Abstract
Hai prestato del denaro a una conoscente, ma lei ora sostiene che si trattava di un regalo? Quando non c’è un contratto scritto, capire se si tratti di un prestito o di una donazione diventa una questione di prove e interpretazione giuridica. Questo articolo chiarisce cosa prevede la legge italiana, quali elementi possono essere utilizzati per dimostrare un credito, e in quali casi è possibile agire per ottenere la restituzione delle somme. Un’analisi rigorosa, ma accessibile, pensata per chi vuole tutelarsi in modo concreto.
Prestito o regalo?
In assenza di un contratto scritto, capire se il denaro dato a qualcuno sia un prestito oppure una donazione può diventare un problema serio, soprattutto quando il beneficiario – magari un amico o un familiare – si rifiuta di restituirlo. È una situazione più comune di quanto si pensi: si tende ad agire sulla fiducia, senza formalità, e ci si accorge dell’errore solo quando le cose si mettono male.
Il diritto italiano offre però degli strumenti per inquadrare correttamente il trasferimento di denaro. Il nodo centrale è la “causa” del pagamento: cioè, il motivo per cui si è dato il denaro. Se chi lo ha ricevuto lo deve restituire, si tratta di un mutuo (art. 1813 c.c.); se invece può tenerlo senza obblighi, si parla di donazione (art. 769 c.c.).
Ma chi stabilisce la vera natura del trasferimento? Il giudice, in caso di contenzioso. E il giudice si baserà su tutti gli elementi oggettivi e soggettivi disponibili, come la presenza di messaggi, bonifici, e-mail o comportamenti che possano far presumere che le parti avessero inteso concludere un prestito e non una liberalità.
Ad esempio, se il beneficiario ha ringraziato promettendo di restituire, anche solo con un messaggio su WhatsApp, quella potrebbe già essere una prova a favore del prestatore. Se invece la somma è stata consegnata senza alcuna condizione, magari come gesto di aiuto in un momento difficile, allora potrebbe assumere i contorni della donazione.
Il problema si complica nei rapporti affettivi – tra amici, partner, ex conviventi – dove il confine tra prestito e regalo può farsi sottile. In particolare, i giudici si chiedono: il prestatore si è realmente spogliato della somma con l’intenzione di riaverla? Oppure l’ha concessa per affetto, fiducia o spirito di liberalità?
Se la risposta è la seconda, non si può più parlare di prestito. E in mancanza di una donazione formalizzata con atto pubblico – cosa che la legge impone se la somma è “non modica” – si rischia che il trasferimento venga dichiarato nullo, con obbligo di restituzione, ma per ragioni completamente diverse.
Senza contratto si perde tutto?
Contrariamente a quanto si crede, non è necessario un contratto scritto per rendere valido un prestito tra privati. Il Codice Civile, all’articolo 1813, lo definisce come un contratto “reale”: ciò significa che si perfeziona con la consegna del denaro, non con la scrittura.
Tuttavia, dimostrare l’esistenza del prestito in mancanza di documenti firmati può diventare molto difficile. Il problema non è la validità dell’accordo, ma la prova della sua esistenza e delle sue condizioni, nel caso in cui il beneficiario rifiuti di restituire la somma, sostenendo che si trattava di una donazione o di un aiuto disinteressato.
Il Codice Civile, all’art. 2721, tendenzialmente, vieta l’uso della prova testimoniale per i contratti che superano una certa soglia di valore, salvo che vi sia un “principio di prova scritta”. Ecco allora che diventano fondamentali:
- bonifici bancari con causale “prestito” o simili;
- messaggi di testo, email, PEC in cui il debitore riconosce di aver ricevuto la somma e di doverla restituire;
- ricevute o note firmate, anche se redatte in modo informale.
Secondo la giurisprudenza, la prova scritta non deve necessariamente essere un “contratto”: può consistere anche in uno scambio di email, un messaggio WhatsApp o una conferma scritta della restituzione parziale del debito. Tutti elementi che “rendono verosimile” l’esistenza dell’accordo, permettendo così al giudice di ammettere anche testimoni: L’attore-mutuante può chiedere l’ammissione del mezzo quando vi è un principio di prova per iscritto, costituito da qualunque documento prodotto dal convenuto-mutuatario che rende verosimile il fatto controverso dedotto in causa (Cfr. Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza (ud. 21 ottobre 2021) 8 aprile 2022, n. 11437).
Insomma, non basta dimostrare l’avvenuto pagamento (es. con un bonifico): il creditore deve anche dimostrare il motivo per cui ha pagato, ovvero che si trattava di un prestito e non di un regalo.
In sintesi, non si perde automaticamente il diritto alla restituzione se manca un contratto scritto, ma è essenziale che vi siano delle tracce che rendano credibile il fatto che le parti si siano accordate per un prestito. Senza queste, la parola del creditore rischia di non bastare e le prove fanno tutta la differenza del mondo.
Donazioni di modico valore e atto pubblico
Quando il beneficiario del denaro sostiene che si trattava di un regalo, si entra nel terreno delle donazioni. Ma in diritto, non tutto ciò che “sembra” una donazione lo è davvero. La legge impone delle regole molto precise, soprattutto per evitare fraintendimenti o abusi.
Secondo l’articolo 782 del Codice Civile, la donazione non è valida se non è fatta per atto pubblico e in presenza di due testimoni. In altre parole, se non si va dal notaio, la donazione è nulla, e il donatario potrebbe essere obbligato a restituire quanto ricevuto.
Molti pensano che basti dire “era un regalo” per sottrarsi a un’azione di restituzione, ma se il valore della somma donata è consistente, senza atto notarile non c’è nessun effetto giuridico valido. Si tratta, tecnicamente, di una donazione nulla, cioè mai avvenuta. Questo vale anche nei rapporti tra amici o familiari.
La legge prevede una eccezione importante all’obbligo dell’atto pubblico: la donazione di beni mobili di modico valore (art. 783 c.c.). Ma cosa significa “modico”?
La legge non stabilisce una cifra fissa. La modicità va valutata in relazione alle sostanze economiche del donante. Ad esempio, per un pensionato che vive con 1.000 euro al mese, regalare 5.000 euro non è “modico”. Per un imprenditore con redditi a sei zeri, potrebbe esserlo. Sta al giudice, in caso di contenzioso, valutare questa proporzione.
Quando si riconosce la modicità, è sufficiente la consegna materiale del bene o del denaro per perfezionare la donazione: nessun notaio, nessun atto pubblico. Ma attenzione: la soglia è sottile, e in caso di dubbio, la donazione è considerata nulla.
Capita spesso che il beneficiario provi a far passare il prestito per una donazione, magari per evitare di restituire la somma. Ma se l’importo è elevato e non risulta da un atto notarile, la sua versione può essere smontata facilmente. E questo vale a maggior ragione nei procedimenti ereditari, dove gli altri eredi potrebbero contestare la donazione per lesione della legittima (approfondisci: Verifica diritti dell’erede – Canella Camaiora – Successioni).
Cosa fare per recuperare le somme: passi e consigli
Se hai prestato del denaro a qualcuno e ora quella persona sostiene che si trattava di un regalo, non devi dare per scontato che la somma sia perduta. È una situazione che può essere affrontata, anche in assenza di un contratto scritto, purché si valutino attentamente i fatti, le prove disponibili e il contesto relazionale in cui è avvenuto il trasferimento.
Anzitutto, occorre distinguere: quella somma è stata davvero regalata, oppure si trattava di un prestito non formalizzato? In altre parole: il comportamento della controparte è in buona fede o è strumentale (per non restituire)? Queste domande hanno un peso fondamentale nella valutazione del caso.
La cosa più importante da sapere è che il prestito tra privati è valido anche se non c’è un contratto scritto. Quello che conta è dimostrare l’accordo e la volontà delle parti. Un’analisi legale su misura può fare la differenza: a volte basta un bonifico con la causale giusta, una serie di messaggi, una testimonianza supportata da una “prova scritta”, anche minima (come previsto dall’art. 2724 c.c.).
Ecco perché vale sempre la pena rivolgersi a un avvocato per una valutazione. Uno studio legale può:
- analizzare la documentazione disponibile (bonifici, chat, email, ricevute);
- valutare il comportamento della controparte, anche nel tempo (ad esempio se ha riconosciuto il debito, o ha restituito una parte della somma);
- individuare la strategia migliore, che può includere una richiesta stragiudiziale, un’azione monitoria (es. decreto ingiuntivo), o una causa ordinaria.
Un aspetto spesso trascurato è quello del termine di restituzione. Se nel prestito non è stato indicato quando dovrà essere rimborsato, il creditore non può pretendere subito il denaro: deve chiedere al giudice di fissare un termine. È quanto stabilisce l’art. 1817 c.c..
Anche questa procedura rientra tra le valutazioni da fare con l’assistenza di un legale, che potrà indicare quando è il momento giusto per agire e quali strumenti usare, evitando passi falsi (approfondisci: Recupero crediti).
Purtroppo, capita spesso che chi ha ricevuto il denaro, quando si trova alle strette, cerchi di farlo passare per una donazione per non restituirlo. Ma la legge non protegge chi cerca di approfittarsene: una donazione che non rispetta i requisiti di forma (ad esempio mancanza dell’atto pubblico) può essere dichiarata nulla, con conseguente obbligo di restituzione.
Un giudice può anche valutare che, in mancanza di prove contrarie, il denaro versato deve essere restituito, perché non vi è alcuna causa giustificativa per trattenerlo, desumendo l’animus donandi.
Se ti trovi in una situazione di questo tipo, non cedere all’idea che sia troppo tardi o troppo complicato. Se la controparte “fa la furba”, non è detto che vinca. La legge offre strumenti efficaci per far valere i propri diritti, ma è essenziale agire con lucidità, tempestività e con l’assistenza giusta.
Ogni caso merita una valutazione personalizzata, anche per capire se davvero conviene agire, come farlo, e in che tempi.
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Data di pubblicazione: 24 Settembre 2025
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Martina Di Molfetta
Laureanda in Comunicazione, Innovazione e Multimedialità presso l'Università degli studi di Pavia.