Abstract
Il marchio registrato è molto più di un logo: è reputazione, identità, differenziazione sul mercato. Rappresenta l’origine commerciale di un prodotto o servizio e contribuisce in modo decisivo alla costruzione del valore di un’impresa.
Proprio per questo, il suo utilizzo non può essere arbitrario. Anche quando esiste un rapporto contrattuale – ad esempio una licenza o un accordo di franchising – l’uso del marchio deve avvenire nel rispetto di limiti precisi. Superarli, anche involontariamente, può generare conseguenze rilevanti: tra queste, lo scioglimento del contratto per inadempimento e, nei casi più gravi, l’obbligo di risarcire i danni.
In questo contributo vedremo quando si configura una violazione, quali sono gli effetti giuridici e quali accorgimenti contrattuali possono prevenire problemi futuri.
Il marchio registrato e la sua rilevanza contrattuale
La registrazione del marchio presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) o a livello comunitario (EUIPO) conferisce al titolare un diritto esclusivo, tutelato dal Codice della Proprietà Industriale (D.lgs. 30/2005, in particolare agli artt. 7 e 20). Ne deriva che qualsiasi uso non conforme a quanto pattuito nel contratto può costituire una violazione del diritto di esclusiva, con conseguenze anche molto gravi.
L’uso non autorizzato di un marchio registrato si verifica ogniqualvolta un soggetto impieghi il segno distintivo in modo difforme rispetto alle condizioni pattuite nel contratto o in assenza di un titolo giuridico valido. Non si tratta solo di casi di evidente contraffazione da parte di terzi estranei, ma anche di situazioni più sottili e insidiose, che si possono spesso verificare anche all’interno di relazioni contrattuali esistenti. Ad esempio, un licenziatario potrebbe continuare a utilizzare il marchio dopo la scadenza dell’accordo, oppure un affiliato in un contratto di franchising potrebbe impiegare il segno su materiali promozionali o su linee di prodotti non previste, compromettendo così l’uniformità dell’immagine aziendale (per un approfondimento: Le criticità del contratto di franchising: cosa deve sapere il giurista d’impresa? – Canella Camaiora).
Altre forme comuni di uso illecito includono:
- espansione territoriale non autorizzata (es.: promozione o vendita in paesi non contemplati dalla licenza);
- modifiche grafiche o stilistiche del marchio, che ne possono alterare (a volte persino irreparabilmente) la percezione;
- accostamento del marchio a prodotti o servizi di bassa qualità, in contrasto con gli standard contrattuali;
- uso del marchio in contesti che ne danneggiano la reputazione, anche solo per effetto indiretto.
È importante sottolineare come l’abuso possa avvenire anche in buona fede: ad esempio, un ex partner commerciale che creda erroneamente di poter continuare a usare il segno dopo la cessazione del contratto, magari perché convinto della sussistenza di un rinnovo tacito. Tuttavia, l’intenzione soggettiva non rileva ai fini della sussistenza della violazione: conta l’oggettivo scostamento dalle condizioni di utilizzo autorizzate.
In ogni caso, l’uso illecito lede il diritto esclusivo del titolare, che ha non solo il potere ma in certi contesti anche l’obbligo di controllare l’uso del proprio marchio per garantirne coerenza e valore. Un uso improprio, anche se parziale o limitato, può compromettere la funzione distintiva del marchio, generando confusione nei consumatori e minando la reputazione costruita nel tempo.
Quando si configura una violazione?
Quando un marchio registrato viene utilizzato in modo illecito, anche solo per aver oltrepassato i limiti contrattuali stabiliti, il titolare del diritto può considerare tale condotta un inadempimento grave, tale da giustificare lo scioglimento del contratto ai sensi dell’art. 1453 del Codice Civile.
Nei contratti che regolano l’uso del marchio – come le licenze o i franchising – è frequente la presenza di clausole risolutive espresse che stabiliscono in modo chiaro che l’uso non conforme del marchio costituisce motivo immediato di risoluzione. Tali clausole sono legittime e pienamente efficaci, purché formulate con sufficiente specificità.
Anche in assenza di clausole esplicite, la violazione del diritto di esclusiva può essere qualificata come un inadempimento “essenziale” per natura, in quanto incide direttamente sul cuore dell’accordo: la gestione e il controllo dell’identità commerciale del titolare.
Oltre alla risoluzione del contratto, l’utilizzo illecito del marchio può comportare l’obbligo di risarcire il danno, che può includere sia il pregiudizio economico diretto, sia il danno all’immagine e alla reputazione del segno. In alcune circostanze, il titolare può anche richiedere provvedimenti urgenti come l’inibitoria dell’uso o il sequestro dei beni recanti il marchio indebitamente utilizzato.
In sintesi, lo scioglimento del contratto, previsto dal nostro ordinamento, ha conseguenze concrete e rappresenta una forma di tutela forte a disposizione del titolare del marchio per interrompere rapidamente rapporti non più coerenti con i propri interessi economici e strategici.
Effetti giuridici e operativi dell’uso illecito
L’utilizzo non autorizzato di un marchio registrato, oltre a legittimare lo scioglimento del contratto, può comportare una serie di conseguenze operative, economiche e reputazionali, spesso sottovalutate da chi commette la violazione. In primo luogo, la parte inadempiente può vedersi privata in via immediata del diritto di utilizzare il marchio, con effetti diretti sulla propria continuità aziendale. Nei contratti di franchising, ad esempio, ciò equivale spesso alla necessità di cessare l’attività commerciale, rimuovere insegne, riprogettare il brand, sostituire packaging e materiali pubblicitari.
Dal punto di vista economico, l’impresa che ha subito l’uso indebito può richiedere il risarcimento dei danni per la perdita di valore del marchio, per la concorrenza sleale subita o per la confusione creata sul mercato. Il danno può essere stimato in base agli utili sottratti, alla diminuzione della reputazione o al costo per il ripristino dell’identità aziendale. Inoltre, nei casi più gravi, è possibile agire in sede d’urgenza per ottenere un’inibitoria immediata o addirittura il sequestro dei beni contraffattori.
Infine, esiste un danno spesso trascurato ma molto concreto: quello legato alla perdita di controllo sul proprio segno distintivo. Ogni marchio registrato ha un valore che dipende dalla sua coerenza e riconoscibilità; quando soggetti terzi lo impiegano in modo scorretto o autonomo, anche solo per poco tempo, si incrina l’immagine del segno e si riduce la sua efficacia distintiva. Per questo motivo, le imprese titolari di marchi tendono ad agire con fermezza, anche nei confronti di ex partner o ex licenziatari.
Prevenire le violazioni: il ruolo delle clausole contrattuali
Per evitare situazioni conflittuali, è fondamentale predisporre contratti chiari, dettagliati e lungimiranti. Le imprese che concedono in uso il proprio marchio dovrebbero inserire clausole specifiche che delimitino con precisione l’ambito del diritto concesso: termini temporali, territori autorizzati, categorie merceologiche, standard qualitativi da rispettare, canali distributivi ammessi. La chiarezza su questi punti riduce drasticamente il rischio di abusi o interpretazioni ambigue.
È altrettanto utile prevedere clausole risolutive espresse, in cui si stabilisce sin dall’inizio che determinati comportamenti – come l’uso del marchio fuori ambito, dopo la scadenza del contratto o in associazione a prodotti non approvati – comportano la risoluzione automatica dell’accordo. Queste clausole, se ben formulate, rafforzano il potere contrattuale del titolare e semplificano la gestione delle controversie.
Altrettanto importante è prevedere clausole di controllo e monitoraggio, che consentano al titolare di verificare periodicamente il corretto utilizzo del marchio da parte dell’altro contraente, anche attraverso audit o obblighi di rendicontazione. Infine, in caso di cessazione del contratto, è consigliabile disciplinare le modalità di restituzione (di materiali eventualmente forniti dal licenziante) e cessare l’uso del marchio, evitando il rischio di “strascichi” pericolosi.
La tutela del segno passa, quindi, non solo attraverso la registrazione e l’eventuale azione giudiziale, ma anche e soprattutto attraverso una strategia contrattuale solida e preventiva. Un contratto ben scritto è spesso il miglior strumento per evitare contenziosi e proteggere il valore di un marchio.
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Data di pubblicazione: 14 Agosto 2025
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Margherita Manca
Avvocato presso lo Studio Legale Canella Camaiora, iscritta all’Ordine degli Avvocati di Milano, si occupa di diritto industriale.