approfondimento
-
Tempo medio di lettura 17'

Proprietà del software: il riparto dei diritti tra committenti e sviluppatori

Pubblicato in: Proprietà Intellettuale
di Celeste Martinez Di Leo
Home > Proprietà del software: il riparto dei diritti tra committenti e sviluppatori

L’articolo esplora i contratti di sviluppo software e piattaforme tecnologiche. la gestione dei diritti patrimoniali e morali tra committenti e sviluppatori. Viene analizzato il quadro normativo italiano, inclusi riferimenti alla Legge sul Diritto d’Autore e al Codice della Proprietà Industriale, con un focus su come tali diritti variano a seconda che lo sviluppatore sia un libero professionista, un dipendente o una software house. Inoltre, vengono affrontate le dinamiche contrattuali comuni che invertono i principi tradizionali di ripartizione dei diritti e l’importanza della trasparenza nei contratti, con esempi legati a strumenti come il software escrow e i modelli open source. L’articolo offre infine una riflessione su come negoziare equamente i diritti tra le parti, bilanciando le esigenze economiche del committente e la protezione dei diritti creativi dello sviluppatore.

Cos'è il contratto di sviluppo software e quali sono i diritti in gioco?

Il contratto di sviluppo software è un accordo con il quale una parte, denominata committente, richiede, a fronte di un corrispettivo, la realizzazione di un software da parte di un’altra parte, identificata come sviluppatore (che può essere un libero professionista, un dipendente, o una software house). Il software è considerato “personalizzato” quando  viene sviluppato con caratteristiche specifiche, dettate dalle esigenze del committente.

La Corte di Cassazione ha recentemente chiarito che questo schema è assimilabile alla vendita di cosa futura, come disciplinato dall’art. 1472 del Codice Civile (Cassazione n. 19335, 15 giugno 2022). In tema di diritto d’autore, la titolarità esclusiva dei diritti di sfruttamento economico per le opere dell’ingegno realizzate su commissione spetta al committente solo quando l’attività inventiva e la creazione dell’opera costituiscono l’oggetto del contratto di lavoro autonomo o di appalto (per approfondire il tema dei  c.d. file nativi si veda “Quali diritti di utilizzo spettano al committente di opere creative?” di A. Canella).

Tuttavia, il contratto di sviluppo software è considerato atipico, in quanto non espressamente previsto dalla legge. Spetta quindi agli operatori del diritto ricondurlo a schemi contrattuali tipici, per individuare le norme applicabili, che possono essere dispositive (e quindi derogabili dalle parti) o imperative (non derogabili). Questo inquadramento giuridico incide sia sul regime di responsabilità contrattuale, sia sulla regolamentazione dei diritti tra committente e sviluppatore.

Per fare tale inquadramento, è cruciale identificare il ruolo dello sviluppatore:

  • se è un libero professionista, si tratta di un contratto d’opera;
  • se è un dipendente del committente, si configura un contratto di lavoro subordinato;
  • infine, se è una software house, il contratto si configura come appalto.

Il contratto d’opera è regolato dagli artt. 2222 e seguenti del Codice Civile, il contratto di lavoro subordinato dagli artt. 2094 e seguenti, mentre l’appalto dagli artt. 1655 e seguenti.

Per comprendere i diritti in gioco nel contratto di sviluppo software, è essenziale fare riferimento al Diritto della proprietà intellettuale, che include due grandi aree:

  1. il Diritto di proprietà industriale: marchi, brevetti, segreti commerciali (si v. “Il caso del dipendente infedele che sottrae informazioni aziendali riservate” di A. Canella);
  2. il Diritto d’autore, più vicino alla creatività e all’ingegno umano (si v. “Il diritto d’autore in Italia: cosa protegge e come funziona” di C. Martinez Di Leo). 

Il software si trova nel mezzo. Infatti, è generalmente tutelato dal diritto d’autore, ma può anche essere oggetto di brevetto per invenzione se risponde ai requisiti di innovazione tecnica (direttiva 91/250/CE e legge n. 633/1941). In casi particolari, come quando il software funge da metodo tecnico o strumento di implementazione di un processo innovativo, esso può beneficiare di tale protezione (per approfondire, si v. “Gli strumenti di tutela del software” di M. Manca). Oltre a brevetti e copyright, la tutela del software passa inevitabilmente attraverso molteplici istituti giuridici, tra cui:

Inoltre, la tutela del software nell’era della trasformazione digitale è spesso associata alla pianificazione fiscale, ai bandi e alle agevolazioni (si v. “La registrazione del software in SIAE: tra tutela legale e pianificazione fiscale” di A. Canella)

Vediamo ora però le differenze e le implicazioni di diverse impostazioni contrattuali tra committente e sviluppatori, interni ed esterni.

Il caso del software sviluppato dal libero professionista (c.d. free lance)

Nel contesto dello sviluppo software, la normativa di riferimento che disciplina il rapporto tra il committente e il lavoratore autonomo è il Jobs Act (Legge n. 81/2017), con particolare riferimento all’articolo 4. Secondo questa disposizione, il lavoratore autonomo ha di regola il diritto esclusivo di utilizzazione economica degli apporti originali e delle invenzioni realizzate durante l’esecuzione di un contratto.

Tuttavia, vi è una significativa eccezione: se l’attività inventiva è espressamente prevista come oggetto del contratto e compensata di conseguenza, i diritti patrimoniali sull’opera spettano al committente. Questo accade tipicamente nei contratti di sviluppo software, in cui l’attività creativa dello sviluppatore è centrale nell’accordo contrattuale. È importante sottolineare che, trattandosi di una norma dispositiva, le parti possono stabilire accordi diversi nel contratto, regolando in maniera specifica la ripartizione dei diritti di sfruttamento economico.

In ogni caso, i diritti morali sul software, che derivano sia dal diritto d’autore sia, eventualmente, dal diritto di proprietà industriale (es. brevetto, modello), restano in capo allo sviluppatore in quanto autore dell’opera. Questi diritti, che comprendono ad esempio il diritto di essere riconosciuto autore del software, sono inalienabili (cfr. art. 2590 c.c., art. 62 c.p.i. e art. 20, comma 1 della Legge sul Diritto d’autore).

La Cassazione Civile ha confermato questo principio, affermando che la titolarità esclusiva dei diritti di sfruttamento economico per le opere realizzate su commissione spetta al committente solo quando l’attività creativa e inventiva costituisce l’oggetto del contratto di lavoro autonomo o di appalto (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 15/06/2022, n. 19335, (per approfondire, si veda “Quali diritti di utilizzo spettano al committente di opere creative?” di A. Canella). In un’altra pronuncia, la Corte ha ribadito che il committente acquisisce i diritti di sfruttamento economico solo se il lavoratore autonomo si è impegnato, dietro compenso, a svolgere un’attività creativa per il committente, mentre i diritti morali restano sempre all’autore (Si v. il celebre caso Kiko v. Wycon, Cass. civ., Sez. I, Sent., 30/04/2020, n. 8433: “per quanto attiene alla titolarità del rapporto dal lato attivo, costituisce principio generale in materia di diritto d’autore quello per cui il committente è titolare, a titolo derivativo o originario (secondo contrapposte tesi dottrinali), ma in via esclusiva, dei diritti di sfruttamento economico delle opere dell’ingegno realizzate su commissione dal lavoratore autonomo, ove quest’ultimo si sia obbligato, dietro compenso, a svolgere un’attività creativa affinchè la controparte possa poi sfruttarne economicamente i risultati, spettando invece all’autore i diritti morali”.).

Quali diritti sul software sviluppato dal lavoratore dipendente

In tema di proprietà industriale, l’articolo 64 del Codice della Proprietà Industriale regola la titolarità delle invenzioni dei dipendenti. Per approfondire: 

Le disposizioni dell’articolo 64 del CPI possono risultare rilevanti nel contesto di un contratto di sviluppo software qualora il software abbia componenti innovative brevettabili.

Quando lo sviluppo del software o qualsiasi altra attività inventiva è espressamente previsto come oggetto del contratto di lavoro e retribuito a tal fine, i diritti patrimoniali sull’invenzione spettano al datore di lavoro. Questo è il caso tipico dei contratti di sviluppo software, dove il dipendente è incaricato di creare soluzioni tecnologiche per conto del datore di lavoro e riceve una remunerazione specifica per tale attività. Lo dice chiaramente l’art. 12 bis della legge italiana sul diritto d’autore: “Salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro” (si v. “Quali diritti di utilizzo spettano al committente di opere creative? – Canella Camaiora”). In tali circostanze, i diritti economici derivanti dall’uso e dalla commercializzazione del software sviluppato sono di esclusiva titolarità del committente (datore di lavoro). Tuttavia, il dipendente mantiene sempre il diritto morale di paternità, cioè il riconoscimento di essere l’autore del software.

Se lo sviluppo di un’invenzione del dipendente, incluso il software, non è espressamente previsto come oggetto del contratto e non è compensato come tale, i diritti patrimoniali appartengono comunque al datore di lavoro, ma il dipendente potrebbe avere diritto a un compenso aggiuntivo. Nel caso di software brevettabile, si parlerebbe più correttamente di equo premio. Questo compenso aggiuntivo viene determinato in base all’importanza dell’invenzione, alle mansioni svolte e al contributo che il dipendente ha offerto nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro. In tal caso, il diritto di paternità rimane al dipendente, mentre i diritti di sfruttamento economico dell’invenzione spettano al datore di lavoro.

Tuttavia, è importante sottolineare che, in questo scenario, non si tratterebbe propriamente di un contratto di sviluppo software. In un vero contratto di sviluppo software, l’attività creativa e inventiva è il fulcro dell’accordo e viene specificamente prevista e remunerata. Il contratto di sviluppo software si basa, infatti, sull’incarico di creare una soluzione tecnologica (software) per il committente, con una compensazione economica chiaramente definita per l’attività inventiva. In questo contesto, i diritti patrimoniali sono già trasferiti al datore di lavoro in virtù della remunerazione concordata, e l’equo premio non sarebbe applicabile, poiché non si tratterebbe di un’attività inventiva non prevista dal contratto.

Equilibrio e conflitti nei rapporti con le Software house: una riflessione conclusiva

Nel contesto dei contratti di sviluppo software, la gestione dei diritti patrimoniali e morali rappresenta uno degli aspetti più delicati e complessi. Come abbiamo visto, la normativa di riferimento, tra cui l’articolo 12-bis della Legge sul Diritto d’Autore e l’articolo 64 del Codice della Proprietà Industriale, offre una cornice normativa per la protezione dei diritti economici e morali delle opere create in ambito lavorativo. Tuttavia, nella prassi contrattuale adottata dalle software house, queste regole vengono spesso invertite a favore del concedente/sviluppatore.

In molti casi, i contratti “standard” proposti dalle software house tendono a conservare per sé i diritti patrimoniali sul software sviluppato, concedendo al committente soltanto una licenza d’uso. Questa inversione del principio generale avviene attraverso clausole contrattuali che limitano l’accesso al codice sorgente e impongono restrizioni sull’uso e la modifica del software da parte del committente. Il committente si trova così a dipendere dalla software house per eventuali aggiornamenti o modifiche future, senza avere un pieno controllo sul prodotto per cui ha pagato.

In questo scenario, è fondamentale che il committente comprenda le implicazioni di queste clausole e negozi con attenzione i termini del contratto. Un’opzione sempre più diffusa è quella di utilizzare un accordo di software escrow, che garantisce la conservazione del codice sorgente presso un ente terzo neutrale, offrendo al committente un mezzo di protezione nel caso in cui la software house non fosse più in grado di fornire supporto o sviluppo (si veda Margherita Manca sul tema del software escrow: Il rischio di “dipendenza” dal fornitore tecnologico e come tutelarsi con il Software Escrow)​

Come ha sottolineato Arlo Canella nei suoi articoli sulla nuova licenza fair source (si v. Fair Source: la nuova frontiera delle licenze software? – Canella Camaiora) e sugli sviluppi del modello open source e Agile (si v. Contratti software e sviluppo “Agile”: criticità legali e proprietà del codice – Canella Camaiora ), la trasparenza è un elemento fondamentale nei contratti di sviluppo software. Le ambiguità e le lacune nei contratti possono portare a gravi incomprensioni tra le parti, con effetti potenzialmente devastanti per il business del committente. È essenziale, quindi, che ogni accordo preveda clausole chiare e precise sui diritti di sfruttamento economico e sui diritti morali, oltre a definire i termini di consegna e gestione del codice sorgente​.

In definitiva, la negoziazione dei contratti di sviluppo software deve mirare a trovare un equilibrio tra gli interessi economici del committente e i diritti creativi e morali dello sviluppatore. Da un lato, il committente deve poter utilizzare il software come un asset strategico per il proprio business, con la piena facoltà di sfruttarlo commercialmente o cederlo a terzi (si v. La valutazione del software: aspetti tecnici, legali ed economici di V. Panizza). Dall’altro, lo sviluppatore o la software house deve mantenere il diritto di essere riconosciuto come autore dell’opera e di poter tutelare la propria reputazione attraverso i diritti morali, nel rispetto delle licenze open source (si v. Licenze open source e diritto d’autore: il Tribunale di Milano sulla violazione della licenza di M. Manca). Solo un contratto ben strutturato e trasparente può garantire che queste due esigenze vengano soddisfatte, evitando futuri contenziosi e assicurando una collaborazione proficua tra le parti.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 28 Ottobre 2024
Ultimo aggiornamento: 18 Novembre 2024

È consentita la riproduzione testuale dell’articolo, anche a fini commerciali, nei limiti del 15% della sua totalità a condizione che venga indicata chiaramente la fonte. In caso di riproduzione online, deve essere inserito un link all’articolo originale. La riproduzione o la parafrasi non autorizzata e senza indicazione della fonte sarà perseguita legalmente.
error: Content is protected !!