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Il marchio “MAGIC PUSSY” e il rischio di censura in EU

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Margherita Manca
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Un marchio può essere rifiutato per motivi di moralità? Il caso “MAGIC PUSSY” ha sollevato un acceso dibattito sulla discrezionalità dell’EUIPO nel valutare cosa sia offensivo e cosa no. Dopo un iniziale rifiuto per presunta volgarità, la decisione è stata ribaltata in appello. Questo caso evidenzia i limiti normativi e il pericolo di censure arbitrarie nel diritto dei marchi. Scopri cosa è successo e quali sono le implicazioni per le aziende.

Marchi e moralità: chi decide cosa è accettabile?

Nel diritto dei marchi, esistono regole chiare e criteri oggettivi, ma anche principi più sfumati, che lasciano spazio a interpretazioni soggettive. Uno di questi è la moralità: fino a che punto un nome commerciale può essere considerato accettabile? Chi stabilisce se un marchio è offensivo o semplicemente provocatorio?

Il caso del marchio “MAGIC PUSSY” rappresenta un esempio caratteristico di questa problematica. Una società lettone ha presentato domanda per registrare il nome in relazione a prodotti a base di caffè e cioccolato, sia fisici che virtuali. Tuttavia, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) ha inizialmente bloccato la richiesta, sostenendo che la parola “PUSSY” potesse essere percepita come volgare e contraria alla morale pubblica.

Se da un lato questa motivazione potrebbe sembrare giustificata, dall’altro emergono questioni di coerenza e uniformità nelle decisioni dell’EUIPO. Il termine “PUSSY” ha molteplici significati: il più comune è “gattino”, ma può anche avere connotazioni volgari in inglese. Tuttavia, sono già stati registrati numerosi marchi contenenti la stessa parola, senza contestazioni. Perché, allora, in questo caso il termine è stato considerato inaccettabile?

Perché l’EUIPO ha rifiutato il marchio “MAGIC PUSSY”?

Per comprendere il rifiuto dell’EUIPO, è necessario esaminare la normativa di riferimento. Il Regolamento UE 2017/1001 sui marchi stabilisce i criteri per la registrabilità di un segno distintivo e, all’articolo 7, paragrafo 1, lettera f), vieta l’accettazione di marchi “contrari all’ordine pubblico o al buon costume” (approfondisci: Moralità e ordine pubblico: quali sono i marchi vietati dalla legge di C. Martinez Di Leo).

L’obiettivo di questa disposizione è chiaro: evitare la registrazione di marchi che possano risultare offensivi, discriminatori o lesivi della dignità umana. Tuttavia, applicare questa norma può risultare complesso, specialmente nei casi in cui il confine tra provocazione e offesa non è netto (vedi anche: Considerazioni sulla liceità dei marchi: un’analisi del caso ‘Pablo Escobar’).

Uno dei principali problemi di questa disposizione è la mancanza di una definizione chiara di ciò che costituisce un marchio contrario alla morale pubblica. Il concetto di moralità è fluido, variando nel tempo e nello spazio: un termine considerato offensivo in un determinato contesto culturale può risultare innocuo altrove. Ad esempio, parole ritenute volgari negli Stati Uniti potrebbero non avere la stessa connotazione nei Paesi baltici o in altre parti dell’UE.

Inoltre, la discrezionalità dell’EUIPO nel valutare questi aspetti può portare a decisioni incoerenti. Il caso “MAGIC PUSSY” ne è un esempio: mentre questo marchio è stato rifiutato, altri contenenti la stessa parola, come “PUSSYDELUXE”,“PUSSYLOUNGE” e “#NOT4PUSSY”, sono stati accettati senza problemi. Se il termine fosse intrinsecamente volgare e inaccettabile, allora perché è stato accettato in altri contesti?

Un ulteriore aspetto da considerare è la categoria merceologica dei prodotti legati al marchio. Nel caso specifico, il termine sarebbe stato associato a caffè e cioccolato, beni di largo consumo senza alcuna connessione con contenuti volgari. Può davvero un consumatore medio percepire un riferimento sessuale in un marchio legato a prodotti alimentari?

Il rischio di una valutazione moralistica soggettiva è quindi evidente: se non vengono stabiliti criteri chiari e uniformi, il diritto dei marchi potrebbe trasformarsi in uno strumento di censura discrezionale, penalizzando aziende e creatività imprenditoriale.

Come si è concluso il caso? Il ribaltamento della decisione

Dopo il rifiuto dell’EUIPO, la società lettone ha presentato ricorso alla Commissione dei Ricorsi, sollevando quattro argomenti principali:

  • il termine “PUSSY” ha molteplici significati e il pubblico non lo assocerebbe automaticamente a un riferimento volgare. La presenza della parola “MAGIC” rafforza un’interpretazione giocosa o fantasiosa;
  • l’EUIPO ha già registrato altri marchi contenenti la stessa parola. Se un termine è stato ritenuto accettabile in passato, non dovrebbe essere improvvisamente respinto senza una motivazione concreta;
  • il marchio è destinato a prodotti di uso comune come caffè e cioccolato, senza alcuna connessione con contenuti esplicitamente volgari o offensivi;
  • il rifiuto dell’EUIPO rappresenta una limitazione eccessiva della libertà d’impresa. Il diritto dei marchi non deve regolamentare il cattivo gusto, ma solo impedire registrazioni che risultino realmente offensive per la collettività.

Dopo aver esaminato il caso, la Commissione dei Ricorsi ha ribaltato la decisione dell’EUIPO, stabilendo che il marchio non poteva essere considerato intrinsecamente offensivo. Il ragionamento seguito è stato il seguente:

  • non tutte le parole con una possibile accezione volgare risultano automaticamente inaccettabili;
  • l’aggiunta della parola “MAGIC” riduce il rischio di un’interpretazione negativa, rafforzando il carattere giocoso del marchio;
  • la presenza di marchi simili già registrati dimostra che l’EUIPO avrebbe dovuto garantire una maggiore coerenza nella sua valutazione.

Questa decisione è importante perché rafforza il principio di prevedibilità nel diritto dei marchi. Se le valutazioni dell’EUIPO fossero eccessivamente soggettive, le aziende si troverebbero a dover autocensurare le proprie scelte commerciali, temendo rifiuti arbitrari.

Il caso “MAGIC PUSSY” dimostra quanto sia difficile stabilire cosa sia moralmente accettabile e mette in luce la necessità di criteri più chiari e coerenti per la registrazione dei marchi. La moralità è un concetto importante, ma non deve diventare uno strumento di censura discrezionale.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 14 Aprile 2025
Ultimo aggiornamento: 15 Aprile 2025

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Margherita Manca

Avvocato presso lo Studio Legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano, si occupa di diritto industriale
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