approfondimento
-
Tempo medio di lettura 7'

Trasferimenti e tutela del lavoratore con familiare con disabilità

Pubblicato in: Diritto del Lavoro
di Debora Teruggia
Home > Trasferimenti e tutela del lavoratore con familiare con disabilità

Con ordinanza n. 26343 del 12/09/2023 la Suprema Corte rafforza il principio secondo cui il diritto al trasferimento del lavoratore che assiste familiari con disabilità è preminente. Tuttavia, ha voluto altresì ribadire come lo stesso diritto non sia assoluto e automatico, ma debba essere bilanciato con gli interessi e le esigenze economiche ed organizzative dell’azienda.

Il caso: la richiesta di trasferimento ex art. 33, comma 5, della Legge n. 104 del 1992

Il caso analizzato dalla Corte, vedeva come protagonista una lavoratrice che aveva inoltrato la richiesta di trasferimento ad un ufficio postale più vicino alla nuova residenza, al fine di continuare ad assistere il padre in condizioni di disabilità grave. La società, tuttavia, rifiutava tale richiesta, giustificando la scelta datoriale asserendo che il trasferimento avrebbe compromesso seriamente le esigenze economiche, organizzative e produttive.

Il Giudice di prime cure respingeva la domanda della lavoratrice, sostenendo come le “esigenze economiche, produttive o organizzative” dell’azienda prevalessero sulla richiesta di trasferimento.

In seguito, la Corte di Appello di Roma, ribaltava la decisione di primo grado, sostenendo a gran voce il diritto della lavoratrice al trasferimento conformemente alla normativa vigente. 

Già in questa sede emergeva il problema dell’onere probatorio in carico alla società, meglio approfondito dagli Ermellini. Secondo la Corte, infatti, l’azienda non aveva dimostrato quali fossero le esigenze aziendali alla base del rifiuto e che, pertanto, dovesse accogliersi positivamente il trasferimento.  

La Corte di Cassazione ha anch’essa esaminato la questione, approfondendo altresì il tema dell’inapplicabilità degli accordi sindacali stipulati dalla società.

Il contesto applicabile al caso (trasferimento e familiare disabile)

L’art. 33, comma 5, della Legge n. 104 del 1992 prevede disposizioni atte a garantire il diritto al lavoro a chi assiste un familiare con disabilità prevedendo, nello specifico:

  • il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere (che, come vedremo, non è un diritto assoluto e illimitato ma che al contrario ha dei limiti “aziendali);
  • il diritto a non essere trasferito in una sede diversa senza il proprio consenso, anche nell’ambito della medesima unità produttiva.

La Legge 104 prevede inoltre che il diritto al trasferimento possa essere esercitato non solo al momento dell’assunzione, ma anche nel corso del rapporto di lavoro, risultando essenziale la sussistenza del requisito soggettivo del familiare assistito (che deve essere portatore di disabilità grave, riconosciuta ai sensi della Legge 104), nulla più. 

Si tratta di una garanzia introdotta per assicurare alla persona con disabilità un’assistenza continua, consentendo alla persona che vi provvede di trovarsi fisicamente più vicino a quella bisognosa.

La normativa è chiara nel sottolineare una funzione solidaristica di tutela del lavoratore “caregiver” che presta assistenza ad una familiare con grave disabilità (coniuge, parente o affine entro il secondo grado), “in quanto il riconoscimento di diritti in capo al lavoratore è in funzione del diritto del congiunto con disabilità alle immutate condizioni di assistenza” (Cass. civ. 12/10/2017), in coerenza con la funzione solidaristica della disciplina e con le esigenze di tutela e garanzia dei diritti della persona, previsti dalla Costituzione e dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

Il datore di lavoro e le esigenze produttive

L’ordinamento, tutela – anche costituzionalmente – gli interessi datoriali che, del resto, non possono essere totalmente soverchiati dalle esigenze del lavoratore (anche in situazioni delicate/particolari come questa). In tal senso, normativa e giurisprudenza sono dello stesso avviso prevedendo una contrazione del diritto del lavoratore dinanzi all’esistenza di specifiche esigenze tecnico-produttive ed organizzative del datore

Pertanto, qualora il datore dimostri che le esigenze aziendali precludono il trasferimento, il suo rifiuto sarà legittimo. 

Un altro aspetto cruciale riguarda l’importanza degli accordi sindacali nel contesto del trasferimento dei lavoratori. Si tratta di intese che ancorano il diritto al trasferimento dei dipendenti a criteri oggettivi, razionali ed uguali per tutti, prevedendo per esempio graduatorie, obblighi di permanenza o condizioni alla mobilità, al fine di consentire una applicazione oggettiva e uniforme della legge.

Come vedremo più approfonditamente nei paragrafi successivi, nella valutazione di un trasferimento ex. art 33 comma 5 L. 104, l’accordo sindacale, seppur valido anche in questo contesto, non può prevalere sulle garanzie a tutela delle persone con disabilità e dei loro familiari qualora vada ad escludere proprio detti soggetti.

Riflessioni a seguito della decisione della Suprema Corte

La Suprema Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione dei Giudici di Appello, ribadendo (coerentemente alle precedenti pronunce: Cass. civ., Sez. lav., n. 585/2016,  

Cass. civ., Sez. lav., n. 7945/2008, Cass. civ., Sez. lav., n. 12692/2002) che il diritto al trasferimento è certamente preminente dovendosi interpretare l’art. 33 comma 5 della Legge 104 in funzione della tutela della persona disabile e in termini costituzionalmente orientati – alla luce dell’art. 3 comma 2 della Costituzione Italiana e della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con la legge n. 18 del 2009.

Tuttavia, l’inciso “ove possibile” contenuto nell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, postula un adeguato bilanciamento degli interessi in conflitto, in base al quale, è onere del datore dare la prova che nel bilanciamento delle esigenze organizzative tra la sede chiesta e quella ricoperta vi sono ragioni che ostano al trasferimento.

L’unico limite quindi, oltre gli altri requisiti esplicitamente previsti dalla legge, è quello delle “esigenze economiche, produttive o organizzative” del datore di lavoro. Quest’ultimo deve però dimostrare la sussistenza della situazione di eccedenza tale da non consentire il trasferimento della lavoratrice.

L’ordinanza in questione risulta interessante anche perché, contrariamente a un diverso orientamento della Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. lav., 29/11/2022, n.35105), gli Ermellini hanno disapplicato interamente l’accordo sindacale sottoscritto dal datore di lavoro, poiché escludeva il trasferimento dei lavoratori che si trovavano nelle condizioni di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5. 

Posto che la Corte ha ritenuto che tali accordi non possono derogare a una norma di legge non derogabile convenzionalmente, si è ribadito nuovamente come essi regolamentano proprio l’esercizio di quel diritto tenendo conto della complessa organizzazione e dell’elevato numero di istanze di trasferimento incidenti sulla stessa zona, “stabilendo criteri oggettivi per determinare le priorità delle diverse istanze in considerazione delle esigenze organizzative proprio in adesione a quanto disposto dalla L. n. 104 del 1992, art. 33 comma 5”.

Come muoversi in questi casi?

In un panorama giuridico in continua evoluzione, l’ordinanza n. 26343 del 12/09/2023 ha ulteriormente approfondito l’equilibrio tra i diritti dei lavoratori che assistono familiari con disabilità e le esigenze dei datori di lavoro. Per uno studio legale che si occupa di diritto del lavoro, come il nostro, ci sono diversi spunti di riflessione e azione.

In tale scenario, gli accordi sindacali assumono un ruolo cruciale. Tuttavia, questi non possono e non devono eludere normative di rango superiore. Di conseguenza, è vitale per le aziende rivedere e, se necessario, adeguare tali accordi in modo da garantire conformità e prevenire potenziali contenziosi.

Infine, sia per il datore di lavoro che per il dipendente, la complessità della situazione rende essenziale l’approccio consapevole.

In un contesto così sfumato, la consulenza legale diventa non solo opportuna, ma quasi indispensabile. Entrambe le parti, consapevoli delle proprie posizioni e diritti, dovrebbero ricorrere a un consulente per gestire tali diritti, doveri e necessità, al fine di trovare soluzioni equilibrate e pienamente conformi alla normativa vigente.

In conclusione, l’ordinanza in questione non solo chiarisce ma sottolinea l’importanza dell’equilibrio tra diritti dei lavoratori e le esigenze aziendali. Uno studio legale attivo in diritto del lavoro, come il nostro, può svolgere un ruolo cruciale nell’orientare e assistere sia i datori di lavoro che i lavoratori in questo delicato contesto giuridico.

© Canella Camaiora Sta. Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 12 Ottobre 2023

È consentita la riproduzione testuale dell’articolo, anche a fini commerciali, nei limiti del 15% della sua totalità a condizione che venga indicata chiaramente la fonte. In caso di riproduzione online, deve essere inserito un link all’articolo originale. La riproduzione o la parafrasi non autorizzata e senza indicazione della fonte sarà perseguita legalmente.

Debora Teruggia

Laureata presso l'Università degli Studi di Milano, praticante avvocato appassionato di Diritto del Lavoro e Diritto di Famiglia.
Leggi la bio
error: Content is protected !!