Abstract
Questo contributo esamina il caso della Pascaline, antica macchina per il calcolo ideata da Blaise Pascal nel XVII secolo, la cui vendita all’asta — prevista da Christie’s nel novembre 2025 — è stata sospesa in via d’urgenza dal Tribunal administratif de Paris. L’episodio ha riattivato un dibattito giuridico nel campo del diritto dell’arte e dei beni culturali: fino a che punto l’interesse pubblico può comprimere la libertà contrattuale e la circolazione internazionale di un bene scientifico o tecnico, non formalmente artistico, ma riconosciuto come patrimonio identitario? L’analisi ripercorre la vicenda alla luce della disciplina francese e italiana, soffermandosi sulle nozioni di tesoro nazionale, autorizzazione all’esportazione e due diligence. Il caso Pascaline — oggetto simbolico in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale — invita a una riflessione aggiornata sul ruolo delle macchine storiche tra arte, scienza e memoria pubblica.
La prima macchina che pensò per noi
Nel 1642, un diciannovenne francese di nome Blaise Pascal costruì una macchina per aiutare il padre a fare i conti. Étienne Pascal, esattore fiscale in Normandia, affrontava ogni giorno colonne di cifre da sommare e sottrarre e suo figlio, Blaise, che di numeri se ne intendeva, progettò per lui un congegno meccanico che potesse automatizzare parte del lavoro. Lo fece con ruote dentate, alberi mobili e una precisione che oggi definiremmo ingegneristica. La chiamò — o meglio, fu chiamata — Pascaline.
È considerata la prima calcolatrice meccanica funzionante della storia.
Un oggetto in grado di affiancare il pensiero umano nell’elaborazione aritmetica, rendendo automatiche le operazioni di addizione e sottrazione. Non era ancora un computer, ma già allora poneva una domanda radicale: cosa accade quando una macchina comincia a “pensare” al posto nostro?
La portata rivoluzionaria della Pascaline fu chiara anche ai contemporanei. Perfino Luigi XIV ne riconobbe il valore e concesse a Pascal un privilegio esclusivo per la produzione. Scienziati come Gilles de Roberval ne lodarono l’efficacia, e il nome dell’inventore divenne sinonimo della macchina stessa.
Non era un caso isolato. Nei sette anni successivi, Blaise Pascal sviluppò e perfezionò più versioni della sua creatura. Alcune erano tarate sul sistema decimale, altre sul sistema monetario francese dell’epoca (livre, sols, deniers), altre ancora sulle unità di misura pre-metriche. Ogni macchina era concepita per un’applicazione pratica, che fosse fiscale, commerciale o topografica.
Realizzarle non era semplice. La complessità costruttiva era tale da limitarne la diffusione. Oggi, dopo quasi quattro secoli, si conoscono soltanto otto Pascaline originali.
Cinque sono conservate in musei francesi, due in istituzioni estere, mentre l’ottavo esemplare, rimasto per decenni in mani private, prima che ne venisse recentemente messo in vendita, a Parigi.
Ed è proprio da qui che la storia antica si intreccia con l’attualità. Perché quella vendita — programmata da Christie’s per novembre 2025 — non si è mai tenuta e il caso è finito in Tribunale.
Ne ha parlato Le Monde, rilanciato da The Guardian: la Pascaline è diventata il centro di una contesa tra mercato, scienza e diritto.
Questa vendita non s’ha da fare
Il 19 novembre 2025, la casa d’aste Christie’s avrebbe dovuto battere a Parigi un rarissimo esemplare originale di Pascaline del XVII secolo.
L’oggetto, proveniente dalla collezione privata dell’ingegnere Léon Parcé, scomparso nel 2023, era stato presentato al mercato come “il più importante strumento scientifico mai offerto in un’asta”. Le stime oscillavano tra i 2 e i 3 milioni di euro, cifra giustificata tanto dalla sua unicità quanto dalla sua rilevanza storica (per ulteriori dettagli tecnici sull’esemplare in asta, si veda la scheda di catalogo pubblicata da Christie’s, consultata a novembre 2025).
L’interesse dei collezionisti era già elevato, alimentato anche da un fitto ciclo di esposizioni internazionali: Parigi, Hong Kong, New York. Eventi resi possibili da un elemento tecnico-giuridico tutt’altro che secondario: nel marzo 2025, lo Stato francese aveva rilasciato il certificato di esportazione, autorizzando formalmente la circolazione internazionale del bene.
Nulla, in apparenza, lasciava presagire un’imminente battuta d’arresto. Eppure, poche ore prima dell’incanto, è intervenuto un provvedimento giudiziario che ha sospeso tutto.
Il Tribunal administratif de Paris, su ricorso d’urgenza presentato da un gruppo di associazioni e studiosi, ha disposto la sospensione immediata del certificato d’esportazione. Di fatto, ha bloccato la vendita.
Secondo il giudice dei referé, l’oggetto in asta presenta un “valore storico e scientifico tale da far sorgere un dubbio serio sulla legittimità dell’autorizzazione” e sulla sua mancata qualificazione come “trésor national” (artt. L.111-1(5°), L.111-2 e L.111-4 del Code du patrimoine; art. L.521-1 del Code de justice administrative).
In assenza di quel certificato, un acquirente straniero non avrebbe potuto esportare legalmente l’oggetto fuori dalla Francia. Christie’s ha preso atto del provvedimento e ha ritirato il lotto, definendo la sospensione una misura “provvisoria”, in attesa di una decisione nel merito. Ma nel frattempo, la Pascaline resta sotto tutela, e l’asta non si è mai tenuta.
I giudici amministrativi, nella motivazione, non usano mezzi termini:
“Tenuto conto della sua rarità, del suo stato di conservazione e dell’assenza di altri esemplari con le stesse caratteristiche nelle collezioni pubbliche, [la Pascaline] presenta tutti i tratti di un bene culturale nazionale.” (Ord. n. 2533061/5, 18 novembre 2025)
L’eventuale riconoscimento della Pascaline come “tesoro nazionale” comporterebbe il divieto assoluto di esportazione e aprirebbe la strada a una possibile acquisizione da parte dello Stato o di istituzioni culturali pubbliche.
La Pascaline è un “trésor national”?
Il paradosso, qui, è evidente: il ritiro del lotto impedisce — per ora — il suo passaggio in mani private, ma consente che tutti possano ancora goderne. È lo snodo classico tra interesse privato, interesse pubblico e interesse nazionale. E la Pascaline, in questo gioco di forze, è diventata un caso scuola.
Il caso dimostra come, anche in assenza di vincoli formali, la libertà contrattuale e il diritto di proprietà su un bene culturale possano essere legittimamente compressi in nome dell’interesse generale.
Non è una novità per chi si occupa di diritto del patrimonio, ma qui la dinamica è emersa con chiarezza: un bene tecnicamente non vincolato — anzi, di recente formalmente esportabile — può tornare sotto attenzione pubblica e diventare oggetto di un riesame d’urgenza.
È quello che è accaduto con la Pascaline.
La calcolatrice topografica di Pascal, progettata per l’arpentage, non era ancora classificata come “trésor national”. Il certificato di esportazione, rilasciato dalla ministra della cultura il 5 maggio 2025, ne autorizzava senza riserve la circolazione fuori dal territorio francese.
Eppure, su ricorso di associazioni e studiosi, il Tribunal administratif de Paris ha riconosciuto che:
“La decisione contestata pregiudica in modo grave e immediato un interesse pubblico” e
“la macchina a calcolare inventata da Blaise Pascal […] presenta tutti i tratti di un bene culturale nazionale” (ord. n. 2533061/5, 18 novembre 2025).
In presenza di un dubbio serio sulla legittimità dell’atto amministrativo e di una condizione di urgenza, il certificato è stato sospeso ai sensi dell’art. L. 521-1 del Code de justice administrative. La cornice normativa sostanziale è invece contenuta nel Code du patrimoine, agli articoli L. 111-1(5°), L. 111-2 e L. 111-4, che definiscono la nozione di “trésor national” e disciplinano i presupposti per la sua protezione.
Nel diritto francese, la qualificazione come tesoro nazionale comporta il divieto assoluto di esportazione, anche se il bene appartiene a un soggetto privato pienamente legittimato. La legge consente inoltre allo Stato o ad altri enti pubblici di acquisire il bene a condizioni di mercato, una volta che il vincolo venga formalizzato.
È una compressione della proprietà privata, certo. Ma è una compressione giustificata dal fatto che alcuni oggetti incarnano un valore culturale, storico o scientifico “eccezionale”, non rimpiazzabile.
Nell’ordinanza, il giudice rileva che la ministra non ha proceduto all’esame dell’interesse storico, artistico o archeologico del bene, come richiesto dall’art. R. 111-8 del Code du patrimoine, né ha consultato la Commissione dei tesori nazionali, in violazione dell’art. R. 111-11.
Da qui — testualmente — l’errore di valutazione: non aver riconosciuto che l’oggetto fosse potenzialmente indisponibile alla libera circolazione, con la conseguente necessità di riesaminare la decisione amministrativa presa, forse troppo frettolosamente.
E ora, la Pascaline è ferma. Eppure, mai così centrale. Proprio il diritto le ha restituito visibilità. E la discussione, ormai, è tutta pubblica.
Cosa ci ricorda il caso Pascaline?
È difficile ignorare l’effetto di risonanza che ha avuto il contesto culturale attuale. La Pascaline riemerge in un momento in cui l’intelligenza artificiale è al centro del dibattito pubblico, e il concetto stesso di “macchina che pensa” non è più soltanto una suggestione filosofica, ma una realtà tecnologica quotidiana.
Che uno dei primi dispositivi meccanici progettati per calcolare — con ruote e ingranaggi — torni oggi al centro di un contenzioso sulla tutela culturale non è solo una coincidenza temporale. È il segno che la memoria tecnica ha acquisito nuova rilevanza simbolica, proprio perché il nostro presente ne esaspera le promesse e i rischi.
A questo si aggiunge la sua rarità oggettiva: otto esemplari noti al mondo, uno solo in mani private. E l’esemplare ritirato dall’asta era anche l’unico destinato all’arpentage: una combinazione di unicità materiale e rilevanza culturale che, nel 2025, non poteva più passare inosservata.
Questo caso, giuridico e mediatico, parla chiaramente a chi opera nel mercato dell’arte e dei beni culturali — in Francia come altrove. Non riguarda soltanto un oggetto raro, ma un’intera categoria di beni la cui rilevanza può emergere improvvisamente, a prescindere da vincoli preesistenti.
L’episodio dimostra che neppure un’autorizzazione formale all’esportazione è definitiva per natura. Può essere sospesa, riesaminata, revocata. Soprattutto quando a sollecitare l’intervento sono soggetti portatori di un interesse pubblico qualificato: associazioni culturali, studiosi, istituzioni scientifiche. In questo caso, la mobilitazione è partita da loro. E il giudice ha riconosciuto che la tutela del patrimonio può, in certe circostanze, prevalere su “nulla osta” all’apparenza cristallini.
Per il mercato e per gli operatori del settore, il boccone è amaro da buttar giù: non basta sapere se un bene è vincolato o meno. Serve chiedersi se quella condizione sia fondata e se possa effettivamente restare immutata. La due diligence non può limitarsi a verificare l’esistenza di divieti espressi: deve estendersi anche a profili emergenti di valore culturale, storico o scientifico.
Il messaggio vale anche per il contesto italiano. La nostra disciplina prevede strumenti paralleli:
- la dichiarazione di interesse culturale (art. 13 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.lgs. 42/2004),
- il divieto di uscita dal territorio nazionale per i beni vincolati (art. 65),
- la prelazione statale nei casi di alienazione (artt. 60–62),
- il potere di annullamento o sospensione del nulla osta all’uscita, qualora emergano nuovi elementi di valore culturale (art. 66, comma 2).
Anche in Italia, quindi, la tutela può attivarsi su beni formalmente “non protetti”, che l’amministrazione, anche su segnalazione esterna, valuti improvvisamente come meritevoli di protezione pubblica.
Questo vale in particolare per i beni scientifici, tecnici o strumentali, spesso esclusi dal canone tradizionale dell’arte. Eppure, la Pascaline è esattamente questo: una macchina, non un quadro. Ma una macchina che segna una soglia storica: il momento in cui l’intelligenza meccanica ha cominciato ad affiancare il pensiero umano. È proprio per questo che studiosi e scienziati ne hanno chiesto — e ottenuto — la tutela.
Il destino della Pascaline è ancora incerto. Ma ciò che ha già generato è un chiarimento importante. Oggi sappiamo — o dovremmo sapere — che ci sono oggetti che sfuggono ai radar delle classificazioni ordinarie, ma che parlano direttamente della nostra storia collettiva. Ed è per questo motivo che il loro valore simbolico non può mai essere dato per scontato.
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Data di pubblicazione: 25 Novembre 2025
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Arlo Canella
Managing & founding partner, avvocato del Foro di Milano e cassazionista, responsabile formazione e ricerca indipendente dello Studio CC®.
