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Nella sentenza in esame, il Tribunale di Bologna (n. 2713/2022) si è espresso sulla distinzione tra plagio e rielaborazione/aggiornamento di un programma per elaboratore.
La società Alfa Srl citava in giudizio le società Beta Srl e Gamma SpA al fine di chiedere al tribunale di accertare che il software “X” distribuito e commercializzato dalle convenute costituiva plagio del suo software “Y”, in violazione dell’art. 64-bis della Legge sul diritto d’autore (L. 633/1941), nonché atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 Codice Civile.
Le società convenute contestavano le accuse mosse da Alfa, negando di aver commesso plagio o concorrenza sleale. Affermavano, infatti, di aver acquisito in buona fede e a titolo di licenza il software “X” dalla società Delta SpA. Pertanto, chiedevano il rinvio dell’udienza per poter chiamare in causa tale società, che si costituiva a sua volta in giudizio contestando le domande di regresso/manleva delle convenute.
Veniva quindi autorizzata la chiamata in causa del Sig. B., ex dipendente di Alfa, che dichiarava di essere l’autore del software “Y” nonché di aver avuto un ruolo rilevante nella creazione del software “X”.
L’art. 64-bis della Legge sul diritto d’autore ha l’obiettivo di proteggere i diritti di privativa dei software e disciplinare la responsabilità per la contraffazione o il plagio di tali opere.
La norma mira a prevenire e sanzionare il comportamento di chi, senza autorizzazione, riproduce, distribuisce o commercializza programmi che costituiscono una copia non autorizzata o una riproduzione parziale o totale di un programma preesistente.
Considerando il ruolo di autore del software del Sig. B., viene in rilievo anche l’art. 12-bis della Legge sul diritto d’autore il quale prevede che il datore di lavoro sia il titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del software creato dal lavoratore dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni.
Tale articolo riflette un principio lavoristico generale che vede l’imprenditore acquisire i risultati del lavoro svolto dal dipendente senza necessità di alcun atto di trasferimento e come effetto naturalmente derogabile del contratto.
Il Tribunale ha ritenuto che le società convenute fossero responsabili anche per aver compiuto atti di concorrenza sleale, poiché in violazione dei principi di correttezza professionale.
Infatti, ai sensi dell’art. 2589, co. 3, Codice Civile compie atti di concorrenza sleale chiunque “[…] si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”.
Nel caso di specie la condotta di commercializzazione del programma “X” è stata considerata un indebito e parassitario sfruttamento degli sforzi progettuali e organizzativi di Alfa, causando un pregiudizio a quest’ultima.
Il Tribunale, sulla base delle prove acquisite nel processo, riteneva che le domande presentate dalla società Alfa, relativamente al plagio, fossero meritevoli di essere accettate almeno in parte.
In particolare, nel corso della controversia, è emerso che il Sig. B., al momento delle sue dimissioni, aveva conservato una copia dei dati del software di titolarità di Alfa.
La consulenza tecnica d’ufficio confermava che il programma “X” – alla cui creazione il Sig. B. aveva dato un contributo significativo – costituiva una riproduzione non autorizzata del programma “Y” e che il codice sorgente conteneva parole chiave e refusi a dimostrazione della connessione tra i due progetti.
La documentazione presentata dimostrava che le società convenute avevano rapporti societari, commerciali e imprenditoriali con Delta, che forniva il programma “X”. Pertanto, risultava ragionevole ritenere che le società convenute avessero acquisito il programma “X” da Delta e lo avessero successivamente commercializzato, consapevoli della sua natura derivata e contraffattiva.
Infatti, secondo l’orientamento giurisprudenziale, per concorrere all’illecito contraffattivo, è sufficiente che il terzo contribuisca causalmente alla realizzazione dell’illecito. Pertanto, entrambe le società convenute sono responsabili per il plagio del software di titolarità di Alfa.
Pertanto, sulla base di quanto deciso dal Tribunale, è emerso che l’adattamento di un software al fine della sua commercializzazione costituisce una riproduzione, sia pure parziale, non consentita e non autorizzata, e non una rielaborazione creativa e originale, ma neppure una sua modificazione essenziale all’uso del software o a fini di interoperabilità con altri programmi.
Margherita Manca