Perché l’arte fotografica, in galleria, costa di più: il nodo dell’IVA e i requisiti soggettivi

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Abstract

Chi acquista una fotografia d’autore in galleria d’arte spesso paga più IVA rispetto a chi la compra direttamente dall’artista. È una questione di soggetti autorizzati all’agevolazione, non di qualità artistica. L’Agenzia delle Entrate ha confermato che solo gli autori, i loro eredi o legatari possono applicare l’IVA al 10%, lasciando fuori le imprese che operano con fotografi dipendenti. Ma una direttiva europea promette novità, e la legge italiana prevede già una riforma: il problema è che, per ora, tutto è fermo. In questo articolo analizziamo i vincoli attuali, le prospettive future e le soluzioni pratiche per chi lavora con la fotografia d’arte.

Chi può vendere fotografie artistiche con IVA al 10%?

Non tutte le fotografie artistiche godono dell’aliquota IVA agevolata al 10%. Secondo l’attuale interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, tale agevolazione è riservata esclusivamente a cessioni effettuate dall’autore dell’opera fotografica, oppure dai suoi eredi o legatari. La risposta n. 140/2025 chiarisce che non possono beneficiare dell’aliquota ridotta le vendite effettuate da altri soggetti, anche se l’opera è stata realizzata da un fotografo dipendente e rispetta i requisiti tecnici di “fotografia d’arte”.

Il riferimento normativo chiave è il n. 127-septiesdecies della Tabella A, Parte III allegata al DPR 633/1972. Questa disposizione prevede l’IVA ridotta per le opere d’arte (comprese le fotografie artistiche) “cedute dagli autori, dai loro eredi o legatari”.

In altre parole, il beneficio fiscale segue la titolarità originaria dell’opera, non la sua natura artistica in sé.

Questa interpretazione si collega strettamente alla giurisprudenza europea. La Corte di Giustizia UE, con la sentenza C-145/18 del 5 settembre 2019, ha stabilito che il carattere artistico delle fotografie deve essere definito oggettivamente, sulla base di criteri tecnici (tiratura, firma, numerazione, ecc.), ma non autorizza estensioni soggettive del beneficio fiscale a soggetti diversi dagli autori.

Il risultato è che anche una fotografia perfettamente artistica, firmata, numerata e stampata in trenta esemplari, se venduta da una società commerciale che ne detiene i diritti, non può godere dell’IVA agevolata, a meno che la cessione non sia fatta direttamente dall’autore o da chi ne ha ereditato legalmente i diritti.

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Dipendenti-artisti e IVA agevolata: perché oggi non funziona

Una questione che ha creato confusione tra gli operatori riguarda la figura del fotografo dipendente. Molte imprese artistiche impiegano autori interni che realizzano fotografie d’arte nel contesto di un rapporto di lavoro subordinato. L’intuizione è chiara: se l’artista è effettivamente l’autore dell’opera, perché la sua opera, venduta tramite l’azienda, non dovrebbe beneficiare dell’aliquota agevolata?

La risposta sta nel combinato disposto tra norme fiscali e diritto d’autore. L’art. 88 della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore stabilisce che, se l’opera fotografica è stata realizzata nell’ambito di un contratto di lavoro, i diritti di riproduzione e diffusione spettano al datore di lavoro. Quindi, giuridicamente, è l’impresa a disporre dei diritti sull’opera, non l’autore materiale.

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 140/2025, riconosce che le fotografie in questione possono avere i requisiti oggettivi per essere considerate opere d’arte. Tuttavia, la legge IVA è chiara nel limitare l’aliquota ridotta al soggetto che riveste la qualifica di autore o ai suoi eredi. Se la fotografia viene venduta da un’impresa che ne ha acquisito i diritti per effetto del rapporto di lavoro, allora non ricorrono le condizioni soggettive previste per l’agevolazione.

Questo significa che il sistema normativo attuale non riconosce il fotografo-dipendente come soggetto legittimato all’agevolazione IVA. Ne consegue che anche le imprese che investono nella produzione di opere d’arte originali e personalizzate, ma lo fanno tramite dipendenti, non possono applicare l’aliquota del 10%, dovendo invece sottostare a quella ordinaria del 22%.

Una riforma annunciata, ma ancora al palo

Il legislatore italiano ha promesso un intervento di riforma per superare le rigidità dell’attuale normativa IVA, recependo la Direttiva UE 2022/542, approvata con l’obiettivo di armonizzare e ampliare le agevolazioni fiscali sulle opere d’arte in tutta l’Unione. Ma, ad oggi, quei principi sono rimasti lettera morta.

La legge 9 agosto 2023, n. 111, ha conferito al Governo una delega per la revisione complessiva dell’IVA, prevedendo espressamente la possibilità di estendere l’aliquota ridotta anche alle cessioni di opere d’arte, di antiquariato o da collezione, indipendentemente dal soggetto cedente. Si parlava persino di una possibile riduzione dell’aliquota fino al 5%, con l’obiettivo di eliminare una distorsione competitiva che penalizza le imprese artistiche rispetto agli autori singoli.

Tuttavia, a distanza di quasi due anni, nessuno dei decreti attuativi è stato varato.

L’Agenzia delle Entrate ha ricordato nella sua risposta che, fino a quando la delega non sarà attuata, resta in vigore l’assetto normativo attuale, con tutte le sue limitazioni. La riforma, di fatto, è ferma ai blocchi di partenza, probabilmente anche per il peso economico che comporterebbe l’estensione del regime agevolato a una platea molto più ampia di operatori.

In assenza di una modifica formale, nessuna interpretazione estensiva è consentita: la legge non può essere piegata alle esigenze – per quanto legittime – delle imprese culturali. Finché il Governo non esercita la delega, la cessione di opere realizzate da dipendenti resta soggetta all’aliquota del 22%, nonostante l’intento normativo sia orientato in tutt’altra direzione.

Oggi 22%, domani forse 5%: cosa devono sapere le imprese

Oggi, le imprese che vendono fotografie artistiche non realizzate e cedute direttamente dagli autori sono obbligate ad applicare l’aliquota IVA ordinaria del 22%. Questo limite nasce da una normativa che collega l’agevolazione non solo alla natura dell’opera, ma anche all’identità del soggetto che la cede.

Eppure, una possibile evoluzione si profila all’orizzonte. La Direttiva (UE) 2022/542 ha modificato la struttura dell’IVA europea, autorizzando gli Stati membri a ridurre l’aliquota anche sotto la soglia del 5% per alcuni beni e servizi di interesse culturale, incluse le opere d’arte. Più precisamente, l’allegato III della direttiva include al punto 26 le “cessioni di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato”, e le fotografie artistiche, a loro volta, sono riconosciute nell’allegato IX, parte A.

La legge italiana di recepimento (legge n. 111/2023, art. 7) ha autorizzato il Governo ad attuare questa direttiva, ma nessun decreto legislativo è stato ancora emanato. L’Agenzia delle Entrate ha confermato che fino a quel momento resta in vigore il quadro attuale.

Le imprese culturali e i commercianti di fotografie artistiche devono quindi, per ora, attenersi all’aliquota del 22%, quando le opere non sono vendute dall’autore, da un erede o da un legatario. Ma possono, allo stesso tempo, prepararsi: seguire da vicino l’attuazione della riforma, valutare assetti contrattuali che valorizzino la figura dell’autore, e considerare modalità distributive che non compromettano i requisiti soggettivi previsti dalla norma.

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Data di pubblicazione: 7 Luglio 2025

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Avv. Arlo Cannela

Arlo Canella

Managing & founding partner, avvocato del Foro di Milano e cassazionista, responsabile formazione e ricerca indipendente dello Studio CC®.

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