Consulenza legale per la protezione delle informazioni aziendali.
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La riservatezza delle informazioni aziendali è un principio fondamentale per la protezione del know-how e delle informazioni strategiche di un’impresa. Questo articolo esplora gli obblighi dei dipendenti in materia di riservatezza, le estensioni di tali obblighi anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, gli strumenti e le sanzioni legali.
L’articolo 2105 del Codice Civile italiano impone ai dipendenti un obbligo di fedeltà, che si traduce nel divieto di trattare affari in concorrenza con il datore di lavoro e di non divulgare informazioni riservate riguardanti l’organizzazione e i metodi di produzione dell’impresa. Questo obbligo è fondamentale per proteggere il know-how e le informazioni strategiche dell’azienda.
Secondo l’art. 2105 c.c., il prestatore di lavoro deve:
La giurisprudenza ha interpretato l’obbligo di riservatezza in modo ampio e rigoroso. Non solo si vieta la divulgazione di informazioni riservate, ma anche qualsiasi comportamento che possa potenzialmente danneggiare l’azienda. Ad esempio, il solo fatto di duplicare dati aziendali su dispositivi personali è considerato una violazione, indipendentemente dall’effettiva divulgazione a terzi.
Un caso emblematico in questo contesto è rappresentato dalla sentenza della Cassazione Civile, Sez. lavoro, n. 25147 del 24 ottobre 2017. In questo caso, un dipendente era stato licenziato per aver trasferito un rilevante numero di dati aziendali su una pen drive personale, poi smarrita e successivamente ritrovata nei locali dell’azienda. Nonostante i dati non fossero stati divulgati a terzi, la Corte ha ritenuto che tale condotta violasse l’obbligo di fedeltà previsto dall’art. 2105 c.c., giustificando così il licenziamento per giusta causa.
La riservatezza delle informazioni aziendali si estende anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, come stabilito dalla sentenza della Cassazione Civile, Sez. I, n. 18772 del 12 luglio 2019. Questa sentenza chiarisce che un ex dipendente non può utilizzare le informazioni riservate del precedente datore di lavoro per avvantaggiare sé stesso o un nuovo datore di lavoro, poiché ciò configurerebbe un atto di concorrenza sleale e una violazione dei principi di correttezza professionale (per approfondire: “quando assumere dipendenti altrui diventa un illecito?”).
Nella sentenza, la Corte ha evidenziato che l’appropriazione e l’uso di informazioni riservate tramite dispositivi tecnologici, come CD-Rom o pen drive, costituisce un comportamento illecito. Questo principio si applica non solo durante il rapporto di lavoro, ma anche dopo la sua cessazione. Se è vietato trasferire dati aziendali su dispositivi personali durante l’impiego, è ancora più grave portare con sé tali informazioni al termine del rapporto, poiché ciò compromette la riservatezza e può arrecare danno all’ex datore di lavoro.
In conclusione, l’obbligo di riservatezza non si estingue con la fine del rapporto di lavoro. Gli ex dipendenti sono tenuti a non utilizzare né divulgare informazioni aziendali riservate, che vanno oltre la loro semplice capacità mnemonica (per approfondire: “Quando gli ex dipendenti sottraggono il know-how: il caso De Lorean”).
La protezione dei segreti aziendali è fondamentale per garantire la competitività e la sicurezza delle informazioni strategiche di un’azienda. Diversi strumenti giuridici e pratici possono essere utilizzati per proteggere questi segreti:
Come abbiamo visto, l’art. 2105 del Codice Civile impone ai dipendenti un obbligo di fedeltà, vietando loro di divulgare informazioni riservate e di trattare affari in concorrenza con il datore di lavoro.
Inoltre, è possibile stipulare patti di non concorrenza ex art. 2125 c.c., che vincolano i dipendenti a non lavorare per concorrenti o a non avviare attività in concorrenza per un periodo determinato dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Questi patti devono essere equamente compensati e rispettare specifici limiti di tempo e ambito geografico (per approfondire: “Patto di non concorrenza: requisiti, criticità e conseguenze”).
Il Codice della Proprietà Industriale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), inoltre, tutela i segreti commerciali e il know-how aziendale (per approfondire: “Cos’è il know-how e come si tutela?”). Le informazioni aziendali, per essere protette, devono essere segrete, avere un valore economico e essere soggette a misure ragionevolmente adeguate per mantenerle segrete (art. 98 del D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30). È essenziale implementare politiche di sicurezza interne, come l’uso di accordi di non divulgazione (NDA) con dipendenti e collaboratori, e l’adozione di misure tecniche per proteggere i dati sensibili (per approfondire: “A cosa serve un accordo di riservatezza?”)
L’implementazione di misure tecnologiche di protezione è altrettanto determinante per proteggere i segreti aziendali. Queste misure possono includere:
In sintesi, la protezione dei segreti aziendali richiede un approccio integrato che combina strumenti giuridici, misure tecnologiche e pratiche organizzative. Adottare queste strategie aiuta a salvaguardare le informazioni strategiche, riducendo il rischio di concorrenza sleale e perdita di know-how.
La violazione degli obblighi di riservatezza da parte di un dipendente comporta una serie di conseguenze sia di natura giuridica che economica.
Come abbiamo visto, l’articolo 2105 del Codice Civile impone ai dipendenti un obbligo di fedeltà che include il dovere di non divulgare informazioni riservate. La violazione di questo obbligo può costituire un grave inadempimento contrattuale, che legittima il datore di lavoro a procedere con il licenziamento per giusta causa, come evidenziato nella sentenza della Cassazione Civile, Sez. lavoro, n. 25147 del 24 ottobre 2017. In questo caso, un dipendente è stato licenziato per aver trasferito dati aziendali su una pen drive personale.
Il dipendente che divulga informazioni riservate può essere chiamato a rispondere dei danni causati al datore di lavoro (per approfondire: “il caso del dipendente infedele che sottrae informazioni aziendali riservate”). Secondo l’articolo 2043 del Codice Civile, chiunque cagiona un danno ingiusto è obbligato a risarcirlo. Pertanto, se la divulgazione di informazioni riservate provoca un danno economico all’azienda, il dipendente può essere obbligato a risarcire tali danni. Questo risarcimento può includere la perdita di profitti, i costi di riparazione del danno e qualsiasi altra perdita economica subita dall’azienda.
La divulgazione di segreti aziendali può anche comportare conseguenze penali. L’articolo 623 del Codice Penale prevede pene per chiunque, essendo venuto a conoscenza di segreti industriali o commerciali per ragioni del proprio stato o ufficio, li divulga senza giusta causa. Le sanzioni possono includere la reclusione e il pagamento di multe. Inoltre, il dipendente potrebbe essere soggetto a procedimenti penali per furto o appropriazione indebita se ha sottratto fisicamente dati o materiali riservati dall’azienda.
In conclusione, la violazione degli obblighi di riservatezza da parte di un dipendente comporta gravi rischi, tra cui il licenziamento per giusta causa, la responsabilità civile per il risarcimento dei danni e possibili conseguenze penali. Questi rischi sottolineano l’importanza per i dipendenti di rispettare rigorosamente gli obblighi di riservatezza imposti dal loro contratto di lavoro e dalla legge.
Avvocato Arlo Canella