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Malattia e assenza dal lavoro: diritti, doveri e i rischi per il dipendente

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Debora Teruggia
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Nel diritto del lavoro, la malattia del dipendente rappresenta una causa legittima di assenza, ma solo se gestita correttamente. Comunicazioni tempestive, certificazioni mediche valide e rispetto delle fasce di reperibilità sono condizioni indispensabili per non perdere l’indennità e non incorrere in sanzioni disciplinari. In questo articolo analizziamo cosa può (e non può) fare il lavoratore in malattia, quali comportamenti sono ritenuti illeciti e come difendersi in caso di contestazione. Una guida pratica per evitare errori formali e tutelare i propri diritti.

Malattia e obblighi del lavoratore

Quando un lavoratore si assenta per malattia, ha diritto a un’indennità sostitutiva della retribuzione, come previsto dal Decreto Legislativo 151/2001. Il periodo di malattia serve al recupero psico-fisico del dipendente, che deve attenersi alle indicazioni del medico curante, riposando e curandosi.
Tuttavia, per non perdere l’indennità e evitare contestazioni disciplinari, il lavoratore è tenuto a rispettare alcuni obblighi fondamentali:

  • Comunicare tempestivamente l’assenza al datore di lavoro, preferibilmente in forma scritta;
  • Fornire il certificato medico, indicando il numero di protocollo del documento trasmesso telematicamente dal medico. In alternativa, è possibile consegnarlo in formato cartaceo entro due giorni dal rilascio. Questo è l’unico documento che attesta ufficialmente l’incapacità temporanea a lavorare.

Nella pratica quotidiana, però, la gestione della malattia è spesso più complessa. Cosa succede, ad esempio, se non si riesce a ottenere subito il certificato? In questi casi, i primi giorni di assenza rischiano di non essere riconosciuti. Alcuni medici, se ritengono clinicamente fondata l’infermità del paziente, possono retrodatare l’inizio della malattia al giorno precedente la visita. Altrimenti, il lavoratore dovrà giustificare il ritardo con documentazione aggiuntiva, come un referto di pronto soccorso.

Un’altra criticità riguarda i casi di malattia prolungata oltre la prognosi iniziale. Qui è necessario ottenere un nuovo certificato medico, che attesti l’estensione dell’assenza. Se il medico non lo invia tempestivamente, può generarsi un vuoto amministrativo che interrompe la copertura INPS e apre la strada a possibili sanzioni.

Infine, se il lavoratore si sente guarito prima del termine indicato e rientra in azienda senza certificazione aggiornata, il datore di lavoro può legittimamente rifiutare il rientro. Il ritorno anticipato è possibile solo previa rettifica del certificato medico.

Tutte queste situazioni dimostrano quanto la gestione della malattia richieda attenzione e consapevolezza. Ma cosa succede se il lavoratore, durante la malattia, viene trovato fuori casa?

L’obbligo del lavoratore di essere reperibile

Oltre alla comunicazione dell’assenza e alla certificazione medica, il lavoratore è tenuto a rimanere reperibile presso il domicilio indicato, durante le fasce orarie previste per la visita fiscale. Se la malattia lo coglie, ad esempio, mentre è in ferie o fuori sede, deve comunicare tempestivamente l’indirizzo alternativo all’INPS e al datore di lavoro.

Questa non è una mera formalità: si tratta di un obbligo di collaborazione con gli enti preposti al controllo, come il datore stesso o l’INPS. Il lavoratore deve infatti agevolare l’effettuazione delle visite mediche di verifica, pena la perdita dell’indennità e possibili sanzioni disciplinari.

Non farsi trovare durante la visita fiscale, omettere la comunicazione del cambio di domicilio, oppure rifiutare la visita medica, non sono semplici negligenze: sono violazioni gravi, che possono compromettere i diritti economici e la fiducia nel rapporto di lavoro (per un approfondimento, consigliamo la lettura dell’articolo: Visite fiscali e obbligo di reperibilità: cosa succede se il lavoratore non è in casa?).

Ma durante la malattia, cosa può (e non può) fare il lavoratore senza rischiare sanzioni?

Cosa può (e non può) fare il lavoratore in malattia?

Essere in malattia non significa necessariamente dover rimanere a letto tutto il giorno, ma nemmeno godere di libertà illimitata. Il comportamento del lavoratore, anche al di fuori delle fasce di reperibilità, deve essere coerente con lo stato di salute dichiarato.

Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione (ex multis, Cass. civ., Sez. lavoro, n. 21667/2017; Cass. civ., ordinanza n. 26496/2018), il dipendente in malattia non può svolgere attività che:

  • mettano in dubbio la reale esistenza della malattia;
  • rallentino o ostacolino la guarigione;
  • compromettano la pronta ripresa del lavoro.

Ad esempio, la Cassazione n. 24812/2016 ha confermato il licenziamento disciplinare di una lavoratrice in malattia per sindrome del tunnel carpale, sorpresa a svolgere mansioni da gelataia. Similmente, con ordinanza n. 23852/2024, è stata ritenuta legittima la sanzione per un dipendente che, durante la malattia, giocava una partita di calcio. E ancora, nella sentenza n. 17113/2016, il sollevamento di pesi da parte di un lavoratore affetto da lombalgia ha giustificato il licenziamento per giusta causa.

Tuttavia, esistono anche eccezioni. Nella recente sentenza Cass. Sez. Lav. n. 30722/2024, un lavoratore in malattia per disturbi d’ansia è stato sorpreso a cantare in un piano bar. In quel caso, la Corte ha ritenuto che l’attività artistica non pregiudicasse la guarigione, anzi, potesse favorire il recupero psicofisico.

Il principio guida, quindi, è che ogni comportamento deve essere valutato caso per caso, considerando la patologia e le mansioni del lavoratore. Anche fuori dalle fasce di reperibilità, è necessario adottare una condotta coerente con il quadro clinico.

In caso di sospetti, il datore di lavoro può avvalersi di investigatori privati, i cui riscontri – i cosiddetti controlli difensivi – possono essere utilizzati per avviare procedimenti disciplinari, fino al licenziamento.

Ma quali sono i reali rischi per il lavoratore e come può tutelarsi in caso di contestazione?

Cosa rischia il lavoratore in caso di assenza ingiustificata?

Le conseguenze di una gestione superficiale della malattia possono essere molto serie, andando da semplici richiami disciplinari fino al licenziamento per giusta causa. Le violazioni più frequenti riguardano la trasmissione tardiva del certificato medico, l’assenza ingiustificata alla visita fiscale o lo svolgimento di attività incompatibili con la patologia dichiarata.

Il primo passo è analizzare con attenzione la contestazione disciplinare ricevuta. Ogni parola può fare la differenza: il datore di lavoro ha l’obbligo di descrivere in modo preciso i fatti contestati e le norme interne violate. Una lettura superficiale può compromettere la possibilità di difendersi efficacemente.

È poi fondamentale verificare la fondatezza delle accuse. Il certificato è stato effettivamente trasmesso in ritardo? C’erano motivi oggettivi (come problemi tecnici o sanitari) che giustificano l’inadempimento? Se si è saltata la visita fiscale, ci sono prove che attestino un impedimento legittimo? E, nel caso venga contestata un’attività ritenuta incompatibile, è davvero tale da compromettere la guarigione o il rientro?

A questo punto, è cruciale raccogliere ogni elemento utile alla difesa: email, ricevute, referti medici aggiornati, comunicazioni con il medico curante o con il datore di lavoro. Tutto ciò che possa dimostrare la buona fede del lavoratore e l’assenza di dolo o negligenza.

Ma c’è un ulteriore aspetto da non trascurare: i tempi di risposta. Il lavoratore ha generalmente 5 giorni di tempo per inviare le proprie giustificazioni (ai sensi dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori). Una memoria difensiva ben strutturata, chiara e documentata, può fare la differenza tra un semplice ammonimento e un licenziamento: “Come difendersi da una contestazione disciplinare“.

Per questo motivo, il supporto di un avvocato esperto in diritto del lavoro è altamente consigliato. Ogni contestazione disciplinare deve essere affrontata con metodo, evitando risposte impulsive o incomplete. Per approfondire quali strumenti ha a disposizione il datore di lavoro e quali ricadute possano derivarne per il lavoratore in caso di assenza ingiustificata, è utile consultare l’approfondimento già pubblicato: Le nuove “dimissioni automatiche” per assenza ingiustificata del dipendente.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 22 Aprile 2025

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Debora Teruggia

Laureata presso l'Università degli Studi di Milano, praticante avvocato appassionato di Diritto del Lavoro e Diritto di Famiglia.
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