L’articolo esplora il ruolo dei “Like” e delle dinamiche sociali su LinkedIn, indagando come piattaforme digitali e comportamenti degli utenti abbiano trasformato il concetto di approvazione in una vera e propria moneta sociale. Attraverso l’analisi di teorie sociologiche e letterarie, come il “sé allo specchio” di Charles Horton Cooley e la frammentazione dell’identità di Luigi Pirandello, l’articolo riflette sulla costruzione dell’identità digitale, sull’avversione al rischio e sul conformismo, che spesso influenzano le interazioni online.
Viene inoltre evidenziata l’importanza di essere autentici e rilevanti per sé stessi, andando oltre l’ossessione per il consenso e i numeri. Con esempi pratici e spunti critici, l’articolo offre una prospettiva per comprendere il valore dell’autenticità digitale in un contesto dominato da metriche e aspettative sociali.
Quanto è autentico il nostro “riflesso” su linkedin?
Negli ultimi anni, LinkedIn ha conosciuto un’espansione straordinaria in Italia, consolidandosi come piattaforma imprescindibile per il networking professionale. Con 11 milioni di utenti italiani nel 2018, la piattaforma ha raggiunto i 16 milioni nel 2022 e oggi conta una base di 19 milioni di iscritti, pari a circa il 32% della popolazione totale italiana. Se consideriamo la sola fascia d’età lavorativa, questo dato sale al 58%, evidenziando il ruolo centrale che LinkedIn ha assunto per la costruzione dell’identità digitale professionale. Costruire una presenza online impeccabile è ormai una priorità, e anche un gesto apparentemente semplice, come mettere un Like, si carica di significati più profondi, andando ben oltre il semplice apprezzamento.
Per comprendere la relazione tra identità e approvazione sociale, vale la pena tornare al pensiero di Charles Horton Cooley, sociologo americano attivo tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Nel 1902, Cooley pubblicò Human Nature and the Social Order, dove introdusse il concetto del “looking-glass self“, il “sé allo specchio”. Secondo questa teoria:
- Immaginiamo come ci vedono gli altri, basandoci su segnali sociali e comportamentali;
- Attribuiamo un giudizio a queste percezioni, cui associamo un valore, positivo o negativo;
- Reagiamo emotivamente, provando emozioni come vergogna, soddisfazione o insicurezza.
Cooley sosteneva che questo processo non fosse sporadico, ma continuo, e che la nostra identità non fosse fissa, bensì il prodotto di un gioco di specchi sociali. Inoltre, distingueva tra i gruppi primari, come la famiglia o gli amici intimi, che contribuiscono in modo profondo alla nostra personalità, e i gruppi secondari, come le organizzazioni, che operano in modo più impersonale.
La sua teoria appare straordinariamente attuale nell’era digitale, dove ogni interazione può avere un effetto amplificato sulla costruzione del sé (si v. Perception Is Reality: The Looking-Glass Self
Oggi chi mette ancora like e perché lo fa?
Lesley University).
Quasi nello stesso periodo, dall’altra parte dell’oceano, Luigi Pirandello affrontava un tema simile, ma con un approccio letterario.
In opere come Uno, nessuno e centomila, Pirandello rifletteva sulla frammentazione dell’identità. L’individuo, secondo lui, non è mai uno solo: ciascuno di noi esiste in infinite versioni, modellate dagli occhi e dai giudizi altrui. Pirandello mostrava come questa frammentazione fosse inevitabile e in un certo senso liberatoria, ma anche profondamente alienante. Il suo protagonista, Vitangelo Moscarda, si perde nel tentativo di conciliare ciò che si è con ciò che si appare.
Oggi, però, viviamo una situazione molto diversa. Nella società digitale, in particolare su piattaforme come LinkedIn, l’identità non può frammentarsi. La costruzione di un’immagine sociale esige coerenza e perfezione continua, una proiezione unitaria del sé che si conforma alle aspettative di un pubblico permanente e globale.
Non c’è spazio per le sfumature o per le contraddizioni: ogni post, ogni Like, ogni interazione contribuisce a definire chi siamo, e quel “noi” deve essere impeccabile. La pressione a mantenere una versione idealizzata di noi stessi, visibile e giudicabile da un numero potenzialmente infinito di persone, trasforma il vecchio “sé allo specchio” di Cooley in una sorta di identità scolpita nella pietra digitale.
Ma cosa accade quando un gesto semplice come un Like diventa non solo un segnale di apprezzamento, ma una moneta sociale, in grado di influenzare opportunità, relazioni e valore professionale? Come cambiano le dinamiche di potere e approvazione in un mondo dove il riconoscimento è quantificabile e pubblicamente visibile?
L’avversione al rischio e il conformismo digitale
L’importanza di essere rilevanti per sé stessi, anche senza Like
Il comportamento degli utenti sui social media è spesso influenzato dal desiderio di conformarsi alle opinioni e azioni della maggioranza, un fenomeno noto come effetto bandwagon o “effetto carrozzone“. Questo bias cognitivo spinge gli individui a seguire ciò che percepiscono come popolare, adottando comportamenti o esprimendo consensi semplicemente perché “tutti gli altri lo fanno” (ho parlato di bias anche qui: Come evitare i più comuni errori cognitivi nelle decisioni aziendali – Canella Camaiora).
Sui social media, questo si traduce nella tendenza a mettere Like o condividere contenuti che hanno già ricevuto un alto numero di interazioni, mentre si evita di interagire con post meno popolari o controversi. Il Like diventa, così, un gesto di conformismo sociale, più che un’autentica espressione di gradimento.
Una spiegazione interessante di queste dinamiche è offerta dalla spirale del silenzio, una teoria sviluppata negli anni ’70 dalla sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann. Nata nel 1916 a Berlino, Noelle-Neumann è stata una figura influente nella sociologia e nella ricerca sull’opinione pubblica. Dopo aver studiato giornalismo e filosofia tra Berlino e Chicago, fondò nel 1947 l’Istituto Allensbach per la Ricerca sull’Opinione Pubblica, uno dei primi istituti di questo tipo in Germania. Fu attraverso il suo lavoro di ricerca che elaborò la teoria della spirale del silenzio, descritta nel suo libro The Spiral of Silence: Public Opinion – Our Social Skin (1974).
La spirale del silenzio spiega perché le persone tendono a tacere le proprie opinioni quando percepiscono che sono in minoranza.
Secondo Noelle-Neumann, le persone temono l’isolamento sociale e preferiscono conformarsi alle opinioni dominanti, che identificano osservando i segnali intorno a loro, come i media e le interazioni sociali. Questo porta a un ciclo in cui le opinioni percepite come maggioritarie si rafforzano sempre di più, mentre quelle minoritarie vengono sempre più marginalizzate, creando un silenzio sociale.
Sui social media, questa teoria aiuta a spiegare perché contenuti innovativi o di nicchia ricevano spesso meno interazioni: gli utenti potrebbero evitarli non tanto per mancanza di interesse, ma per paura di esporsi controcorrente. Il Like, in questo contesto, diventa un modo per allinearsi alla corrente dominante e segnalare appartenenza, piuttosto che esprimere un giudizio autentico.
A complicare il quadro intervengono anche gli algoritmi delle piattaforme social, che amplificano queste dinamiche. I contenuti che ricevono molte interazioni vengono ulteriormente promossi, mentre quelli meno popolari diventano invisibili. Questo crea un circolo vizioso: solo i contenuti che si conformano a ciò che è già popolare ottengono visibilità, riducendo la diversità delle informazioni e rafforzando le bolle informative.
Questi meccanismi di conformismo digitale mettono in luce un problema più ampio: il Like non è solo un gesto superficiale, ma un termometro del rischio sociale.
Le persone valutano attentamente il “prezzo sociale” del loro consenso, scegliendo di premiare ciò che appare sicuro e condivisibile, piuttosto che ciò che è complesso o potenzialmente divisivo. Il risultato è un panorama digitale sempre più omogeneo, dove contenuti innovativi, profondi o controcorrente rischiano di essere emarginati.
Oggi, come allora, il timore di isolamento e la pressione del conformismo continuano a influenzare il modo in cui ci esprimiamo e interagiamo, limitando la diversità delle opinioni e delle idee.
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Data di pubblicazione: 13 Dicembre 2024
Ultimo aggiornamento: 7 Maggio 2025
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Arlo Canella
Managing Partner dello studio legale Canella Camaiora, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano, appassionato di Branding, Comunicazione e Design.