi sfuggire l’occasione di ribadire alcuni concetti centrali in materia di diritto d’autore.
L’idea in sé non è protetta: è la forma a realizzare l’opera
Il primo punto fermo – che vale per i fumetti come per qualsiasi altra opera autoriale – è che le idee non sono protette. Lo sono invece le forme espressive attraverso cui esse vengono rese al pubblico. Non è un tecnicismo: è il cuore del diritto d’autore.
Perché? Perché è ovvio che molte opere nascono da idee simili o condivise: l’eroe che combatte il male, il viaggio iniziatico, la vendetta, il tradimento, la redenzione… sono tutte strutture archetipiche, vecchie come i miti epici e largamente diffuse nella collettività. Una scelta normativa differente, di fatto, regalerebbe a pochi autori il monopolio sull’immaginario collettivo; ed è proprio per questo che la legge tutela non l’idea, ma il modo personale, creativo, soggettivo con cui quell’idea viene espressa. Per usare le parole della Cassazione: «La creatività è cioè da individuare non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero della sua soggettività: la nozione di opera dell’ingegno va riferita non all’idea in sé, ma agli elementi che ne costituiscono declinazione espressiva» (cfr. l’ordinanza oggetto di commento che richiama, a sua volta, Cass. 10 febbraio 2025, n. 3393).
E qui arriviamo alla prima importante conferma della Corte rispetto alle due decisioni di merito: non basta individuare delle somiglianze nei motivi narrativi o in singole sequenze per poter parlare di plagio. Bisogna dimostrare che gli elementi asseritamente copiati siano tratti essenziali, frutto della creatività dell’autore e riconoscibili come tali.
L’opera collettiva e la tutela delle sequenze
Il ricorrente lamentava anche che l’opera a fumetti fosse stata in un certo senso “sminuita” in quanto opera collettiva, quasi che – essendo frutto del contributo di più autori (sceneggiatore, soggettista, disegnatore, colorista…) – venisse meno la piena tutela autorale.
Ovviamente così non è e anche su questo punto la Corte è netta: il fatto che un fumetto sia un’opera collettiva non comporta alcuna diminuzione della protezione, anzi. Affermano testualmente i Giudici: «È escluso infatti, che la Corte territoriale abbia ritenuto che l’unico aspetto tutelabile dell’opera a fumetti sia la complessiva trama narrativa: ha piuttosto negato essere proteggibili i “frammenti contestati”, e cioè proprio quegli “elementi di una vignetta o di una sequenza” che si assume siano stati “copiati o riproposti, per consistenti segmenti, all’interno di altra opera”» (pagina 7 dell’ordinanza in commento).
Il che ci conferma che il plagio e la contraffazione autoriali sono stati esclusi sotto due differenti profili:
– l’opera fumettistica collettiva (cfr. art. 7 legge sul diritto d’autore), nel suo insieme, non è stata violata alla luce dell’incontestabile diversità della trama complessiva delle opere messe a confronto;
– i singoli frammenti narrativi di cui il ricorrente lamentava il plagio, in realtà, non sono stati violati poiché – quand’anche evocativi – non erano davvero simili o, in quanto archetipici, non costituivano forme creative originali.
In buona sostanza, anche la Cassazione ha confermato che non si può pretendere che la legge protegga un’atmosfera, un’ambientazione generica o uno stile narrativo diffuso nel genere fantascientifico o fantasy.
Non tutto ciò che assomiglia è plagio
Ed ecco il cuore della decisione. La Corte afferma che la vicenda sottoposta al suo esame ruotava attorno ad analogie di tipo “archetipico”: simili idee, simili ambientazioni, simili espedienti narrativi. Ma, appunto, si trattava di idee, non di espressioni creative.
E questa distinzione è cruciale: la legge tutela ciò che è unico, non ciò che è tipico.
Pretendere che la comparsa di un personaggio misterioso in un deserto post-apocalittico, o l’uso di una tecnologia aliena, siano di per sé (e da soli) indici di plagio equivarrebbe a dire che tutto il genere della fantascienza sarebbe di fatto proprietà esclusiva di chi l’avesse esplorato per primo. Non è così. Anzi, la legge sul diritto d’autore serve proprio a evitare simili derive.
Si tratta di un principio cardine del diritto d’autore, che non viene in conto solo quando si parli di “letteratura di alto profilo” o in generale di “arte”: anche in tema di banali testi giuridici a uso tecnico professionale, per esempio, proprio la Cassazione (n. 10300/2020) aveva già avuto modo di affermare come un’opera debba essere protetta quando presenti carattere creativo e sia quindi espressione della soggettività del suo autore.
Gli archetipi non sono appropriabili
E qui veniamo a un tema più filosofico, ma fondamentale: nessuno può arrogarsi la proprietà di un archetipo.
Gli archetipi sono figure narrative che appartengono all’immaginario collettivo: il trickster, l’orfano, il redentore, il viaggiatore solitario… Li troviamo nei miti antichi, nei testi religiosi, nei romanzi di formazione, nei manga e nei cinecomics. La loro forza sta nella riconoscibilità e nella risonanza simbolica che producono. Ma proprio perché sono universali, non se ne può “impadronire” nessuno.
Certo, se un autore riuscisse a dare a un dato archetipo una forma così peculiare da renderlo riconoscibile come opera d’ingegno – si pensi a un personaggio caratterizzato al punto da divenire iconico: con tratti unici, costumi, modo di parlare, dinamiche visive originali – allora sì, quella rappresentazione potrebbe e dovrebbe essere tutelata. Ma non l’archetipo in sé.
Conclusione: la creatività soggettiva, non il topos
La Cassazione, in definitiva, ha confermato che l’opera a fumetti è senz’altro tutelabile, ma la tutela autoriale non è una rete a maglie larghe che intrappola tutto ciò che si somiglia perché ispirato dai topoi del genere.
Chi scrive, disegna, crea, è libero di attingere agli archetipi, ai generi, alle strutture del mito: la legge non lo vieta, e anzi lo consente proprio per stimolare la pluralità delle voci artistiche.
Come giuristi, abbiamo sicuramente il compito di proteggere chi davvero abbia da offrire alla collettività un qualcosa di soggettivo e originale, ma anche quello di evitare che la creatività venga castrata da immotivate velleità esclusiviste.
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Data di pubblicazione: 8 Agosto 2025
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Daniele Camaiora
Senior Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano e Cassazionista, appassionato di Nuove Tecnologie, Cinema e Street Art.