Abstract
Con l’esplosione degli strumenti di Intelligenza Artificiale generativa, la creazione di loghi tramite algoritmi è divenuta una pratica sempre più diffusa, accessibile tanto a designer quanto a imprenditori. In pochi secondi, un sistema può produrre soluzioni grafiche apparentemente originali, esteticamente curate, talvolta indistinguibili da quelle realizzate da mano umana. Ma un logo creato da una macchina può davvero essere protetto? Può diventare oggetto di una registrazione valida come marchio o come design industriale?
IA e proprietà intellettuale: perché la macchina non può essere autrice?
Prima di analizzare le condizioni per la registrazione di un logo creato con IA, è indispensabile chiarire un punto fondamentale: l’Intelligenza Artificiale non può essere considerata titolare di alcun diritto di proprietà industriale o intellettuale. Né in Italia né in Europa, infatti, esiste oggi un riconoscimento giuridico della soggettività delle macchine “intelligenti”. E questo ha conseguenze decisive.
Secondo l’art. 19 del Codice della Proprietà Industriale italiano e l’art. 5 del Regolamento (UE) 2017/1001 sui marchi, possono essere titolari solo le persone fisiche o giuridiche, ossia individui, società, enti. L’IA, essendo priva di personalità giuridica, non può registrare marchi, non può esercitare diritti, né essere parte in giudizio per difendere una creazione. Sul punto, è significativa anche l’interpretazione offerta dall’Avvocato Generale Verica Trstenjak nella causa C-145/10, dove si afferma che viene “[…] protetto solo il risultato della creazione umana, potendo esso sussistere anche se il soggetto si serva di uno strumento tecnico come un apparecchio fotografico” (punto 121, Conclusioni dell’Avvocato Generale, Painer).
Lo stesso principio vale per il diritto d’autore: l’art. 6 della legge n. 633/1941 prevede che il diritto nasce come “espressione del lavoro intellettuale” — un attributo che, per quanto sofisticata, nessuna IA può realmente possedere. A livello europeo, la Direttiva 2001/29/CE, al considerando 9 e 10 del preambolo, richiama la necessità di tutelare la “creazione intellettuale”, mentre la Convenzione di Berna – che all’art. 15(1) fa riferimento alla “persona” che si dichiara autore – presuppone in ogni caso un soggetto dotato di soggettività giuridica, il che esclude le IA (si veda anche l’art. 2(1) della Convenzione di Berna).
Il dibattito internazionale ha già affrontato problemi analoghi. Emblematico è il caso giurisprudenziale del “selfie della scimmia Naruto”: un primate che azionò una fotocamera e scattò alcune immagini divenute celebri. I tribunali americani esclusero che l’animale potesse essere autore delle foto, perché privo di capacità giuridica. Il parallelismo con i sistemi di IA è evidente: per quanto possano “generare” contenuti in autonomia, non possono essere né autori né titolari di diritti morali o patrimoniali.
Tuttavia, questo non significa che il logo generato da IA non possa essere registrato. Al contrario: ciò che conta è che un soggetto umano o giuridico ne rivendichi correttamente la titolarità, assumendo su di sé i diritti (e i doveri) relativi. In questo senso, l’IA può essere considerata uno strumento tecnico avanzato, il cui prodotto — se conforme ai requisiti — può beneficiare delle tutele previste dalla legge.
Per un approfondimento dedicato al rapporto tra Intelligenza Artificiale e diritto d’autore — con particolare attenzione alla nozione di creatività e alla figura dell’autore nel diritto vigente — si rinvia al mio articolo: “Intelligenza artificiale e diritto d’autore: la creatività resta (ancora) umana”. Sul tema si segnala anche l’articolo del Dott. Pablo Lomonaco, “Il DDL italiano sull’IA e la tutelabilità della creatività artificiale”, che esamina le questioni legate alla tutela delle opere generate da IA alla luce delle più recenti proposte normative italiane.
Il logo creato con IA può essere registrato come marchio?
Sì, un logo generato mediante Intelligenza Artificiale può essere registrato come marchio, purché rispetti i requisiti di validità previsti dalla normativa. Né la legge italiana né quella europea richiedono che il marchio sia stato creato manualmente o da un essere umano, né che il richiedente sia l’autore materiale del segno. Questo perché il diritto dei marchi ha una logica funzionale e commerciale: ciò che conta è chi utilizza (o intende utilizzare) il logo in commercio, non come sia stato creato.
La normativa individua con precisione i soggetti legittimati a registrare un marchio:
- In Italia, “può ottenere una registrazione per marchio d’impresa chi lo utilizzi o si proponga di utilizzarlo […] nella prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso” (cfr. art. 19 Codice della Proprietà Industriale).
- A livello europeo, “possono essere titolari di marchi UE le persone fisiche o giuridiche, compresi gli enti di diritto pubblico” (cfr. art. 5 Reg. (UE) 2017/1001).
Non è previsto — né in Italia né in Europa — che il richiedente sia anche autore dell’opera o titolare di diritti d’autore sul logo. La registrazione del marchio non presuppone né attribuisce paternità creativa, ma si basa esclusivamente sulla funzione distintiva e sull’uso effettivo o potenziale nel commercio.
Quanto ai requisiti sostanziali, per essere registrabile un logo in quanto marchio (anche se generato da IA) deve:
- Novità: il logo non deve essere identico o confondibile con marchi già registrati per prodotti o servizi affini (cfr. art. 12 CPI; art. 8 Reg. (UE) 2017/1001);
- Capacità distintiva: il segno deve essere idoneo a distinguere i prodotti o servizi dell’impresa da quelli di altri operatori economici (cfr. art. 13 CPI; art. 7 Reg. (UE) 2017/1001);
- Liceità del segno (cfr. art. 14 CPI; art. 7(1)(g)-(h) Reg. (UE) 2017/1001).
Tuttavia, occorre sin da subito porre attenzione al tema dei diritti d’uso sul logo generato tramite IA. Se l’immagine proviene da una piattaforma che prevede restrizioni contrattuali, come licenze limitate, divieti d’uso commerciale o riserve esplicite di diritti, l’utilizzo del logo come marchio potrebbe risultare in contrasto con diritti esclusivi attribuiti alla piattaforma stessa. In tal caso, il segno potrebbe non possedere il requisito di liceità richiesto per la registrazione.
Ai sensi dell’art. 14, comma 1, lett. c) del Codice della Proprietà Industriale, non sono registrabili i segni “il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi”. A livello europeo, il principio è confermato dall’art. 7, par. 1, lett. f) del Regolamento (UE) 2017/1001, che esclude dalla registrazione i segni contrari alla legge o all’ordine pubblico.
Infine, prima di procedere alla domanda di registrazione del marchio, è fondamentale verificare i termini contrattuali della piattaforma utilizzata: non tutte le IA attribuiscono gli stessi diritti sull’immagine prodotta, e proprio da queste clausole può dipendere la possibilità di ottenere o meno un titolo valido.
Ogni strumento ha propri regolamenti. OpenAI, ad esempio, nelle Condizioni di utilizzo relative a DALL·E (consultabili all’indirizzo https://openai.com/policies/terms-of-use), specifica:“As between you and OpenAI, and to the extent permitted by law, you own all output you generate with the Services, including the right to re-use, publish, and commercialize it.”
Ciò significa che, nei limiti previsti dalla legge, l’utente che genera contenuti con DALL·E acquisisce la piena titolarità sul risultato, inclusi i diritti di utilizzo commerciale e la possibilità di rivendicarne l’esclusiva.
Diverso è il caso di Canva AI. Secondo quanto riportato nel Content License Agreement (consultabile all’indirizzo https://www.canva.com/policies/content-license-agreement/), le immagini generate sono concesse in licenza nei seguenti termini: “We grant to you a perpetual, non-exclusive, non-transferable, worldwide license to use the Content.”
Canva, quindi, riconosce all’utente un diritto d’uso commerciale, ma non esclusivo. L’immagine può essere concessa anche ad altri utenti e la piattaforma mantiene alcuni diritti residui, impedendo che il contenuto sia effettivamente controllato in via esclusiva da un singolo soggetto. In simili circostanze, l’assenza di esclusività può ostacolare la registrazione del logo, in quanto verrebbe meno il requisito della liceità o della titolarità piena richiesta per la validità del marchio o del design.
Per un’analisi approfondita della questione, con particolare attenzione ai profili di sfruttamento commerciale delle immagini generate tramite IA, si rinvia all’articolo pubblicato dallo Studio Canella Camaiora: “Le immagini generate con AI possono essere utilizzate a fini commerciali?”
Il logo creato con IA può essere registrato come design industriale?
Anche un logo creato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale può essere registrato come disegno o modello industriale, purché rispetti i requisiti sostanziali previsti dalla legge. Tuttavia, a differenza del marchio, in questo ambito le norme italiane ed europee fanno esplicito riferimento all’“autore” del design (cfr. art. 38 del Codice della Proprietà Industriale e art. 14 del Regolamento (CE) n. 6/2002), presupponendo la riconducibilità del disegno a un contributo creativo umano.
Il Regolamento europeo, in particolare, attribuisce il diritto al design all’autore o ai suoi aventi causa, cioè a chi ha acquisito il diritto tramite contratto o trasferimento. Questo porta inevitabilmente a richiamare la logica del diritto d’autore: non è sufficiente che il logo sia generato da una macchina, ma è necessario che vi sia stato un intervento umano qualificabile come “sviluppo” o “ideazione” del design. Come approfondito nell’articolo “Intelligenza artificiale e diritto d’autore: la creatività resta (ancora) umana”, è il ruolo dell’uomo nel processo generativo che giustifica la titolarità. In pratica, chi ha guidato il sistema di IA (es. fornendo prompt, selezionando risultati, intervenendo sull’output) potrà essere considerato legittimamente autore.
In linea teorica, dunque, la registrazione è ammissibile solo se il design è riconducibile a un soggetto umano. Nella prassi, tuttavia, né l’UIBM né l’EUIPO effettuano verifiche sul carattere umano del processo creativo: l’esame è formale, e non entra nel merito della paternità dell’opera. Eventuali contestazioni possono emergere solo in sede di opposizione o contenzioso.
Restano comunque fermi i requisiti sostanziali previsti dalla legge:
- Novità: il design non deve essere stato divulgato prima del deposito (cfr. art. 32 CPI, art. 5 Reg. 6/2002). È ammessa una finestra di tolleranza di 12 mesi (“grace period”) entro cui è possibile registrare anche un logo già reso pubblico (cfr. art 34 CPI, art. 7 Reg. 6/2002).
- Carattere individuale: il design deve produrre una “impressione generale diversa” rispetto a quelli già noti (cfr. art. 33 CPI, art. 6 Reg. 6/2002).
- Liceità: il design non deve essere contrario all’ordine pubblico, né violare diritti anteriori di terzi (cfr. art. 33 bis CPI, art. 9 Reg. 6/2002).
In quest’ottica, è ancora una volta fondamentale accertare che il logo IA non riproduca immagini già tutelate né sia vincolato da restrizioni contrattuali imposte dalla piattaforma usata. Valgono anche per il design i principi già illustrati in tema di marchio, in particolare con riferimento alla liceità dell’immagine e alla disponibilità esclusiva dei diritti d’uso. È quindi essenziale verificare le condizioni contrattuali della piattaforma IA utilizzata, poiché, come visto sopra, non tutti gli strumenti garantiscono all’utente un diritto esclusivo sul contenuto generato. Ad esempio, mentre OpenAI (DALL·E) attribuisce all’utente piena titolarità sull’output, Canva AI riconosce solo una licenza d’uso non esclusiva, che può precludere la registrazione valida come design.
Su questo aspetto si rinvia nuovamente all’analisi approfondita contenuta nell’articolo dello Studio Canella Camaiora, “Le immagini generate con AI possono essere utilizzate a fini commerciali?”
Creatività assistita: perché registrare un logo generato con IA
Registrare un logo creato con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale significa tutelare ciò in cui si crede e ottenere un diritto esclusivo su un segno che rappresenta l’identità dell’impresa. Anche se l’IA ha contribuito allo sviluppo grafico, ciò che conta è che un soggetto umano o giuridico ne rivendichi legittimamente la titolarità e l’uso.
La legge non guarda allo strumento, ma alla disponibilità giuridica del risultato: se il logo è lecito, nuovo e distintivo (o dotato di individualità estetica), può essere protetto come marchio o design. Registrare è quindi una scelta strategica, non formale: è il passaggio che trasforma una grafica in un bene esclusivo, difendibile e valorizzabile nel tempo.
© Canella Camaiora S.t.A. S.r.l. - Tutti i diritti riservati.
Data di pubblicazione: 17 Luglio 2025
È consentita la riproduzione testuale dell’articolo, anche a fini commerciali, nei limiti del 15% della sua totalità a condizione che venga indicata chiaramente la fonte. In caso di riproduzione online, deve essere inserito un link all’articolo originale. La riproduzione o la parafrasi non autorizzata e senza indicazione della fonte sarà perseguita legalmente.

Celeste Martinez Di Leo
Praticante avvocato, laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Pavia e in “Abogacía” presso l’Universidad de Belgrano (Argentina) a pieni voti.