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Il caso “Maricón Perdido”: quando un marchio risulta inaccettabile

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Celeste Martinez Di Leo
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Il 25 novembre 2024, la Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO (R 2307/2020-G) ha bocciato la registrazione del marchio “Maricón Perdido”, destinato a promuovere una serie TV. Il motivo? Il termine, secondo la Real Academia Española, ha una connotazione volgare e denigratoria, e il suo utilizzo come marchio è stato ritenuto contrario all’ordine pubblico e al buon costume. Ma quali sono i criteri che rendono un marchio inaccettabile?

Perché l’EUIPO ha bocciato il marchio “Maricón Perdido”?

Il 25 novembre 2024, la Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO nel caso R 2307/2020-G ha respinto la richiesta di registrazione del marchio “Maricón Perdido”, presentata da Turner Broadcasting System Europe Limited. L’espressione, destinata alla promozione di una serie TV, è stata dichiarata contraria all’ordine pubblico e al buon costume, ai sensi dell’articolo 7(1)(f) del Regolamento sul marchio dell’Unione Europea (EUTMR).

Il motivo principale? Il marchio è stato ritenuto offensivo.

La decisione dell’EUIPO si è basata, tra le altre fonti, sulla Real Academia Española (RAE), l’istituzione ufficiale che dal 1713 si occupa della regolamentazione e dello sviluppo della lingua spagnola. La RAE pubblica il Diccionario de la lengua española, l’equivalente spagnolo del Vocabolario della Crusca per l’italiano, e stabilisce le definizioni linguistiche ufficiali in Spagna e nei paesi ispanofoni.

Secondo il dizionario della RAE, il termine “Maricón” è considerato volgare e denigratorio, e viene utilizzato come termine spregiativo per indicare un uomo omosessuale. La parola, pur essendo talvolta usata in contesti ironici o confidenziali tra membri della comunità LGBTQ+, ha ancora un forte valore discriminatorio nel linguaggio comune.

L’aggiunta dell’aggettivo “Perdido” (che in spagnolo significa “perso” o “smarrito”) accentua il carattere dispregiativo. Infatti, secondo la RAE, perdido può riferirsi a una persona “rovinata” o “dominata dai vizi e dalle cattive abitudini”, rendendo l’espressione ancora più carica di significato negativo.

Questa combinazione di termini ha portato l’EUIPO a considerare il marchio inaccettabile.

Ma il nodo centrale della decisione non riguarda solo la definizione linguistica. Il vero fulcro della questione è il criterio con cui si valuta l’offensività di un marchio…

Chi stabilisce se un marchio è offensivo?

L’EUIPO ha chiarito che non conta l’intenzione del richiedente, né il fatto che il termine possa essere stato riappropriato dal gruppo che, in origine, ne era oggetto di discriminazione.

Il parametro adottato è quello del consumatore medio, ossia una persona con un livello di tolleranza e sensibilità nella norma, che potrebbe entrare in contatto con il segno.

Un passaggio chiave della decisione recita:

Lo standard del consumatore medio è cruciale in questo contesto. I termini riappropriati o rivendicati sono spesso sottoposti a un controllo più rigoroso a causa del rischio di offesa pubblica, e per ottenere la registrabilità può essere necessaria una significativa prova della ridefinizione positiva del termine. Se i termini rivendicati continuano a portare con sé una connotazione negativa per una parte sostanziale del pubblico (come risulta ancora in questo caso, secondo le prove richiamate nei paragrafi precedenti), il marchio non è idoneo alla registrazione anche se il gruppo di persone oggetto di denigrazione ha accolto e riappropriato il termine al proprio interno.

Questo significa che, perché un marchio venga accettato, non basta che un termine sia stato recuperato con intento positivo da una minoranza. Deve essere riconosciuto come neutro o accettabile dall’opinione pubblica nel suo complesso.

Ma nel 2025 “Maricón” è ancora percepito come un’offesa dal pubblico generale?

Oggi, il termine “Maricón” è ancora un’offesa?

Il concetto di offesa è mutevole e spesso legato al contesto storico e culturale. Alcuni termini un tempo considerati inaccettabili sono stati riabilitati, ma basta la riappropriazione culturale da parte della minoranza che in passato ne era vittima per rendere un marchio legalmente accettabile e registrabile?

Nel caso “Maricón Perdido”, l’EUIPO ha valutato che, nonostante alcuni progressi nella normalizzazione del termine, esso continua ad avere una connotazione negativa per una parte significativa del pubblico.

D’altra parte, la sensibilità linguistica cambia nel tempo, e la storia è piena di esempi curiosi. Nei primi anni della RAI, alcune parole oggi comuni erano bandite dalla televisione per motivi di decoro: “magnifica” era evitata per la desinenza -fica, ritenuta potenzialmente volgare; “coscia” era sostituita con “parte alta della gamba”; “membro”, anche quando riferito a un’associazione, era considerato inappropriato. Se oggi questi termini non creano più scandalo, altri vocaboli continuano a essere considerati offensivi o inadatti a un uso commerciale.

Questo criterio riflette una regola precisa: se una parola viene ancora percepita come offensiva da una fetta rilevante della popolazione, non può essere registrata come marchio.

In altre parole, la lingua è in continua evoluzione, ma la normativa sui marchi non può anticipare i cambiamenti sociali se questi non sono ancora largamente accettati.

A questo punto, però, sorge un’altra domanda: fino a che punto si può limitare la registrazione di un marchio senza violare la libertà di espressione?

Qual è il limite da non oltrepassare?

Il divieto di registrare marchi offensivi non è arbitrario. L’articolo 7(1)(f) del EUTMR ha l’obiettivo di:

  • garantire che il sistema di registrazione dei marchi non offenda valori fondamentali condivisi;
  • preservare l’integrità del mercato interno evitando che segni inappropriati possano acquisire una legittimazione commerciale.

Come chiarito nel Regolamento:

Sono esclusi dalla registrazione i marchi contrari all’ordine pubblico o al buon costume.

Il concetto di ordine pubblico fa riferimento ai principi fondamentali della convivenza civile e della sicurezza giuridica, mentre il buon costume riguarda le norme etiche generalmente accettate dalla società (approfondisci: Moralità e ordine pubblico: quali sono i marchi vietati dalla legge).

L’EUIPO, con questa decisione, ha stabilito che il linguaggio commerciale non può ignorare questi valori, neanche quando si tratta di intenti creativi o ironici.

Il caso “Maricón Perdido” dimostra quanto sia essenziale valutare attentamente l’impatto culturale e sociale di un marchio prima di presentare una domanda di registrazione.

Per le aziende, la libertà di espressione resta garantita, ma va bilanciata con la responsabilità e la libertà altrui.

 

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 27 Febbraio 2025

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