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Un marchio può essere rifiutato per motivi di moralità? Il caso “MAGIC PUSSY” ha sollevato un acceso dibattito sulla discrezionalità dell’EUIPO nel valutare cosa sia offensivo e cosa no. Dopo un iniziale rifiuto per presunta volgarità, la decisione è stata ribaltata in appello. Questo caso evidenzia i limiti normativi e il pericolo di censure arbitrarie nel diritto dei marchi. Scopri cosa è successo e quali sono le implicazioni per le aziende.
Nel diritto dei marchi, esistono regole chiare e criteri oggettivi, ma anche principi più sfumati, che lasciano spazio a interpretazioni soggettive. Uno di questi è la moralità: fino a che punto un nome commerciale può essere considerato accettabile? Chi stabilisce se un marchio è offensivo o semplicemente provocatorio?
Il caso del marchio “MAGIC PUSSY” rappresenta un esempio caratteristico di questa problematica. Una società lettone ha presentato domanda per registrare il nome in relazione a prodotti a base di caffè e cioccolato, sia fisici che virtuali. Tuttavia, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) ha inizialmente bloccato la richiesta, sostenendo che la parola “PUSSY” potesse essere percepita come volgare e contraria alla morale pubblica.
Se da un lato questa motivazione potrebbe sembrare giustificata, dall’altro emergono questioni di coerenza e uniformità nelle decisioni dell’EUIPO. Il termine “PUSSY” ha molteplici significati: il più comune è “gattino”, ma può anche avere connotazioni volgari in inglese. Tuttavia, sono già stati registrati numerosi marchi contenenti la stessa parola, senza contestazioni. Perché, allora, in questo caso il termine è stato considerato inaccettabile?
Per comprendere il rifiuto dell’EUIPO, è necessario esaminare la normativa di riferimento. Il Regolamento UE 2017/1001 sui marchi stabilisce i criteri per la registrabilità di un segno distintivo e, all’articolo 7, paragrafo 1, lettera f), vieta l’accettazione di marchi “contrari all’ordine pubblico o al buon costume” (approfondisci: Moralità e ordine pubblico: quali sono i marchi vietati dalla legge di C. Martinez Di Leo).
L’obiettivo di questa disposizione è chiaro: evitare la registrazione di marchi che possano risultare offensivi, discriminatori o lesivi della dignità umana. Tuttavia, applicare questa norma può risultare complesso, specialmente nei casi in cui il confine tra provocazione e offesa non è netto (vedi anche: Considerazioni sulla liceità dei marchi: un’analisi del caso ‘Pablo Escobar’).
Uno dei principali problemi di questa disposizione è la mancanza di una definizione chiara di ciò che costituisce un marchio contrario alla morale pubblica. Il concetto di moralità è fluido, variando nel tempo e nello spazio: un termine considerato offensivo in un determinato contesto culturale può risultare innocuo altrove. Ad esempio, parole ritenute volgari negli Stati Uniti potrebbero non avere la stessa connotazione nei Paesi baltici o in altre parti dell’UE.
Inoltre, la discrezionalità dell’EUIPO nel valutare questi aspetti può portare a decisioni incoerenti. Il caso “MAGIC PUSSY” ne è un esempio: mentre questo marchio è stato rifiutato, altri contenenti la stessa parola, come “PUSSYDELUXE”,“PUSSYLOUNGE” e “#NOT4PUSSY”, sono stati accettati senza problemi. Se il termine fosse intrinsecamente volgare e inaccettabile, allora perché è stato accettato in altri contesti?
Un ulteriore aspetto da considerare è la categoria merceologica dei prodotti legati al marchio. Nel caso specifico, il termine sarebbe stato associato a caffè e cioccolato, beni di largo consumo senza alcuna connessione con contenuti volgari. Può davvero un consumatore medio percepire un riferimento sessuale in un marchio legato a prodotti alimentari?
Il rischio di una valutazione moralistica soggettiva è quindi evidente: se non vengono stabiliti criteri chiari e uniformi, il diritto dei marchi potrebbe trasformarsi in uno strumento di censura discrezionale, penalizzando aziende e creatività imprenditoriale.
Dopo il rifiuto dell’EUIPO, la società lettone ha presentato ricorso alla Commissione dei Ricorsi, sollevando quattro argomenti principali:
Dopo aver esaminato il caso, la Commissione dei Ricorsi ha ribaltato la decisione dell’EUIPO, stabilendo che il marchio non poteva essere considerato intrinsecamente offensivo. Il ragionamento seguito è stato il seguente:
Questa decisione è importante perché rafforza il principio di prevedibilità nel diritto dei marchi. Se le valutazioni dell’EUIPO fossero eccessivamente soggettive, le aziende si troverebbero a dover autocensurare le proprie scelte commerciali, temendo rifiuti arbitrari.
Margherita Manca