Qual è il confine tra creatività e violazione nei diritti audiovisivi sportivi?

Tempo di lettura: 7 minuti

Abstract

La Lega Serie A ha portato davanti al Tribunale di Genova (ordinanza del 27 giugno 2025) un professore appassionato di videogiochi. L’accusa? Attraverso i suoi canali social pubblicava filmati che ricostruivano le azioni principali delle partite di Serie A usando un videogioco.

I suoi contenuti, molto seguiti dai tifosi, somigliavano agli highlights ufficiali, ma erano ricreati con grafica videoludica. La Lega sosteneva che ciò costituisse una violazione dei suoi diritti audiovisivi, danneggiando il valore economico delle “immagini salienti” che solo lei e i licenziatari potevano diffondere.

Highlights virtuali come alternativa a quelli ufficiali?

Per la Lega Serie A, i video del professore non erano affatto un passatempo innocuo. Costituivano, invece, una vera e propria violazione del perimetro giuridico disegnato dal D.Lgs. 9/2008. La norma stabilisce che l’organizzatore della competizione (insieme ai club) è titolare dei diritti audiovisivi delle partite, che comprendono la fissazione e riproduzioni delle immagini, ma anche le cosiddette “immagini salienti” (cfr. highlights).

Secondo la ricostruzione della Lega, le clip pubblicate dal professore ricadevano esattamente in questa definizione. Non erano semplici “reinterpretazioni”, ma contenuti idonei a competere con gli highlights ufficiali, anche perché offerti senza ritardo rispetto alla fine della partita. Proprio l’immediatezza temporale – la possibilità per i tifosi di vedere subito le azioni decisive, senza attendere la messa online delle sintesi autorizzate – rappresentava per la ricorrente un fattore decisivo: sottraeva interesse, pubblico e valore economico al prodotto legittimo.

La Lega ha quindi sostenuto che si trattasse di una forma di concorrenza sleale mascherata da intrattenimento digitale. In più, ha escluso che potessero applicarsi le eccezioni previste dal diritto di cronaca, né quelle previste per la libera autorizzazione: non si trattava di informazione, né di critica, né di parodia. Per l’ente calcistico, si era davanti a una vera e propria attività commerciale, capace di sfruttare indebitamente un bene economico riservato.

Da qui la richiesta al Giudice: ordinare la rimozione immediata dei video, vietarne la pubblicazione futura e comminare una penale per ogni giorno di ritardo, oltre al risarcimento del danno.

La ricostruzione delle immagini può essere creativa?

Il professore, dal suo canto, ha impostato la linea di difesa su un punto fondamentale: i suoi video non erano una riproduzione delle immagini delle partite, bensì una ricostruzione originale. Nessuna telecamera, nessun accesso ai flussi audiovisivi protetti: soltanto un videogioco, un joystick e la sua abilità di gamer. In questo senso, non vi era alcuna “fissazione” di immagini reali, presupposto necessario perché si possa parlare di diritti audiovisivi nel senso previsto dalla legge.

Per rafforzare la sua posizione, evidenziava tutte le differenze sostanziali tra i suoi contenuti e gli highlights ufficiali come il minutaggio, le condizioni di gioco, l’assenza del pubblico e gli sponsor. Insomma, un’esperienza diversa, percepita dal pubblico non come un surrogato degli highlights, ma come un contenuto creativo, spesso ironico o iperbolico.

Inoltre, il professore non era un professionista del settore e, pertanto, la natura amatoriale e “artigianale” dei suoi video escludeva la presunta concorrenza sleale.

In definitiva, per la difesa non si trattava di violazione ma di narrazione alternativa: un modo nuovo e creativo di raccontare lo sport, che non poteva sostituire il prodotto audiovisivo ufficiale.

Quali sono i diritti audiovisivi delle partite?

Per orientarsi in questa vicenda occorre guardare al D.Lgs. 9/2008, la norma che disciplina i diritti audiovisivi sportivi. Il Decreto stabilisce che Lega e club siano contitolari dei diritti sulle riprese delle partite, attribuendo loro l’esclusiva economica su immagini e highlights. L’art. 2 definisce “immagini salienti” non solo i replay o i fermi immagine, ma anche “qualsiasi altro fotogramma o elaborazione delle azioni di gioco in grafica animata”. È proprio su questa espressione che si è giocata gran parte della causa.

Accanto a questa disciplina, interviene la Legge sul Diritto d’Autore (LDA). In particolare:

  • art. 2, il quale protegge le “opere cinematografiche, audiovisive e assimilate”;
  • art. 13, che riconosce al titolare il diritto esclusivo di sfruttamento economico dell’opera audiovisiva, comprese le rappresentazioni digitali;
  • 78ter e 78quater, che tutelano le emittenti e gli organizzatori delle competizioni sportive contro la riproduzione non autorizzata delle trasmissioni;
  • art. 65, che disciplina il diritto di cronaca, ma li limita agli operatori dell’informazione e comunque con vincoli stringenti;
  • art. 70 che regola la citazione e l’uso ai fini di critica, sempre però a condizione che non vi sia concorrenza con l’opera originale.

In sintesi, “l’oggetto della tutela in discussione non è la partita di calcio in sé – che non è opera protetta dal diritto d’autore – ma le riprese audiovisive della stessa” e le loro elaborazioni dirette. Il punto decisivo, quindi, era stabilire se i video del professore rientrassero in questa categoria o se costituissero un prodotto creativo distinto.

Che differenza c’è tra elaborare un’immagine reale e ricrearla con un videogioco?

Il Tribunale di Genova ha analizzato con attenzione il cuore della questione: cosa protegge davvero la legge? Non la “partita” in sé – che non è considerata opera tutelata dal diritto d’autore – ma le riprese audiovisive della partita. È su queste che si innestano i diritti esclusivi della Lega e dei club, inclusi i fermo immagine, i replay e le elaborazioni grafiche che partono sempre da un supporto visivo reale.

Le clip del professore, invece, non partivano da alcuna immagine fissata. Non c’era un replay da manipolare, né una ripresa da rielaborare. C’era un videogioco che, attraverso un motore grafico preimpostato, generava sequenze nuove, indipendenti dal materiale protetto. Il Giudice ha quindi chiarito una distinzione decisiva: elaborare un’immagine significa trasformare un contenuto esistente; creare una simulazione significa produrre un contenuto ex novo, che non rientra nel perimetro dei diritti audiovisivi.

Per rendere ancora più netta la differenza, il Tribunale ha richiamato gli elementi di discontinuità: i limiti tecnici del videogioco utilizzato dal professore (che non consentono di controllare tutti i giocatori in campo), l’assenza del contesto reale (pubblico, cori, stadio, sponsor), la cronologia diversa degli eventi. Tutti segnali che spingono a qualificare i video non come “copie” degli highlights ufficiali, ma come rappresentazioni autonome, percepite dal pubblico come tali.

Il Tribunale ha infatti chiarito che nel caso di specie “tra l’immagine e la rappresentazione si pone una attività caratteristica che porta fuori dall’ambito tutelato perché non si tratta di trasferire all’interno del videogioco l’azione ma di ricostruire l’azione di gioco utilizzando le potenzialità tecniche del gioco digitale”.

Un altro profilo importante è stato quello costituzionale: un’interpretazione troppo estensiva della nozione di “immagini salienti” avrebbe rischiato di comprimere la libertà di espressione (prevista dall’art. 21 Costituzione e dall’art. 10 CEDU), soprattutto quando si tratta di forme creative o amatoriali di racconto sportivo. Per il Giudice, allargare troppo il perimetro della tutela avrebbe significato far arretrare ingiustamente la libertà dei cittadini di esprimersi.

In conclusione, il Tribunale ha respinto il ricorso. Nessuna violazione dei diritti audiovisivi, nessuna concorrenza sleale, nessun danno patrimoniale dimostrato.

Qual è il confine da non superare nella comunicazione digitale?

Questa vicenda non riguarda solo il calcio o i videogiochi: è un esempio concreto di come il confine tra ispirazione e appropriazione sia centrale per chiunque faccia impresa e comunichi sul mercato digitale.

Per una società, infatti, la tentazione di “agganciarsi” a contenuti già noti – che siano un evento sportivo, una campagna pubblicitaria o una tendenza virale – è forte: il richiamo immediato attira attenzione e traffico. Ma qui nasce la domanda: sto sfruttando un contenuto altrui o sto creando qualcosa di mio?

Il caso insegna che:

  • se utilizzo direttamente immagini, video o audio protetti, senza licenza, entro nel campo delle violazioni, con conseguenze legali e danni reputazionali;
  • se invece creo un prodotto originale, anche ispirato a eventi reali (come nel caso delle simulazioni videoludiche), il rischio diminuisce e la creatività diventa un fattore determinante.

L’importanza di questa decisione sta in questo: non tutto ciò che si ispira viola. Al contrario, quando vi è un apporto creativo, può diventare un’opportunità per distinguersi e comunicare con autenticità.

Iscriviti alla newsletter dello studio legale Canella Camaiora.

Resta aggiornato su tutte le novità legali, webinar esclusivi, guide pratiche e molto altro.

© Canella Camaiora S.t.A. S.r.l. - Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 2 Ottobre 2025

È consentita la riproduzione testuale dell’articolo, anche a fini commerciali, nei limiti del 15% della sua totalità a condizione che venga indicata chiaramente la fonte. In caso di riproduzione online, deve essere inserito un link all’articolo originale. La riproduzione o la parafrasi non autorizzata e senza indicazione della fonte sarà perseguita legalmente.

Margherita Manca

Avvocato presso lo Studio Legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano, si occupa di diritto industriale.

Leggi la bio
error: Content is protected !!